Corrado Passera, basterà un cerotto a conquistare qualche voto?

Già bocconiano, banchiere e ministro si ritrova in piazza col cerotto in bocca e la t-shirt bianca. All'inseguimento dei voti perduti del centrodestra

E insomma tutto considerato nell’era del renzismo galoppante va così: se vuoi fare notizia, devi copiare Pannella. Girare con lo spinello in tasca, imbavagliarti davanti al Parlamento. Magari lanciarti in un digiuno. Oppure – non voglia il cielo - denudarti in teatro. Chissà.

In ogni caso, la faccenda l’ha capita anche Corrado Passera. Banchiere, bocconiano, già ministro dello Sviluppo economico con Monti, dopo una vita in giacca e cravatta e board invisibili quanto potenti s’è ritrovato alla fine imbavagliato, anzi incerottato, e in t-shirt bianca davanti alla Camera, per protestare contro l’Italicum, “un colpo di mano pericolosissimo, che dà tutto il potere a un partito, senza bilanciamenti democratici”. Ha detto proprio così, l’ex ad di Intesa San Paolo, Slungagnone in mezzo al solito binomio donne&giovani, denudato quasi a forza della sua immagine che fu (perché poi i corpi si abituano: o la t-shirt, o la giacca), imbavagliato ma senza poter usare di nuovo il nome di “bavaglio” già consumato dalla battaglia sulle intercettazioni. Non cinquanta sfumature di grigio, ma una sola: la sua. Un’immagine malinconica, forse, ma infine, dopo tanti sforzi, da prima pagina.

[[ge:rep-locali:espresso:285152433]]Già perché poi bisogna dire che Passera, dacché come (e peggio di) Monti ha perso il treno che avrebbe dovuto condurlo dritto dritto ai vertici istituzionali del Paese, ha mostrato – al contrario di Monti – uno slancio passionale fortissimo, insistente e tenace, nel volersi far largo dal basso nel panorama dei partiti. Scherzi forse che fa la politica, soprattutto quando il morbo prende oltre i vent’anni d’età.

C’è da dire che prima di approdare imbavagliato a piazza Montecitorio, Passera negli ultimi mesi le ha tentate tutte. Le convention, i mega manifesti, i banchetti, il dimezzamento delle tasse alle imprese e il bonus bambino, il libro manifesto “Io siamo”. Migliorando, se non altro, la scelta dei tempi, sin qui leggendaria tra i cronisti. Il primo battesimo del processo costituente del suo partito Italia unica, per dire, volle tenerlo in una data proibitiva per chiunque ambisca a parlare alla massa: un sabato caldo di metà giugno, e per di più nel giorno in cui l’Italia giocava la sua prima partita dei Mondiali. Non pago, a gennaio, collocò l’assemblea fondativa di Italia unica nel mezzo delle votazioni per il presidente della Repubblica: fu acclamato presidente all’hotel Cavalieri, e si mise a dardeggiare contro Renzi, proprio nel giorno in cui il premier a Palazzo Chigi raggiungeva la sua apoteosi politica, e Mattarella in Parlamento diveniva capo dello Stato. Difficile farsi notare.

Tra l’uno e l’altro impegno, e poi certo anche dopo, Passera ha continuato puntualmente a criticare tutto ciò che gli passava tra le mani: la gestione del semestre europeo, il jobs act, le misure economiche, l’Italicum, il nuovo Senato. Ha anche proposto il suo mr Pesc: Enrico Letta. Insomma specie di controcanto perenne, da “nuovo avversario di Renzi”, passato purtroppo per lo più inosservato. Ma non s’è perso d’animo: “Alle prossime elezioni politiche sarò il candidato premier del mio partito, non si torna più indietro”, ha confermato ufficialmente a fine novembre.

La politica che siede a Palazzo lo prende sostanzialmente a calci, come del resto è naturale che sia. “Scende in politica? Il suo è un coraggio post-datato”, ha detto Angelino Alfano in una delle sue più felici dichiarazioni. La storia stessa di Passera, in effetti, costituisce un ostacolo difficile da rimuovere anche per lui, oltre che per gli altri. “Passera è stato banchiere per decenni, poi ministro, ora tutto insieme gli vengono le idee, fonda un partitino”, è l’unico commento che si riesce a rinvenire da parte di Renzi: “Avversario? E chi lo dice? Passera?”.

Ora, ciò naturalmente non significa affatto che Passera, con la sua Italia unica, non trovi uno sbocco parlamentare, nel 2018 o quando sarà. Perché centro e centrodestra sono ridotti in uno stato tale che la contendibilità almeno di una quota di quei dieci milioni di voti persi negli ultimi anni è a portata di mano per chiunque riesca a non farsi stritolare. E’ del resto questa la scommessa di Passera, la base del suo parlare con ribelli come Fitto e Tosi, la radice ultima della sua tenacia: “L’area del centrodestra è caratterizzata da un grande vuoto che gli attuali contenitori politici non sono in grado di riempire”. Lo disse un anno fa e vale ancora. Godersi dunque intanto lo spettacolo dei cerotti e delle t-shirt, che se non altro movimentano la scena.

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