La pop star britannica più insolita che ci si potesse aspettare, e che sta tracciando un nuovo trend, ha un nome lunghissimo: Adele Laure Mary Ann Blue Adkins. La chiamano semplicemente Adele e già da due anni la sua voce di cristallo e velluto scuote le classifiche anglosassoni. Ora con il nuovo album, "21" (ventun anni è la sua età), si prepara ad incantare il resto del mondo. Tra pochi giorni parte per una tournée che batterà l'Europa a tappeto: in Italia sarà a Milano, all'Alcatraz, il 30 marzo.
La forza commerciale l'aveva già dimostrata con il successo imprevisto e straordinario del disco d'esordio, "19": anche lì il titolo corrispondeva all'età del momento. Il dato anagrafico serve non tanto per dimostrare quanto giovane sia la cantante, ma per sottolineare la certezza di avere una maturità fuori dal comune. Perché Adele è l'antitesi dell'eroina pop in senso classico. Non ha nulla della tendenza all'eccesso di tanti divi del genere, a parte le forme (quelle sì extralarge): "Tra cantare e mangiare preferisco il cibo", spiega con candore.
Se gli altri cantanti pop hanno radici global (sono spesso figli di immigrati e di matrimoni misti) lei è londinese da sei generazioni. Se gli altri vengono dalla working class, lei ha alle spalle una famiglia dell'alta borghesia. Ma, soprattutto, nonostante in pochi mesi abbia vinto nelle categorie pop prestigiosi Grammy Awards, l'equivalente degli Oscar per la musica (migliore novità, voce, disco e brano), la musica di Adele è molte altre cose oltre il pop.
Insieme a una schiera di nuovi e giovanissimi artisti e interpreti come Duffy, Amy Mcdonald, James Blake o Gabriella Cilmi (vedi box), Adele ridà ossigeno a un genere musicale che sembrava esanime dopo vent'anni di dominio dell'hip hop. Impostazione classica negli accordi e nelle strutture, come l'altro fenomeno inglese del momento Anna Calvi, e voci che non lasciano spazio a dubbi: Adele e compagni inseguono, con successo, le dee e i divi neri del soul. Con una differenza: uniscono ai ritmi black e alla spontaneità dell'espressione che hanno cambiato il mondo, la musica classica e coltissima, ascoltata prima sulle ginocchia della nonna al piano, poi al conservatorio. "Per me la musica è lavoro, fatica e disciplina", racconta Adele: "Nella vita non ho mai fatto altro che esercitarmi".
Quindici anni di lotta con e contro le corde vocali le hanno concesso una voce che dà i brividi e che assomiglia fin troppo a quella di Ertha Kitt, Etta Jones e Aretha Franklin. I critici musicali hanno difficoltà a spiegarla e a definirla. Ma l'etichetta di "Blue Eyed Soul", usata per le pochissime artiste non solo bianche ma con gli occhi blu che hanno avuto il coraggio di affrontare la soul music, per Adele non basta più. Perché con lei, e con artisti come lei, è il pop che sta cambiando.
Ha scritto il raffinato critico del "Times" Dan Cairns: "Gli ultimi due anni hanno dimostrato quanto commercialmente il pop sia tornato in vita. A parte la meteora Amy Winehouse, travolta dal cliché dell'autodistruzione, sono artiste come Adele o Duffy, con le loro diluizioni musicali, ad avergli ridato un orizzonte". Certo, per il giornalista del "Times" è esagerato aspettarsi dal tranquillo pop borghese di Adele il salvataggio di un genere. Ma la scommessa c'è, ed è alta: il pop senza glamour e con ampie citazioni di Mozart, Chopin, Liszt, Schubert. O meglio, ha senso un soul sostituendo la potenza rivoluzionaria delle donne e artiste nere che hanno infuocato il mondo dei baby boomers, con il rassicurante virtuosismo borghese?
"Da piccola ascoltavo Franz Schubert", ricorda l'artista. "E mi piaceva. Poi ho cominciato con Etta James e Ella Fitzgerald. Ma per caso. La mia parrucchiera metteva solo cd della Motown e io mi lasciavo cotonare i capelli per delle ore". A cantare, però, aveva iniziato da prima: "Sono ossessionata dalle voci da quando avevo cinque anni". Voci di tutti i tipi, senza snobismi. A scuola interpretava le Spice Girls ma anche i Lieder di Schubert, appunto. Alla prestigiosa British School of Performing Arts invece ha scoperto di poter mischiare Mozart con le Destiny's Child. Ora, basta osservarla in un'esibizione dal vivo per capire che per una come lei l'arte non va vissuta sulla pelle, ma imparata a perfezione. Nelle canzoni di "21" melodia e accompagnamento coincidono sempre nella strofa. L'impianto è da sonata. Chitarra e voce, invece, riportano al pop. Cinque ore di esercizi al giorno: il modello Winehouse è superato. "Non mi piace ubriacarmi", dice, "semmai un drink, ma in camera mia. Così, senza imbarazzi, svengo direttamente nel letto".
Se Adele è il simbolo di un manifesto generazionale, il testo è chiaro: deponete le armi, concentratevi sulla musica e lasciate perdere gli eccessi. Certo, non tutti la amano. I cultori del pop indipendente la bollano come figlia di papà. Altri invece le affidano le sorti della nazione: il premier Cameron di lei ha detto: "Con la crisi economica che il Paese si trova a sopportare, Adele è la luce alla fine del tunnel". Il "Sun" l'ha definita cantante soul di canzoni pop "senza stylist", ma lei non si è scomposta. Anche perché poco dopo la "madre padrona" di "Vogue America", Anne Wintour, l'ha invitata per un servizio fotografico con Annie Leibovitz. La rivincita della reginetta pop taglia XL.