Dal vertice Nato al Conclave. Ecco come gli uomini Telecom potevano accedere ai segreti più importanti. Un gruppo di hacker che nei fumetti si diverte a rappresentarsi come un gruppo di supereroi pronti a usare ogni strumento per salvare la terra

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Divineshadow, ombra divina, ha lo sguardo affilato su un volto magro e spigoloso. Capelli radi, occhiali quadrati, porta un gessato senza cravatta. Alle sue spalle, in una foto che circola sul web, si nota una piramide tronca sovrastata da un occhio incorniciato da un triangolo. Sembra un simbolo massonico, ma se la osservi bene, ti accorgi che quella è solo l'immagine stampata sulle banconote da un dollaro. Sì, perché i soldi a Fabio Ghioni, alias Divineshadow, il capo della sicurezza informatica di Telecom finito in carcere giovedì 18 gennaio, piacevano. E parecchio. Chi, davanti ai magistrati, ha parlato di lui, spesso ha raccontato che Divineshadow pretendeva una commissione del 10 per cento sulle forniture destinate alla security. Che fosse così in azienda lo vociferavano un po' tutti, ma le verifiche sul comparto sicurezza, ha detto il responsabile dell'audit Armando Focaroli, non avevano mai fatto saltar fuori nulla anche perché dovevano essere condotte in "modo soft".

Nella Telecom di Marco Tronchetti Provera, Ghioni del resto, occupa a partire dal 2002 un posto chiave. Difende i server dagli attacchi dei pirati del Web e attacca a sua volta i computer di quelli che considera nemici della multinazionale: giornalisti, manager, compagnie telefoniche concorrenti come Vodafone e anche le industrie di pneumatici che possono in qualche modo dar fastidio alla Pirelli di Tronchetti. La sua è guerra informatica continua. Una battaglia virtuale a colpi d'intercettazioni telematiche e invio di virus creati da un gruppo di ragazzi che hanno mutuato il loro nome dal gergo dei marines: il Tiger Team. Ne fanno parte hacker che usano nickname altrettanto singolari: c'è Astaroth, un demone sapiente che insegna ai maghi i segreti della scienza, c'è Goodboy anzi, g00db0y, con lo zero al posto della 'o', ci sono Spax e l'Arancione. A Roma lavorano tutti assieme in viale Parco dei Medici nella Sala Mara, uno spazio interdetto agli altri dipendenti. A Milano occupano un intero piano di un palazzo in pieno centro all'angolo tra via Torino e via Victor Hugo. Il gran capo della sicurezza Telecom, Giuliano Tavaroli, nome di battaglia Tavola, li considera la sua arma letale. E anche se oggi, dopo quasi sei mesi di carcere, continua a sostenere di non essere mai stato al corrente di loro attività illegali, è chiaro che il Tiger Team era il fiore all'occhiello di un sistema di sicurezza privata trasformato in un esercito di spie in grado di fornire informazioni su chiunque interessasse alla compagnia telefonica o al suo proprietario. Una sorta di legione straniera dove ciascun componente si era visto affibbiare un nom de guerre, tanto che il responsabile della security Pirelli, Pierguido Iezzi, veniva chiamato 'il generale Cadorna', mentre l'investigatore privato Emanuele Cipriani, per tutti era 'il conte Uccione'. L'ambizioso 'Tavola' coltivava un sogno. Trasformare la sua security in una società autonoma in grado di vendere servizi sul mercato. Cosa fossero in grado di fare, i ragazzi di Telecom lo avevano dimostrato durante il vertice Nato di Pratica di Mare e la conferenza intergovernativa per l'approvazione della bozza per la Costituzione europea, quando la sicurezza delle comunicazioni e quella informatica erano state affidate a loro. Nel 2005, poi, come racconta con orgoglio proprio il cattolicissimo Tavaroli davanti al pm Nicola Piacente, i suoi uomini erano persino stati messi al servizio del Vaticano. "Abbiamo fornito prestazioni in materia di bonifica ambientale e di sicurezza delle telecomunicazioni anche in occasione dell'ultimo Conclave", dice Tavaroli l'11 ottobre, facendo riferimento all'elezione di papa Ratzinger. Del resto proprio la costituzione pontificia emanata da Giovanni Paolo II prescrive all'articolo 51 accurati controlli contro microtelecamere e microspie da affidare a "persone di sicura fede e provata capacità tecnica". Oggi fonti ufficiali della Santa Sede interpellate da 'L'espresso' assicurano che le bonfiche sono state eseguite da personale interno. Resta il fatto che Tavaroli non ha mai mancato di ostentare la sua fede e i suoi legami con le gerarchie ecclesiasitiche. Quando è stato perquisito, tra i documenti sono emerse parecchie carte che riguardano l'Opus Dei. E alla prelatura fondata da Escrivà de Balanguer fa anche riferimento un appunto, datato gennaio 2003, in cui il big boss della security elenca quelli che vengono indicati come "targets" (obiettivi), forse da colpire o forse da infiltrare: compaiono tra le altre le diciture "Cl-università cattolica", un riferimento a 'Tabacci' (probabilmente Bruno, il parlamentare Udc), la sigla Ag, che normalmente sta per autorità giudiziaria, e quella della Guardia di Finanza, cioè Gdf, e poi i nomi di Umberto Bossi, del forzista Aldo Brancher e, infine, una serie dei giornali come 'L'espresso', 'la Repubblica', 'il Mondo' e tutto il gruppo Rcs.

