Esclusivo

Ecco le carte sulle società offshore di Fabrizio Amore, l'immobiliarista indagato a Monte Carlo per evasione fiscale

di Paolo Biondani e Gloria Riva   11 ottobre 2023

  • linkedintwitterfacebook
Fabrizio Amore

L'imprenditore era stato coinvolto nell'inchiesta Mafia Capitale. Ora il Tribunale di Roma gli contesta 30 anni di evasione fiscale. I soldi sono volati all'estero e il database dell'Icij, come può rivelare l'Espresso, lo conferma

Per la prima volta il Principato di Monaco apre di propria iniziativa un processo per riciclaggio. E al centro del caso c’è un italiano: un immobiliarista romano più ricco del previsto. Secondo le carte giudiziarie, avrebbe evaso le tasse e nascosto soldi all’estero per almeno trent’anni, grazie a complesse triangolazioni con società offshore. Ma anche con un sistema più antico e verace: pacchi di banconote chiusi in sacchi di plastica e portati di persona in riverite banche di Monte Carlo. Il procedimento penale coinvolge anche sei banchieri del Principato: un segno di risveglio delle autorità del paradiso fiscale, dopo anni di accuse d’inerzia nella lotta contro riciclaggio, reati finanziari ed evasione internazionale.

 

Il protagonista italiano è Fabrizio Amore, 66 anni, figlio ed erede di uno di quei costruttori romani che negli anni del boom edilizio venivano definiti «palazzinari». A Monte Carlo è imputato per essere il beneficiario del riciclaggio, cioè di aver nascosto all’estero denaro accumulato con presunte evasioni a danno del fisco italiano e di aver fornito falsa documentazione giustificativa alle banche compiacenti. Mentre il Tribunale di Roma lo ha descritto come un evasore seriale, «socialmente pericoloso», e a marzo gli ha sequestrato beni per 60 milioni di euro: 500 immobili, soprattutto case e terreni a Roma, a Porto Cervo e in altre località, 28 auto di lusso, tra cui Porsche e Jaguar, e diversi depositi bancari. La difesa contesta l’intero verdetto di primo grado e ora attende il processo d’appello. Sia a Roma sia a Monte Carlo, come risulta dagli atti, l’imprenditore si difende dicendo che «tutte le sue ricchezze hanno origine lecita» e che «ha sempre pagato tasse rilevanti in Italia». Conferma solo una parte dell’evasione, quella più datata, che ha potuto condonare nel 2010 grazie allo scudo fiscale.

 

Il decreto di 288 pagine dei giudici di Roma ripercorre trent’anni di processi a carico di Amore per reati economici di ogni tipo, tutti chiusi con sentenze all’italiana e danni minimi: qualche assoluzione, molte prescrizioni, il condono per i primi soldi all’estero e due condanne a pene lievi, con la condizionale, per una truffa immobiliare (400 mila euro di caparra sottratta all’acquirente di una casa) e la distruzione dei libri contabili di una delle società finite in bancarotta.

 

Il nuovo caso giudiziario, quello che porta a Monte Carlo, si apre nel 2015, quando l’imprenditore viene intercettato con Salvatore Buzzi, uno dei protagonisti dell’inchiesta “Mondo di Mezzo”. Nelle telefonate l’immobiliarista si mostra in confidenza con Buzzi e fa capire, stando alla ricostruzione degli inquirenti, che ha ottenuto corsie preferenziali per affittare più di 150 appartamenti a prezzi esagerati al Comune di Roma, in nome della cronica «emergenza abitativa», e per aggiudicarsi un appalto «con procedura d’urgenza» per la ristrutturazione dell’aula consiliare del Campidoglio.

 

Dopo i primi arresti, i giudici di Monte Carlo chiedono a Roma, con una rogatoria, le carte su Amore. Non era mai successo: le autorità del Principato, di solito, ricevono rogatorie dai magistrati stranieri e collaborano a fatica. In questo caso, invece, sono le toghe monegasche ad aprire un’indagine. A Monte Carlo vengono tenuti segreti perfino gli atti dei processi, ma un’inchiesta giornalistica di Bloomberg rivela che questa volta c’è stato un rinvio a giudizio: due banchieri sono imputati di riciclaggio, altri quattro di «omessa segnalazione di operazioni sospette». All’epoca lavoravano per la Compagnie Monégasque de Banque, Rothschild e Havilland. Dopo essere state informate delle indagini, le tre banche hanno licenziato i funzionari coinvolti. Havilland ha precisato che i suoi ex dipendenti sono accusati solo di omessa segnalazione, un reato minore punito con una pena pecuniaria, e di aver «collaborato pienamente con gli inquirenti». Gli altri istituti hanno preferito non fare commenti.

