L'indagine

Editoria, un quarto del mercato è in mano ai pirati

di Sabina Minardi   7 marzo 2024

  • linkedintwitterfacebook
Editoria pirata

Il 31 per cento degli italiani utilizza libri, ebook, audiolibri acquisiti in maniera illegale. Provocando al settore un danno enorme: migliaia di posti di lavoro in meno, 705 milioni di mancate vendite. E 7 italiani su 10 ritengono poco probabile essere puniti

Una perdita colossale. Uno sfregio gigantesco al lavoro intellettuale ma anche un grande danno economico, culturale, sociale al Paese.
La terza edizione dell’indagine Ipsos per l’Associazione italiana editori presentata il 7 marzo 2024 da Gli Editori (Aie e Federazione italiana editori giornali) fotografa la pirateria nel mondo editoriale.  E consegna l’istantanea di un reato perpetrato 300 mila volte in un giorno. Con scarsissima consapevolezza del danno provocato.

 

I costi
Il 31 per cento degli italiani, uno su tre dai 15 anni in su, ha commesso nel 2023 atti di pirateria ai danni di libri di narrativa e saggistica, universitari, professionali e banche dati.

Tradotto in perdite: 705 milioni di euro di vendite in meno, pari al 28 per cento del mercato complessivo, più di un quarto del totale. Contando anche l’indotto (logistica, servizi), l’Italia vede andare in fumo 1,75 miliardi all’anno. Che in termini di posti di lavoro vuol dire una mancata occupazione per 12 mila persone, 4.900 per il solo mondo del libro.

«Numeri spaventosi. È come immaginare le librerie d’Italia vuote per cinque mesi consecutivi», traduce in distopia Mauro Tosca, Reponsabile Antipirateria dell’Aie. Desertificate dall’illegalità.
 

Pirati Professionisti 
Il 78 per cento degli studenti universitari pirata libri, anche se il dato della stampa in copisteria è decisamente in calo (anche perché al libro si ricorre sempre meno nella preparazione degli esami). 
Ma non sono da meno i professionisti: il fenomeno riguarda il 49 per cento di loro. Campione della pirateria è la categoria rappresentata da commercialisti, fiscalisti e ragionieri (55 per cento), seguiti da medici, farmacisti e veterinari (53 per cento), avvocati e notai (53), architetti, geometri e ingegneri (49 per cento), consulenti del lavoro (42 per cento).

«L’editoria italiana vive un contesto economico difficile, caratterizzato da costi in crescita solo in minima parte compensati dagli aumenti del prezzo di copertina, mentre gli stimoli alla domanda degli anni scorsi non sono più presenti o sono stati ridimensionati. In questo quadro, la perdita di un quarto del valore potenziale delle vendite a causa della pirateria è un costo insostenibile che ha ricadute sul numero delle aziende che non riescono più ad andare avanti, sull’occupazione, sui compensi degli autori», commenta il presidente di Aie Innocenzo Cipolletta

E se è vero che il totale degli atti e l’incidenza del fenomeno sono in leggero calo rispetto agli anni scorsi (gli atti di pirateria erano 112 milioni nel 2019, sono stati 108,400 milioni nel 2023), è troppo poco per considerarla una rassicurante inversione di tendenza.

 

Una questione culturale
A colpire, sottolinea anche Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos Italia, è soprattutto il fatto che la stragrande maggioranza degli interpellati, il 78 per cento (su un campione di 4000 persone, tra i quali 900 studenti universitari e 750 liberi professionisti), sappia che la pirateria è un reato. Ma alla domanda: «A suo avviso, questi atti illeciti, quanto sono gravi, quanto sono da perseguire legalmente?i», riconosce la gravità solo il 58 per cento.  «E quanto è probabile che reati di questo tipo vengano scoperti e puniti?»: è un’eventualità messa in conto da uno stentato 30 per cento
Per 7 italiani su 10 è ben più probabile farla franca.