Figlia di due personaggi trasgressivi e geniali, Serge Gainsbourg e Jane Birkin, Charlotte Gainsbourg non ha niente da invidiare ai genitori. Intelligente, coraggiosa, dotata di quella dose di ambiguità che incuriosisce il pubblico e la rende seduttiva, l'attrice e cantante, nata nel 1971 a Londra, al centro di uno scandalo per la sua interpretazione nel film 'Antichrist' di Lars von Trier, torna con un nuovo disco.
Finalmente, dopo tanti film, lei torna sulla scena musicale con l'album 'IRM'.
"Non avevo fretta. Dopo l'album 'Air', ho aspettato a lungo prima di riflettere su quello successivo. È la mia casa discografica che mi ha chiesto con chi volevo collaborare. Avevo già incontrato più volte Beck (Beck Hansen, musicista rock americano, ndr), ed era evidente che doveva essere lui. Volevo fare qualcosa di diverso".
Sapeva verso quale stile musicale intende orientarsi?
"No. Beck mi ha chiesto come desideravo iniziare. Ma io volevo affidarmi a lui, al suo eclettismo musicale. Per questo, nel disco, si passa dal blues alla musica pop e a canzoni rock piene di percussioni. E siccome le sedute di registrazione si sono svolte fra diverse riprese, hanno rispecchiato anche i vari umori che ho sperimentato in questo periodo".
Com'è andata la registrazione dell'album rispetto a quello precedente?
"Gli studio li conosco da sempre, ci andavo per vedere i miei genitori quand'ero piccola. E ho dovuto farmi forza per tornarci. Questa volta, era diverso. Eravamo negli Stati Uniti, da Beck. Era un dialogo a due, più intimo. Ero sempre timida, ma senza più il peso del passato. Mi ha fatto piacere lavorare con lui. Quest'anno, penso di andare anche in scena dal vivo, anche se non so cosa sarò capace di fare. Vorrei sentirmi sicura. Bisogna trovare un modo per farlo tranquillamente".
Perché non ne parla con sua madre?
"È lei che mi spinge. Mi ha convinto dicendomi che bisognava fare quest'esperienza, che era un peccato privarsene. Ma io ho paura di affrontare il pubblico".
Due anni fa lei ha avuto un'emorragia cerebrale che stava per costarle la vita. Come si sente?
"Dopo l'incidente, non ho potuto lavorare per sei mesi. Sono rimasta immobilizzata. Non potevo lasciare Parigi, ero molto instabile. Ho dovuto cercare un progetto in cui potermi immergere per rinfrescare le idee. Più che Beck, è stato Lars von Trier ad aiutarmi. Riuscivo a sfuggire a me stessa e alle mie preoccupazioni per mettermi al servizio delle sue. Ho avuto molta paura. Una volta, pensavo di essere indifferente alla morte, non credevo in niente. Ma quando c'è mancato poco che ci restassi, mi sono resa conto, subito, di quanto ho avuto paura. E appena mi sono un po' ripresa, ci ho dato dentro".
I suoi figli appaiono sul disco...
"Per puro caso. Ben, il maschio, stava seduto dietro una batteria senza sapere che veniva registrato. Beck ha fissato la sua ritmica sul titolo e tutti l'hanno adorato. Mia figlia si è divertita con l'interfono dello studio, emettendo voci di mostri. Erano perfette".
Sono consapevoli di quel che lei fa?
"Lui, sì. Ha dodici anni. Mia figlia Alice, invece, è troppo giovane, ha cinque anni, non gliene importa niente ancora. Ben è curioso, comincia ad amare veramente la musica. Ma cerco di non infastidirli raccontando quel faccio. Mi rendo conto che può essere pesante, io l'ho vissuta questa esperienza".
A che età ha compreso quel che facevano i suoi genitori?
"Ho vaghi ricordi prima dei 12 anni. Sono stata subito riconosciuta per quel che facevo, non solamente in rapporto ai miei genitori".
I suoi compagni di scuola sapevano chi era?
"Sì, certo. Mi sono costruita una corazza fin da piccola, e non me ne pento. Su mia richiesta, cambiavo scuola ogni anno. Così non sviluppavo attaccamento. Ero piuttosto discreta, sempre di passaggio. Un modo di vivere tutto questo da lontano".
Applica la stessa ricetta con i suoi figli?
