Non deve essere facile avere dei vicini di casa così. Una coppia di musicisti colti, carini, complici, quasi perfetti. Praticamente insopportabili. Per non parlare degli amici che frequentano, spigliati e brillanti. Ce n’è abbastanza per mettere in crisi l’ego di chiunque. Dalla loro abitazione immaginaria Stefano Bollani e Valentina Cenni, insieme nella vita e in tv, entrano nel salotto degli italiani all’ora di cena e portano il loro show, “Via dei Matti n° 0”: ospiti, canzoni, risate, leggerezza, ironia e stile. Un’anomalia nel panorama televisivo.
In attesa della nuova striscia quotidiana, in autunno, il pianista e la moglie, vocalist e attrice, propongono un ricco antipasto: “Via dei Matti Picture Show”, domenica 5 giugno in prime time su Rai3, un’ora e mezza dedicata al rapporto tra musica e cinema. Non solo Ennio Morricone e Nicola Piovani, ma compositori meno conosciuti come Fiorenzo Carpi, Piero Piccioni, Riz Ortolani e altri. «I nostri cuori sono in alto, nello show si suona e si canta, l’idea è rendere omaggio ai maggiori compositori italiani di musica per film. Ospiteremo due grandi amici: Luca Marinelli, in una delle sue rare apparizioni in tv, e Nicola Piovani, tra i massimi esperti della materia», sintetizza Bollani, istrionico e vulcanico, nel suo open space affacciato sulla terrazza che guarda i tetti di Roma. In fondo alla sala troneggia un bel pianoforte. «È un tre quarti, in concerto invece suono quello a coda, mi consolo così», gigioneggia il compositore, impegnato su mille progetti tra concerti e un disco in uscita, sempre con Valentina Cenni, che porta lo stesso titolo del programma tv: venti canzoni di autori molto diversi tra loro, da Antonio Carlos Jobim a Vinicio Capossela, da Enrico Ruggeri a “Sau sau”, canto tradizionale in maori dell’isola di Pasqua.
In tv lei e sua moglie sembrate molto affiatati. Siete così anche nella vita?
«La maggiore differenza è che nella realtà, a casa, mi alzo spesso dal pianoforte. Con Valentina facciamo un sacco di cose, anche ginnastica. Per una vita non l’ho fatta, grazie a lei finalmente ho iniziato. E poi viaggiamo spesso, facciamo progetti, procediamo per associazioni di idee. Partiamo da una canzone di Alan Sorrenti e finiamo a parlare di Einstein».
Ascoltate musica dalla mattina alla sera, immagino.
«Niente affatto, amiamo molto il silenzio anche se io sono un chiacchierone, tendo a riempire ogni spazio. Il silenzio è fondamentale: se ascolti musica tutto il giorno ti riempi di informazioni e perdi i dettagli, trascuri le cose importanti».
A proposito di cinema, una volta lei ha detto: «Ennio Morricone è il mio mito». Il film di Giuseppe Tornatore le ha rivelato qualcosa che non sapeva?
«Mi ha molto sorpreso. Sapevo che Morricone era un lavoratore instancabile, conoscevo alcuni aneddoti sul personaggio, sulla sua carriera, ma non la sua umanità così prorompente. Invece Tornatore tira fuori a meraviglia il suo pudore, il rammarico per non essere stato accettato dall’accademia dai compositori malgrado la notorietà. Aveva una sorta di timidezza, quasi un complesso di inferiorità. Fa molta tenerezza».
Mi ha colpito una frase in un suo libro: «Nel jazz l’errore può essere una porta che si apre». Le succede anche nella vita?
«Mi accade ogni giorno, ma nel frattempo ho cambiato definizione. Non userei quella parola perché presuppone un giudice: chi ha deciso che si tratta di un errore? Tu, Dio, la famiglia, Valentina, un tuo amico o il tempo? Preferisco parlare di “avvenimento” o “incidente di percorso”: se cominci a guardare la vita da questa angolazione ti accorgi che tutto ciò che ti accade può portarti a qualcosa di positivo, a cui non avevi pensato».
È tempo di bilanci: il 5 dicembre compirà 50 anni.
«È ancora presto! Non sono mai stato uno che si porta avanti, anche quando andavo a scuola ripassavo sull’autobus all’ultimo momento. Ne riparleremo tra qualche mese. Come disse una volta Frank Sinatra: “Buonasera a tutti, ho compiuto cinquant’anni ma in realtà ho lo spirito di un 49enne”. Sono d’accordo con lui».
Nella sua carriera ha collaborato con alcuni dei più grandi musicisti del mondo. Con chi vorrebbe lavorare in futuro?
«Con Louis Armstrong, ma al momento è complicato. Se proprio deve accadere facciamo che avvenga un po’ in là».
A volte la musica fa irruzione nella Storia. Di recente ha fatto il giro del mondo il video di un pianista che suona tra le macerie di Kharkiv completamente distrutta, in Ucraina. Era accaduto tempo fa con un altro pianista in Siria. Questi gesti la emozionano?
«Non mi trasmettono un’emozione musicale, ma di altro tipo. La musica può accostarsi a qualsiasi argomento: politica, temi sociali, guerra, pace. Ma per grandissima fortuna dell’intera umanità si occupa di temi ben più alti. Perché la musica sono le frequenze, i suoni, è la sostanza di cui siamo fatti. Per gli antichi greci e per gli antichi indiani è il linguaggio degli dèi, l’armonia dei pianeti rimanda all’armonia come la conosciamo, le forme della musica somigliano alle forme della natura. La musica si muove su questo livello, dopodiché ben vengano i gesti che vogliono attirare l’attenzione su qualcosa».
L’Ucraina, con la Kalush Orchestra, ha vinto l’edizione 2022 di Eurovision. La musica può riuscire dove non arriva la diplomazia?
«Fa bene allo spirito, va molto oltre la diplomazia. Faccio due esempi nobili di integrazione avvenuta tra musicisti: l’orchestra che gestisce Daniel Barenboim, composta da musicisti israeliani e palestinesi, e l’orchestra sinfonica creata da Gustavo Dudamel in Venezuela, fatta di ragazzi presi dalla strada che ora vanno in tour in giro per il mondo. In genere, quando le persone si mettono insieme per un progetto, un’idea politica, sono di parte, mentre quando partecipano a un rito religioso o a un progetto musicale inseguono il bello, non sono contro qualcosa».
Il jazz è di per sé una musica ibrida, meticcia, rappresenta un nemico di chi vuole alzare muri tra i popoli.
«Dirò di più: il jazz non è nemico di chi vuole alzare i muri, ma indifferente, viaggia su un altro piano. Come faccio a discriminare un musicista perché è russo, israeliano, palestinese, ucraino o svedese? Non è proprio pensabile. I musicisti stanno bene con i musicisti».
In diverse occasioni ha partecipato con i suoi concerti ai progetti di Emergency. L’anno scorso è scomparso Gino Strada, che ricordo ha di lui?
«Ho una grande e sincera ammirazione per Gino Strada, per tutto quello che faceva e per il piglio con cui lo portava avanti. Ci vuole tigna, qualità molto rara che lui aveva. Era un combattente per cause giuste. Per fortuna era dalla parte del cuore».
Parlavate di musica?
«Non tanto perché con lui era divertente stare sul pezzo, sui temi di Emergency. C’era talmente da fare che l’ultima cosa che mi veniva in mente era chiedergli se gli piaceva Beethoven o Mozart».