La Catalogna preme sull'acceleratore per il distacco dalla Spagna. Il pretesto lo offrono le elezioni per il parlamento regionale, la Generalitat, del 28 novembre prossimo. Utilizzando a grandi dosi il termine "Lliure", libertà, quasi tutti i partiti calcano la mano sulla "differenza" della comunità autonoma dal resto del Paese. Lo slogan del partito nazionalista di centro-destra, Convegència i Uniò (CiU), ad esempio, è "Per una società libera". Il suo leader, Artur Mas, è pronto a riconquistare la guida del Parlamento regionale dopo sette anni di governo tripartitico composto da Socialisti catalani (Psc), Sinistra repubblicana nazionalista (Erc) e Verdi.
Il sorpasso non è solo un cambio di rotta politica, ma una svolta definitiva verso l'indipendenza. Prima di arrivarci il CiU ha però un obiettivo prioritario: ottenere un sistema fiscale autonomo simile ai Paesi baschi e a Navarra. «Non solo è necessario formare una maggioranza politica per difendere il progetto di indipendenza», sostiene Felip Puig, esponente del CiU, «ma dobbiamo unire le forze per una maggioranza sociale che sostenga una Catalogna più vicina a Bruxelles che a Madrid».
I repubblicani nazionalisti, dal canto loro, sperano di diventare indispensabili per il governo regionale, nel caso il CiU non ottenga la maggioranza assoluta. L'Erc è deciso a vincolare il proprio appoggio alla proclamazione al più presto di un referendum ufficiale per l'indipendenza.
La sete di "catalanità" per i socialisti si è trasformata in un vero boomerang. La coalizione di governo uscente, guidata da José Montilla, sembra essere vittima del proprio nazionalismo. La linea dura nell'applicazione della "ley del catalan", per difendere la lingua catalana, ha generato degli eccessi. Uno su tutti: la lista di multe per punire i commencianti che hanno preferito il castigliano al catalano per le insegne dei propri negozi. Un affronto che ha portato nelle casse della Generalitat, nel 2009 oltre 200 mila euro.
Una scivolata che ora si riversa nelle urne, provocando ansia nel premier Zapatero. I socialisti catalani, dati in calo in tutti i sondaggi, hanno tentato di recuperare puntando sulla carta erotica. Le elezioni sono talmente appassionanti che possono portare a un godimento sublime, sembra dire il discusso spot della campagna elettorale del Psc, in cui si vede una giovane donna godere nell'atto del voto fino all'orgasmo, dopo essersi sfiorata sensualmente con la scheda.
Ammicca al côté sexy anche l'ex presidente del Barcellona calcio, Joan Laporta, fondatore del partito Solidaritat Catalana. Al suo fianco ha scelto di avere per tutta la campagna una pornostar, l'attrice Maria Lapiedra. Il suo programma politico: secessione. «Perché Madrid», sostiene, «ruba ogni giorno 60 milioni di euro alla Catalogna». I sondaggi gli accreditano tre seggi.
Ma l'Oscar per il cattivo gusto nella campagna elettorale lo ha conquistato il Partito Popolare che sul suo sito ha pubblicato un video con la candidata alla Generalitat, Alicia Sanchez-Camacho, che a cavallo di un gabbiano spara contro immigrati illegali e indipendentisti catalani. Dopo le proteste il PP ha modificato il video, lasciando tra gli obiettivi da colpire i soli separatisti. La stampa ha ricordato che l'idea di respingere i migranti senza documenti non è nuova. Arriva dall'Italia, dalla Lega Nord.
Tra le novità ci sono i Pirati. Parenti dell'omonimo partito svedese, sono autonomisti, ma non indipendentisti. Vogliono democrazia partecipativa, libertà di espressione e promozione della cultura "lliure", libera ovviamente.