Anche Fabio Ghioni, nonostante lo stile stravagante, la passione per i locali alla moda e la vita da zingaro del jet set, sotto sotto subiva il fascino delle istituzioni della chiesa. Per rendersene conto basta navigare nel sito di 'zone-h', un organizzazione nata come osservatorio sul crimine informatico, animata proprio da Ghioni e da alcuni dei membri del Tiger Team. Accanto al curriculun di Divineshadow campeggia la bandiera bianca e gialla dello Stato pontificio. In quelle pagine Web il nome di Ghioni è il secondo della lista. In testa c'è il suo vecchio amico SyS64738 (un comando dell'antenato dei moderni pc, il Commodore 64), al secolo Roberto Preatoni. Suo padre Ernesto ha fatto i soldi in Borsa come finanziere, ma è più noto al grande pubblico come l'inventore di Sharm el Sheik e patron del gruppo turistico Domina. Il giovane Preatoni è invece legato a doppio filo a Zone-H, considerato uno dei punti di riferimento del cosidetto hacking etico, quello che mette in luce le falle nei siti, le segnala e permette di correre ai ripari. In realtà oggi il sospetto degli investigatori è che Zone-H non fosse altro che l'interfaccia pubblico del Tiger Team. Cioè il luogo virtuale in cui le scorribande degli hacker di Telecom (ma non solo) potevano essere liberamente raccontate in modo da creare allarme e spingere società e istituzioni a siglare contratti con chi era in grado di mettere i sistemi in sicurezza.

Zone-H nasce a Tallin in Estonia dove Ernesto Preatoni si è trasferito anni fa per dedicarsi agli affari immobiliari e dove suo figlio Roberto ha creato, con i capitali di famiglia, la Domina Security, un'azienda che fornisce servizi informatici. Duemila chilometri più a sud, nella meno esotica Caronno Pertusella (provincia di Varese), Roberto Preatoni tira le fila anche della Privacy Information Technology (Pit consulting). Questa, di fatto, è una gemella della Domina estone. Offre protezione dagli assalti di hacker e virus e tra gli addetti ai lavori gode di una certa fama. Non per niente, in passato, la Pit ha gestito corsi per agenti della Polizia postale e buona parte dei ragazzi del Tiger Team si sono fatti le ossa lì. È il caso di Spax, cioè Andrea Bodei, e del giovanissimo Alfredo Melloni, 23 anni, in arte goodboy, arrestato il 31 gennaio.

