Nonostante alcuni difetti nella performance, lo show "I Miserabili" trasmesso da La7 reggeva per la carica convincente del protagonista. E ha fatto capire ancora una volta che un'altra televisione è possibile

La sera della commemorazione e celebrazione della caduta del muro di Berlino, su La7 è andato in onda 'Miserabili', uno storico show di Marco Paolini, allestito questa volta nella gelida cornice atmosferica del porto di Taranto. Come succede ogni volta che c'è di mezzo un mattatore, e Paolini tende in effetti al mattatore, viene difficile staccarsi dal teleschermo (come è accaduto anche per il 'numero' semiteatrale di Roberto Saviano a 'Che tempo che fa'). Quanto a Paolini, due ore e mezzo di spettacolo, niente pubblicità, una maratona impressionante, anche naturalmente per la bravura del protagonista.

C'erano comunque, e non vanno taciuti, alcuni difetti, nella performance: ad esempio, l'avvio è stato funestato da una goliardica ricostruzione di una bassa tournée teatrale a Praga, negli anni del socialismo reale, dove il protagonista era un banale Ford Transit. Inoltre lo spettacolo era molto diseguale: in parte ricostruzione di vicende di vita nella provincia veneta, in parte riflessione sul capitalismo thatcheriano, in parte analisi, o presunta tale, dei processi di modernizzazione contemporanei, industriali e scientifici.

Insomma, lo show reggeva soprattutto per la carica convincente del protagonista di 'Vajont'. E per molti aspetti veniva fuori ancora una volta che un'altra televisione è possibile, seppur di rado, che si sottragga alle leggi implacabili della pubblicità e del palinsesto. Fa ascolti bassi, anche se non bassissimi, implica impegno da parte degli spettatori, ma alla fine genera anche intrattenimento di classe. Di questi tempi avventurati, si può pretendere di più?