Il caso

Si parla di aborto a Porta a Porta: ci sono sette uomini e nessuna donna

di Chiara Sgreccia   19 aprile 2024

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Aborto, Porta a Porta

Il programma di approfondimento di Rai 1 tratta il tema dell'interruzione di gravidanza. Ma in studio ci sono solo ospiti uomini. E scatta la polemica sui social e anche nel Pd

Parliamo di aborto e, per farlo, invitiamo solo uomini. Sembra uno scherzo, ma è quello che è successo su Rai 1, durante il programma di Bruno Vespa, Porta a Porta, giovedì 18 aprile. Durante la trasmissione, i 6 uomini invitati come ospiti -  i giornalisti Mario Sechi, Tommaso Labate e Federico Rampini, il sondaggista Antonio Noto e politici del Pd e di Fratelli d’Italia Alessandro Zan e Giovanni Donzelli, a cui si aggiunge il conduttore - hanno discusso di tutto: dall’escalation in Medio Oriente, al cinque in condotta a scuola. Fino ad arrivare a parlare di diritto all’aborto, visto l’emendamento di Fratelli d’Italia che di fatto favorirebbe l’ingresso delle associazioni pro-life nei consultori (e che anche secondo la portavoce della Commissione europea per gli Affari economici e finanziari, Veerle Nuyts, non ha niente a che fare con il Piano di ripresa e resilienza).

 

«Questo emendamento è evidentemente una marchetta alle associazioni pro-vita. […] Invece quello che diciamo noi è che deve essere garantita, nello spirito della 194, la libertà delle donne, la piena autodeterminazione, perché solo loro possono decidere sul proprio copro e su questo tema molto difficile», ha detto Zan proprio nell’apertura del dibattito senza, però, cura - esattamente come tutti gli altri presenti al tavolo della discussione - per il fatto che nessuna donna stesse partecipando alla conversazione.

 

A notare il paradosso sono stati per primi gli utenti sui social, spesso le sentinelle più attente della scarsa rappresentanza femminile. Come l’editoriale online indipendente Aesteica Sovietica - «Zan almeno tu la prossima volta vattene», e il progetto di mutualismo dal basso sui diritti riproduttivi Ivg, ho abortito e sto benissimo che ha evidenziato come l’accaduto fosse lo specchio di un Paese in cui neanche più i diritti fondamentali della persona sono intoccabili: «Viviamo in un Paese in cui è legittimo togliere voce, corpo e spazio a chi quelle esperienze le vive, in cui gli uomini si sentono autorizzati a sovradeterminare vissuti ed emozioni, in cui chi vuole scegliere sulla propria riproduzione si trova ad essere annientat, silenziat, assoggettat e a scomparire ogni giorno di più», si legge nel post della pagina Instagram. Che ricorda anche come più volte all’interno del dibattito il gruppo dei sette uomini in studio avesse ribadito l’inevitabilità di vivere l’aborto come una scelta drammatica, «tragica». Così sicuri nella definizione, quasi ne avessero fatto esperienza.

«Sette uomini a parlare di consultori. A Porta a Porta in onda la rappresentazione precisa dell'ideologia di Governo. Nessuna donna coinvolta su temi che riguardano salute riproduttiva e libertà di scelta. Poi ne hanno messa una, in video, ripresa di spalle. Questo è quanto», ha commentato la deputata del Pd Ilenia Malavasi. «È mortificante che la Rai, la più grande azienda culturale del paese, venga usata senza ritegno per una crociata identitaria sul corpo delle donne», ha aggiunto il senatore Avs Peppe De Cristofaro.

 

«Gli inviti per la trasmissione politica di giovedì 18 aprile sono stati fatti nei giorni precedenti al manifestarsi della polemica (sull’emendamento al decreto Pnrr ndr). Essendo prevista la presenza del Partito democratico, avevamo invitato tre donne parlamentari del Pd (sostituite alla fine dall'onorevole Alessandro Zan per la loro indisponibilità) e una direttrice di giornale, anch'essa indisponibile», ha risposto la Rai. Con una nota in cui specifica che l’interruzione volontaria di gravidanza è stata solo una delle otto tematiche trattate. Perché per parlare degli altri temi le donne non servivano, è chiaro.