Come funzionassero le cose diventa abbastanza chiaro se si ricostruisce il percoso dei soldi versati da Telecom in occasione delle operazioni di hackeraggio più clamorose. Quando la security della multinazionale di Tronchetti deve pagare le incursioni telematiche nei computer dell'amministratore delegato del 'Corriere della Sera', Vittorio Colao, e del vicedirettore Massimo Mucchetti, un rivolo di quel denaro giunge fino alle aziende di Preatoni. Alla fine, insomma, è difficile distinguere tra Pit, Domina, Telecom, Ghioni e la banda degli hacker. Visto da fuori tutto appare legato da una rete di affari e blitz telematici, con i professionisti del Tiger Team che vestivano la divisa del gruppo di Tronchetti Provera e anche quella delle società della galassia Preatoni, da cui, in qualche caso, dipendevano formalmente.

Con tanta carne al fuoco la divisione security era una specie di cantiere sempre aperto. Si spiega anche così la presenza pressoché fissa nelle stanze dei Tavaroli boys dei manager della Value Partners, la società di consulenza guidata da Giorgio Rossi Cairo che vanta importanti rapporti d'affari con le aziende di Tronchetti Provera. Agli atti delle indagini compaiono decine di telefonate tra i dirigenti di punta della sicurezza, a cominciare ovviamente dallo stesso Tavaroli, e Patrizio Mapelli, responsabile dell'area informatica di Value Partners. Mapelli, secondo i tabulati telefonici, avrebbe anche avuto numerosi contatti con un cellulare svizzero in uso all'investigatore privato ed ex collaboratore del Sisde, Marco Bernardini, autore di molti dei dossier illegali e ora grande pentito dell'inchiesta. Fonti di Value Partners smentiscono qualunque contatto. E Bernardini, che ha negato di conoscere Mapelli, dice di aver prestato quella scheda telefonica a Tiziano Casali, il responsabile della scorta di Tronchetti. A chiamare Mapelli potrebbe dunque essere stato Casali.

Molto meno chiari sono invece i rapporti della security Telecom con i servizi segreti, a partire dal Sismi dell'ex capo del controspionaggio Marco Mancini (anche lui in carcere come il suo amico Tavaroli), per arrivare all'ex capocentro Cia a Milano, Bob Lady (ricercato per il sequestro Abu Omar) e all'ex ufficale di collegamento, tra i servizi francesi e quelli italiani, Fulvio Guatteri, poi passato all'Europol. Una delle chiavi di lettura possibili passa ancora attraverso gli hacker del Tiger Team. Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, l'attenzione per quello che accade sul web da parte degli 007 occidentali è diventata spasmodica. Zone H si è dedicata al monitoraggio di tutto ciò che ha a che fare con il cyber terrorismo. In Italia invece, Ghioni con un gruppo di amici ha fondato la Ikon, un'azienda specializzata in tecnologie non convenzionali che ha anche addestrato all'uso di Internet gli agenti del servizio segreto militare. Divineshadow, nel 2004, è stato estromesso da Ikon. Ma le barbe finte italiane non hanno mai smesso di lavorare. Obiettivo finale: disporre di strumenti in grado di leggere e selezionare tutte le e-mail del nostro Paese.

In questo universo oscuro, popolato di spie e maghi dell'informatica, è maturato il delirio di onnipotenza del Tiger Team. Con i giovanissimi hacker che, secondo testimonianze raccolte da 'L'espresso', chini sulle tastiere urlavano: "Ieri Ikon, oggi Telecom, domani il mondo". E con Ghioni e Preatoni junior che pubblicavano strisce di fumetti cyberpunk con protagonisgti loro due, Divineshadow e SyS64738. In uno degli ultimi numeri si vede Ghioni che carica un uomo a forza su un furgone. Sembra il sequestro di Abu Omar, ma, ovviamente, è solo una coincidenza. n

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