"Ah no! Sono loro che mi guidano e io li ascolto. Quand'ero piccola, i miei genitori mi hanno molto esposto. Non ho voluto imitarli, i tempi sono cambiati. E poi non ho il loro stesso carattere. Ho sentito ben presto il bisogno di proteggermi. E per lungo tempo ho sottaciuto le questioni personali. Quando è cominciata la mia vita amorosa con Yvan (Attal, il marito della Gainsbourg, ndr) e sono arrivati i miei figli, rifiutavo di parlarne. Mi ci è voluto del tempo. Oggi, faccio meno fatica a raccontarmi. Ho l'impressione di non superare certi limiti".
Cos'è accaduto dopo la separazione dei suoi genitori?
"Abbiamo vissuto momenti difficili sotto l'obiettivo dei paparazzi. Mia madre ha chiuso la porta a qualsiasi tentativo d'intrusione. Questo mi ha insegnato a convivere con i media, a rendermi conto di ciò che potevo fare. E ho capito che la cosa migliore era proteggermi".
Fino al primo film di Yvan, 'Mia moglie è un'attrice'...
"Con quel film ci siamo divertiti. Mi ha insegnato a rilassarmi, a capire che non era tutto grave, mentre io tendevo a vedere tutto nero. Con Yvan la vita è molto più leggera. Potevamo ridere di noi stessi".
A quando il vostro prossimo film insieme?
Speriamo di cominciare le riprese quest'anno".
Ha visto il film di Joann Sfar 'Serge Gainsbourg, vie héroïque' dedicato a suo padre?
"Non ancora. Voglio prendere tempo. Ho letto la sceneggiatura, ma non ho voluto saperne troppo. È il film di Sfar, io non dovevo intervenire. Ho preso la cosa con distacco, perché è una questione troppo intima. Sfar non ha conosciuto mio padre, ed è meglio così".
Lei è popolare?
"Per la strada la gente mi guarda, ma non mi viene incontro. All'estero è piacevole, sono totalmente sconosciuta. Quando torno in Francia, sono colpita dagli sguardi. Ma il più delle volte mi parlano dei miei genitori".
Vorrebbe essere riconosciuta solo per chi è lei?
"No, perché debbo tutto ai miei. Sono molto orgogliosa di essere figlia loro. A volte, la cosa diventa pesante, quando mi rendo conto che in dieci interviste ho parlato più di loro che di me. E poi devo ormai vivere con un senso di vuoto. Mio padre non c'è più. Quando torno a casa dopo averlo lungamente evocato, è sempre una cosa dolorosa. Ma rispetto molto il desiderio delle persone di parlarmi di lui".
Che rapporti ha con suo fratello Lulu?
"Lui vive a Boston e studia a Berkley, lo vedo poco, ma lo adoro. È il mio fratellino, anche se non ho mai trascorso davvero un momento di vita con lui. Ma lui e io abbiamo lo stesso padre. È un legame molto forte".
E come va con le sue sorelle?
"Con Kate abbiamo vissuto insieme. I nostri ricordi stanno nella stessa casa. Con Lou ho vissuto a stretto contatto per tutta la prima infanzia. La adoravo, era la mia bambola. Ma da quando ho lasciato mia madre, l'ho vista di meno. Ci siamo ritrovate quando è diventata anche lei mamma".
Lei voleva creare un museo Gainsbourg nella casa di suo padre, a rue de Verneuil.
"Mi sono fermata nel momento stesso in cui stava per essere realizzato. Perché, alla fine, avevo bisogno di tenere quella casa per me, solo per me".
Ci va qualche volta?
"No. Ma so che esiste. La mantengo tale e quale. Mi piace conservare una parte di lui intima e segreta. Il resto, è di dominio pubblico. All'ultimo momento ho capito che c'era un limite da non superare".
Cosa la rende felice nella vita?
"I miei figli, Yvan. E quando siamo insieme tutti e quattro".
'Paris Match'- 'L'espresso'
traduzione di Mario Baccianini
Cultura
4 gennaio, 2010Parla Charlotte Gainsbourg, figlia di Serge e Jane Birkin. Il legame con il padre. I consigli della madre. L'infanzia all'ombra dello scandalo. E oggi, un nuovo disco e l'amore per il marito e i figli
Sono figlia dell'eccesso
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