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Virdimura, la prima donna medico

di Sabina Minardi   21 febbraio 2024

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Simona Lo Iacono ricostruisce la storia della donna che a Catania, in pieno Medioevo, ottenne una licenza ufficiale per curare. Combattendo superstizioni e leggi degli uomini

Una vicenda singolare: quella di “Virdimura”, prima donna a ottenere “la licenza per curare”. E un’epopea plurale di esiliate, tradite, sfollate, senza maschi alle spalle in grado di legittimarne il ruolo e anzi inseguite dal sospetto di stregoneria. Donne che, nella Sicilia del 1300, diedero vita a un esperimento di cura e guarigione potente, generoso, senza distinzioni sociali e religiose: in quei corsi del tempo nei quali musulmani, cristiani, ebrei hanno saputo convivere. 

 

Dopo la siracusana Lucia Salvo, “la babba” mandata a servizio dai conti Ramacca a Palermo in pieno 1848 (“Il morso); dopo Marianna Ciccone, scienziata in un mondo di uomini, che salva dai nazisti, nel 1944, i testi ebraici della Biblioteca Normale di Pisa (“La tigre di Noto”); e Anna Maria Ortese, raccontata con gli occhi di una bambina poverissima col dono della scrittura (“Il mistero di Anna”), Simona Lo Iacono sottrae all’oblio un’altra memorabile figura di donna. E la rende protagonista del suo ultimo romanzo storico (Guanda): in una vita ripercorsa in prima persona al cospetto dei giudici che dovranno consacrarla medico o no.

 

La copertina del libro

 

Percorriamo con Virdimura («forte come le mura che cingono Catania, verde come il muschio che affiora dal duro») infanzia e giovinezza. Conosciamo il padre Urìa, medico ebreo, anzi «il più alto dei giudei, il più forte e il più santo» che la introduce ai segreti della medicina: che padroneggia piante e costituzioni fisiche, medicamenti e capacità di leggere nell’animo. Saperi arricchiti da rabbini e maestri saraceni, greci bizantini ed eruditi della scuola salernitana, arte medica che consegna alla figlia spronandola ad avere sempre coraggio.

 

Senza timore, quella donna diavolo per i cristiani, impura per gli ebrei e perduta per gli arabi, attraversa una città in preda al tifo, alla carestia, alla peste del 1347, ribollente di passioni come l’Etna che la sovrasta. E nel ricucire ciò che la violenza maschile ha offeso, nello sforzo di alleviare il male, in un’esistenza che non riconosce padroni, si fa madre, lei orfana e senza figli. In un affresco di Medioevo fatto di viaggi, scambi, entusiasmo per le scoperte. E gratitudine per la vita.

 

VIRDIMURA
Simona Lo Iacono
Ugo Guanda Editore, pp. 220, € 16,90