A un primo sguardo sono le Regionali dei risentimenti. Quelle che tra il 2024 e il 2025 chiameranno a rinnovare la guida di più della metà delle Regioni italiane e giocheranno un ruolo di primo piano nella politica nazionale. Risentimenti personali prima che politici o tutte e due le cose insieme, che ormai è lo stesso.
La Sardegna che voterà il 25 febbraio prossimo va sotto i riflettori per questioni di famiglia. Renato Soru, fondatore di Tiscali e già governatore dal 2004 al 2009, si è candidato a sorpresa contrapposto alla figlia Camilla Soru, candidata con il Pd e quindi sostenitrice per la presidenza di Alessandra Todde, la deputata pentastellata, già viceministra allo Sviluppo economico, sostenuta da dem e M5S. «Me lo sono ritrovato candidato contro di noi, col rischio che faccia vincere questa destra, senza neanche una telefonata prima. Io, la figlia, l’ho saputo come tutti gli altri», si è sfogata Camilla: «Spero che vinciamo. Non solo per la salvezza della Sardegna, ma anche per trovare la forza di perdonarlo per la stronzata che mi ha fatto, che ci ha fatto».
E mentre si è distratti dalla faida di famiglia, Fratelli d’Italia punta all’approdo sull’isola con il suo candidato, Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari che conquista il posto dell’uscente Christian Solinas dopo il sequestro di 350 mila euro di beni e immobili nell’ambito di un’inchiesta per corruzione partita nel 2022. Candidato debole Truzzu, ripetono i sardi stessi, e basta attraversare l’isola per capirlo. La fragilità di un mandato travagliato, fatto di dimissioni nella sua giunta e scontri con gli altri partiti della maggioranza che lo sostiene, soprattutto la Lega. Il suo consenso popolare a Cagliari inoltre è decisamente calato: nel “Governance Poll” del Sole 24 Ore, un sondaggio annuale sul consenso e l’apprezzamento degli amministratori di tutta Italia, Truzzu era 84° su 87 sindaci su cui era stata fatta la rilevazione.
Ma il derby in casa Soru è il colpo d’occhio, la nota di colore che regala titoli sui quotidiani e alimenta la polemica del giorno. Dunque, è un inganno. Per capirlo bisogna rivolgersi a chi conosce bene l’isola, le sue mutazioni politiche, ed è arrivato fin qui, al tempo nuovo, il tempo in cui tutto è diverso. Gian Piero Scanu, oggi 70 anni, sindaco democristiano di Olbia dal 1985 al 1990 e dal 1990 al 1994, sottosegretario alle Riforme nel governo Prodi, ex parlamentare Pd, noto per essere stato presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli effetti dell’utilizzo dell’uranio impoverito e uomo simbolo della battaglia contro gli F35 («Per quello sono stato fatto fuori»), ha uno sguardo netto sulle Regionali: «È una consultazione che, al di là degli ingredienti che i partiti locali vorranno utilizzare, non può non avere una valenza di tipo nazionale. Per la pervicacia con la quale il partito di Giorgia Meloni ha voluto imporre il proprio “magistero” rispetto al centrodestra, mandando anzitempo a casa il presidente Solinas. Il centrosinistra guidato da Todde dovrebbe cogliere questo segnale politico». E in effetti la vicenda del candidato della destra in Sardegna segna un passo importante per la definizione degli equilibri all’interno della coalizione al governo: Fratelli d’Italia, che ha consensi di gran lunga maggiori rispetto agli alleati di Lega e Forza Italia, ha rivendicato fino all’ultimo di poter scegliere come candidato in Sardegna un proprio membro, visto che esprime i governatori solo in due Regioni (Marche e Abruzzo) ma alle elezioni politiche del 2022 era stato il primo partito quasi ovunque. Con un avversario poco apprezzato, la sinistra potrebbe avere gioco facile: «L’incontro fra il Pd e il M5S andrebbe salutato con un sano realismo politico», spiega Scanu «Il tempo del Pd con vocazione maggioritaria forse non è mai iniziato. Bisogna creare alleanze concrete, con una certa carica etica. La popolazione sarda è sempre più sofferente. Ho molta più considerazione per chi non si sente indispensabile che per chi ritiene di essere disponibile».
