Elicotteri contro draghi volanti. Cloni virtuali contro indigeni ecologisti. E una sex symbol dalla pelle blu. Nella favola in 3D che supera "Titanic"

Avatar Revolution

VIDEO Il trailer FOTO A caccia di Zoe sul web

Per James Cameron è un déjà- vu. Anche quando uscì il suo "Titanic", tutti si aspettavano che quel kolossal costosissimo affondasse trascinando con sé il regista e tutta la Fox di Rupert Murdoch: e invece finì con 1,8 miliardi di dollari solo di incassi al botteghino, e con 11 Oscar.

Dodici anni dopo, Cameron ha trascorso un altro autunno leggendo sui giornali e su Internet che il budget di "Avatar" era passato da due a 300 milioni di dollari, che anzi sommando le spese di marketing avrebbe raggiunto la strabiliante somma di mezzo miliardo. Una cifra incompatibile con un bilancio in attivo: soprattutto se, come sostenevano le stroncature preventive, nonostante l'impiego di cineprese tridimensionali mai usate prima le immagini erano da vecchio cartone animato, per un film che alla fine era solo un altro kolossal per maschi quindicenni dal testosterone troppo elevato.

Poi "Avatar" è uscito. E dopo tre settimane dal debutto negli Usa e in molti altri paesi (in Italia arriva il 15 gennaio), con un incasso che ha già superato il miliardo di dollari solo nei cinema americani, si profila come il film che potrebbe finalmente spodestare i record di "Titanic". E non solo. Il nuovo film di Cameron è già stato salutato - e da maestri come Steven Spielberg - come un'opera che rappresenta un cambiamento paradigmatico nella storia del cinema, paragonabile all'avvento del suono e poi del colore. Proprio mentre il cinema rischiava di venire ridotto a un'esperienza solitaria formato iPhone, "Avatar" restituisce il senso di stupore e di meraviglia del buio della sala cinematografica. Anche le immagini in 3-D, accusate spesso di essere solo una furbizia per sconfiggere la pirateria e vendere biglietti più cari, vengono salutate dai critici come lo strumento che permette la sensazione di immergersi totalmente in una realtà alternativa fatta di animali terrificanti e di drae di fiori cangianti, di montagne galleggianti e di aggraziati alieni dalla pelle blu.

«Un nuovo paradiso, sia cosmico che cinematografico », intitola il "New York Times". Il "Los Angeles Times" avverte i suoi lettori che «né voi né nessun altro ha mai sperimentato una cosa del genere », mentre per il quotidiano dello spettacolo "Hollywood Reporter" Cameron si conferma "Re del mondo", come si era auto-proclamato la notte del trionfo degli Oscar.

La produzione di "Avatar" ha richiesto quattro anni e mezzo di lavorazione, un terzo dei quali dedicati solo a disegnare e creare la fauna, la flora, i veicoli, le armi e il popolo dei Na'vi, le creature del pianeta Pandora. Per Cameron, però, la gestazione era cominciata molto prima: «Potrei dire che ho iniziato a lavorarci quando avevo otto anni», ricorda. La prima bozza della sceneggiatura era pronta nel 1995: ma Cameron capì presto che la tecnologia per trasportare il pubblico nel mondo fantastico di Pandora non c'era ancora, e ripiegò su "Titanic". Ma non abbandonò il progetto: «Per James frasi come "non si può fare" ed "è impossibile" sono la più eccitante delle sfide», sostiene Bill Paxton, che ha lavorato con Cameron in quattro film. Il momento giusto arrivò con "Il signore degli anelli": quando Cameron vide Gollum, la creatura generata interamente con il computer da Peter Jackson, capì che ora il film dei suoi sogni finalmente si poteva fare.

"Avatar" però va ben oltre la trilogia di Jackson. Cameron ha costruito da solo nuove cineprese per le immagini in tre dimensioni. Ha raffinato la tecnica del "performance capture", che trasforma gli attori in personaggi animati. Il risultato colpisce subito: sin dalle prime immagini del film, quando - siamo nel 2154 - Jack Sully, un ex marine paraplegico interpretato dall'attore australiano Sam Worthington, atterra su Pandora dopo un viaggio durato sei anni luce. Lo manda una industria interessata a sfruttare un prezioso minerale che esiste solo su quel pianeta lontano. Oltre che questa ricchezza, su Pandora ci sono però anche i Na'vi, la popolazione indigena. Hanno la pelle blu e gli occhi gialli, sono alti tre metri, hanno una coda prensile e vivono in perfetta armonia con la natura. Se qualcuno li minaccia possono tuttavia essere letali: ed è per riuscire a domarli che la scienziata Sigourney Weaver crea con l'ingegneria genetica degli ibridi che combinano la mente umana col corpo degli indigeni. Questi "avatar", che a differenza degli umani possono respirare l'aria tossica del pianeta, sono destinati a mischiarsi con i Na'vi per conquistarli. E così ecco il nostro Jack che, grazie al nuovo corpo, torna a camminare sulle sue gambe, lascia la sua base e parte in esplorazione: entra in contatto con fiori bioluminescenti, con alberi alti 300 metri, con elfi bianchi che si appoggiano dolcemente sulle sue braccia, con uccelli che sembrano feroci pterodattili ma che possono anche portarti in volo. E presto incontra Neytiri (Zoe Saldana), una Na'- vi che passa rapidamente dall'odio all'amore, fino a fargli apprezzare le vite degli indigeni e a mettersi dalla loro parte.

Quasi due terzi del film sono stati generati al computer: un trionfo della tecnologia, prodotto un'altra volta con i capitali della Fox. Ma il fatto paradossale è che questo film dal costo record è non solo un inno alla natura, ma anche un messaggio anti-capitalistico e anti-imperialistico: un monito su ciò che accade quando l'inseguimento del profitto porta non solo a esaurire le risorse della natura, ma anche a distruggere culture, abitudini, stili di vita di popoli dalle tradizioni diverse da quelle occidentali. Quando i Na'vi reagiscono con archi e frecce contro i conquistatori arrivati con le loro sofisticatissime armi e i loro minacciosi elicotteri è difficile non vedere richiami al Vietnam e all'Iraq. Ed è impossibile non riconoscere nel Jack che tradisce i suoi compagni e si mette dalla parte dei nativi l'eco di film che vanno da "Apocalypse Now" a "Un uomo chiamato cavallo" o a "Balla coi lupi". «"Avatar" in fondo è una storia di tutte le conquiste», riassume Cameron: «Mostra cosa accade quando una cultura tecnologicamente superiore entra in contatto con una inferiore: raramente le cose finiscono bene».

Guerra, amore, tradimento, identità. Nell'affrontare questi temi narrativi classici Cameron, che ha firmato anche come sceneggiatore, ha badato a soddisfare anche il pubblico di "Transformers", quello che chiede solo sparatorie ed effetti speciali. Ma non ha dimenticato i romantici, che hanno costruito il successo di "Titanic" intorno alla triste storia di Leonardo DiCaprio e Kate Winslet. Al centro di "Avatar" c'è una coppia molto più sorprendente: un disabile dalla doppia vita e una sex symbol mai vista prima, la bella Neytiri, lucertolona dalla pelle blu. «Diciamocelo, il 99,9 per cento del pubblico non incontrerà mai Michelle Pfeiffer o le altre dive di cui si innamora», conclude Cameron: «Ma Neytiri è ancora più inafferrabile: mi piaceva l'idea che a ispirare desideri erotici fosse un personaggio fatto solo di pixel».

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