Periferie dalle tinte cupe e interni di case che distruggono l'American Dream. Sono le immagini del fotografo Usa, in mostra a Berlino

Cos'è che spinge un artista ad andare per la sua strada, ad aspirare all'assoluto in un ritratto, un testo, uno spartito? Gregory Crewdson, tra i più grandi fotografi americani viventi, dice che c'è solo una storia che ogni artista racconta in ogni epoca, con mezzi diversi. La storia di Crewdson è raccontata fino al 4 settembre al c / o di Berlino, il museo mai finito e autogestito, oggi istituzione in fatto di fotografia.

Comincia con la sua infanzia. Il padre psicoanalista con lo studio dentro casa, lui passa le giornate nella sua stanza a origliare i racconti dei pazienti a occhi chiusi. Ogni volta un film diverso. "Beneath the Roses" avrebbe intitolato, anni dopo, la sua prima serie di foto, la più apprezzata.

Le foto di Crewdson sono ritratti di una realtà inquietante, invisibile e onnipresente; dove, dietro la tranquilla superficie della vita domestica, si annodano i segreti, il proibito, l'enigmatico, l'inspiegabile. La drammaturgia dei lavori di Crewdson è cinematografica. È quella del David Lynch di "Blue Velvet", cui Crewdson deve, è lui stesso a dirlo, la maestria dello sguardo affilato. Non a caso il suo luogo dell'anima è la grande casa estiva dei genitori in Massachusetts. È lì che il fotografo delle nostre anime ha ambientato quasi tutte le sue foto. La luce raggelante del momento d'angoscia. Composizioni perfette, che si staccano dalla realtà perché la registrano fino a far male.

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