Indispensabile, disponibile: è il profilo che si è costruito in questi mesi Renato Soru. «Il solito gioco della sinistra che divide la sinistra», ripetono alcuni analisti. Ma l’analisi non convince gli stessi sponsor del fondatore di Tiscali, sostenuto da Italia Viva, Azione, +Europa, oltre che da Rifondazione Comunista, Progetto Sardegna, Upc, Irs, Progres, Sardegna Chiama Sardegna, Liberu. «Un pezzo di centrodestra alla fine sosterrà Soru», dice Ettore Rosato di Italia Viva. «Soru rappresenta sé stesso. La sua proposta è concentrata su sé stesso. Mi viene in mente lo spot con protagonista Ennio Doris, il fondatore di Banca Mediolanum che tracciava un cerchio attorno alla propria figura», è il giudizio laconico di Scanu. «Sarebbe un peccato se il centrosinistra non giocasse la partita mettendo in campo la buona candidatura di Todde», confessa Gianni Cuperlo che da Roma osserva i movimenti dentro la propria metà campo, quasi sempre uguali nei decenni, con una sinistra che non riesce a trovare l’unità «È una delle caratteristiche che distingue la destra da noi. Loro sono divisi su molte cose, si detestano, ma hanno la capacità di mettersi insieme in una logica utilitaristica. Noi abbiamo una caratteristica opposta: le differenze ci sono, ma anziché lavorare per diluirle le esaltiamo. Di fronte a questa destra che mostra sempre più un volto per così dire rapace, serve un atto di ragionevolezza. Se solo ci fosse la capacità di anteporre l’interesse collettivo a legittime ambizioni. Ma loro (Soru sostenuto da Azione e Italia Viva, ndr) hanno scelto di stare dall’altra parte. La partita resta aperta. In Sardegna, più che vincere la destra, possiamo perdere noi». Todde, ripetono sull’isola, potrebbe restituire ai sardi l’orgoglio di un’appartenenza politica andata per molti anni in letargo.
E mentre si spera a sinistra, le fratture della destra sull’isola attraversano il mare e arrivano in Basilicata, accendendo gli animi di Forza Italia e Lega. Qui si voterà l’8 e il 9 giugno, in concomitanza con le elezioni europee. Gli azzurri non vogliono rinunciare alla conferma di Vito Bardi, una candidatura blindata dal segretario di Forza Italia e vicepremier Antonio Tajani: «Per noi l’unità del centrodestra rappresenta una priorità e abbiamo sempre lavorato per questo, ma Bardi è il miglior candidato che possiamo avere in Basilicata, perché in politica contano i fatti. Bardi i fatti li ha realizzati e le chiacchiere stanno a zero». Non proprio, secondo la Lega che in compensazione per la rinuncia alla Sardegna vorrebbe puntare su Pasquale Pepe, ex senatore e fedelissimo di Matteo Salvini. Eppure anche il capogruppo azzurro al Senato Maurizio Gasparri insiste: «Vito Bardi e Alberto Cirio saranno candidati e presidenti, nuovamente, di Basilicata e Piemonte. Senza usare parole come “intoccabili” e senza fare statue di marmo. Ma hanno lavorato molto bene e saranno, appunto, i candidati in Basilicata e in Piemonte della coalizione di centrodestra». Accordi di potere, scontri interni, ma anche giochi sottobanco: il partito di Salvini avrebbe sul piatto, sempre come contropartita rispetto alla rinuncia di Solinas, anche il terzo mandato per sindaci di grandi città e governatori. In tal senso, sono coinvolti cinque presidenti di entrambi gli schieramenti (Stefano Bonaccini, Vincenzo De Luca, Michele Emiliano, Giovanni Toti e Luca Zaia). Tra i due litiganti si inserisce FdI con un candidato civico il cui profilo assomiglia a quello di Francesco Somma, presidente della Confindustria locale.