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Privacy, in pericolo sono anche i pensieri

di Sabina Minardi   29 febbraio 2024

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Nita Farahany ha scritto il saggio "Come difendere il nostro cervello" sui rischi concreti di trasparenza cerebrale. Con le big tech pronte a spogliarci della nostra ultima libertà

In piena pandemia, mentre esigenze sanitarie allargavano le maglie della privacy e imponevano limitazioni individuali impensabili prima, Shoshana Zuboff metteva in guardia sul “capitalismo della sorveglianza”: il modello di business delle aziende digitali basato sui nostri dati. E portava coraggiosamente allo scoperto uno sfruttamento che coinvolgeva anche le nostre menti e le nostre esperienze.

 

Nita Farahany, docente di Diritto e Filosofia alla Duke University, laurea in Genetica e studi di Biologia all’Università di Harvard, sposta il discorso ancora più avanti. E con un saggio tanto impegnativo quanto necessario riflette sulla libertà di pensiero nell’era delle tecnologie. Si intitola “Difendere il nostro cervello” (Bollati Boringhieri editore, nella traduzione di Francesca Pe’) l’appello che la studiosa iraniana-americana rivolge contro l’attacco da parte delle Big Tech all’ultima fortezza: la nostra mente. A partire da una premessa: «Non c’è più niente che garantisca ai cittadini la benché minima sovranità sulla propria mente. Non succederà domani, ma ci dirigiamo in fretta verso il mondo della trasparenza  cerebrale». Per Farahany siamo a un punto di svolta e in gioco è il controllo del nostro cervello: non possiamo più illuderci, come nella definizione di John Stuart Mill, che la libertà umana comprenda “la sfera della coscienza interiore”, se è tecnicamente possibile scoprire cosa proviamo, cosa pensiamo, pescare nei nostri ricordi e in parole non pronunciate: dobbiamo definire i contorni della libertà cognitiva.

 

Copertina Farahany

 

Ma si può ancora affermare un diritto alla privacy mentale se il cervello può già essere monitorato, esattamente come le attività on line, e i dati raccolti e aggregati come quelli dello shopping? La neurotecnologia ha bisogno del diritto, sostiene Farahany dopo averci condotto tra onde cerebrali e inquietanti esempi di manipolazioni, in un testo che ha avuto bisogno di dieci anni di studi e di esperimenti: serve il riconoscimento di un diritto umano internazionale alla libertà cognitiva. Che dia alla libertà di pensiero, libertà di opinione, un significato decisamente nuovo.

 

DIFENDERE IL NOSTRO CERVELLO
Nita Farahany
Bollati Boringhieri, pp. 282, € 27