 

Il processo di Monte Carlo riguarda soprattutto una serie di versamenti in contanti, considerati indifendibili, per oltre due milioni e mezzo di euro. Dagli atti risulta, ad esempio, che Amore avrebbe effettuato di persona una serie di depositi cash da 150 mila euro ciascuno. Un funzionario della Rothschild testimonia di aver visto Amore entrare nell’ufficio di un collega (ora indagato) con una borsa piena di banconote e poco dopo uscirne a mani vuote. All’immobiliarista italiano vengono attribuite anche due cassette di sicurezza aperte in un altro istituto: una conteneva 800 mila euro in contanti, l’altra 132 orologi e diamanti per un valore di 474 mila euro.

 

I banchieri di Monte Carlo si difendono così: «Credevamo che l’evasione fiscale commessa all’estero non fosse un reato per il Principato di Monaco». Tranne che in casi estremi di mafia o criminalità grave, insomma, per loro era normale proteggere i clienti italiani, purché sembrassero “onesti evasori”. Il Principato di Monaco, come ogni Stato, è libero di ridurre o azzerare le imposte per i propri cittadini (o residenti), ma non di favorire gli evasori di altri Paesi. A fine agosto tre autorità di vigilanza finanziaria europea hanno ammonito la Commissione di Bruxelles a non stringere accordi con Principato, San Marino e Andorra perché quei mini-Stati hanno «mantenuto regolamenti meno rigorosi» e risultano «più inclini al riciclaggio di denaro e ad altre attività illecite». Tre settimane fa sono volati gli stracci tra Isabelle Berro-Amadei, consigliera del ministero degli Affari esteri di Monaco, e il vicepresidente della Commissione europea, Maroš Šefčovič, che discutevano una possibile intesa: «Dopo uno scambio franco e cordiale – ha riferito il rappresentante europeo – abbiamo convenuto che non ci sono le condizioni per un accordo».

 

Nel decreto di sequestro dei beni, i giudici di Roma descrivono un quadro più ampio di quello emerso a Monte Carlo, con i risultati di nuove indagini sulle società di Amore avviate nel 2021 dalla Guardia di Finanza: ora le accuse documentate superano i 55 milioni. Per i giudici è dimostrata un’evasione fiscale ripetuta e continuata «quantomeno dal 1993 al 2019». Un fiume di denaro risulta uscito dalle società controllate da Amore o da suoi presunti prestanome per approdare in Lussemburgo, in Svizzera o nel Principato di Monaco e da lì verso Belize, Panama e British Virgin Island.

 

A Monte Carlo, insomma, finiva solo qualche borsa di contanti. La centrale operativa, invece, stava in Lussemburgo, dove a controllare le ditte romane di Amore c’è la società anonima Essonne, fondata nel 1994, ma che ancora nel 2021 possiede beni per 11,8 milioni. Mentre molte controllate italiane, come Gestioni Italia srl, Arca 93, Monte Parioli Real Estates, Monte Parioli Engineering, Eventi speciali srl, Immobiliare Commerciale srl, Immogest srl, sono in liquidazione, affidate a un commissario giudiziario.

 

Nella mole di dati dei “Pandora Papers”, resi pubblici dal consorzio giornalistico Icij, L’Espresso ha potuto esaminare i documenti riservati di tre società esotiche che fanno capo ad Amore. Solo due sono menzionate dai magistrati di Roma, che non hanno accesso alle offshore. La prima si chiama Atlantis Financial Partners Limited, ha la sede in Belize, un conto in Svizzera e due recapiti: la residenza romana di Amore e l’ufficio di Lugano della fiduciaria svizzera Fidinam, che offre l’anonimato a ricchi clienti di tutto il mondo. Nessuno può sapere a chi appartiene Atlantis perché le azioni sono al portatore: il nome del titolare non è registrato e la società è di chi possiede materialmente i titoli, trasferibili senza lasciare tracce. In Italia le azioni al portatore sono vietate da quando fu varata la prima legge anti-riciclaggio nel 1990.

 

La seconda società anonima, Tendel International, è stata costituita a Panama, attraverso lo studio Alcogal, su richiesta di un funzionario della banca Rothschild di Monte Carlo. In un’email esaminata da L’Espresso, Alcogal allega i documenti della società, comprese le anonime azioni al portatore, con un mandato rivelatore: tutti i poteri di rappresentanza spettano a Fabrizio Amore e alla sua convivente. A ricevere le carte è uno dei banchieri sotto processo, che a Monte Carlo sosteneva di non saperne nulla.

 

La terza offshore, mai emersa prima d’ora, si chiama eGuru Media Inc e ha sede alle Isole Vergini. Il titolare ufficiale è un cittadino canadese. Ma anche qui c’è una delega all’immobiliarista italiano con un conto in una delle banche di Monaco.

 

Oggi a preoccupare l’imprenditore è soprattutto il caso di Monte Carlo, oltre all’appello contro i sequestri fiscali. I processi penali di Roma sembrano invece destinati ancora una volta alla prescrizione: un salvagente legale che il governo italiano progetta di riallargare.