Ci sono vite che cambiano le altre vite, ci sono storie che entrano nella Storia. L’esistenza di Jorge Mario Bergoglio, l’argentino figlio di esuli italiani che divenne Papa, è certamente una di queste. E se papa Francesco non ha cambiato nulla a livello teologico, ha mutato tutto nella prassi del pontificato, togliendogli quell’aura di lontananza che da sempre lo avvolgeva, facendosi percepire dai non cattolici come un nonno saggio e autorevole, dai cattolici come il parroco che avrebbero voluto avere. Una familiarità del tutto inedita.
Ma il suo pontificato, dopo l’iniziale luna di miele, ha poi scatenato opposizioni, critiche, resistenze. E, soprattutto negli ultimi tempi, percorrendo i corridoi di quel grande corpaccione che è il Vaticano – lo Stato più piccolo al mondo che è come un grande villaggio dove tutti si conoscono, ma dove si concentra in poche persone una enorme capacità sia finanziaria sia politica sia di educare le coscienze – era abituale sentire qualcuno che sottovoce diceva: «Occorre aspettare che termini questo governo, per rimettere la locomotiva sul giusto binario».
E allora, terminata l’emozione per la scomparsa di un uomo per così tanti versi straordinario, che cosa resterà di Francesco e del suo pontificato? Chi prenderà le redini della Chiesa la farà proseguire sui “binari” tracciati da Francesco o prenderà uno snodo e condurrà la locomotiva che dirige un miliardo e 400 milioni di cattolici su un percorso differente, guidando in avanti, ma guardandosi alle spalle? Oppure – e anche questa è una seria ipotesi da contemplare – ci sarà una elezione di compromesso, una personalità che non dispiaccia a nessuno dei due schieramenti in campo?

Troppo presto per dirlo, anche perché i veri giochi del Conclave 2025 – dove i cardinali di tutto il Pianeta eleggeranno il 267esimo successore di Pietro, a cui verrà data la prerogativa di governare la Chiesa con i poteri di un monarca – si faranno quando tutti i porporati arriveranno a Roma e si aprirà la fase delle Congregazioni generali; quando ognuno potrà prendere la parola e in pochi minuti esprimere la propria visione della Chiesa, quello che spesso diventa un programma del possibile pontificato.
Anche l’elezione di Giovanni Paolo II venne decisa solo nel periodo immediatamente precedente al Conclave, quando il cardinale di Vienna, l’autorevolissimo Franz Koenig, iniziò a proporre ai vari gruppi di suoi confratelli il nome di questo polacco sconosciuto ai più, facendo leva sulla necessità di combattere quello che all’epoca era identificato come il pericolo maggiore: il comunismo ateo e anticattolico dell’Urss che perseguitava i cattolici.
In Conclave, i giochi per eleggere il proprio candidato proseguono fino all’ultimo, votazione dopo votazione. Anche l’elezione che nel 2005 portò Joseph Ratzinger sul soglio pontificio fu molto combattuta. Quando il cardinale Bergoglio capì che i voti che stavano convergendo su di lui non sarebbero bastati a farlo eleggere Papa, ma che servivano solo a fare cadere la candidatura di Ratzinger, si tirò indietro. E se Ratzinger non fosse stato eletto in quell’ultima votazione, se non avesse ottenuto i 77 voti necessari a consacrarlo Pontefice, il Papa sarebbe stato un altro. Il suo nome? José Saraiva Martins, porporato portoghese, oggi 93enne. Era già deciso che alla votazione seguente i voti dei ratzingeriani, non sufficienti a far eleggere il porporato tedesco, sarebbero confluiti su di lui, che avrebbe riscosso consenso anche in altri schieramenti e sarebbe diventato il successore di Giovanni Paolo II.
Sbaglia, però, chi pensa che in Conclave si svolga solo un mero gioco di potere: ognuno dei porporati, da qualsiasi parte del mondo provenga e di qualsiasi orientamento ecclesiale sia, è invece convinto che la propria scelta debba riflettere la volontà di Dio, che è vivo e agisce sulla Chiesa attraverso lui, e per questo deve, con il proprio voto, fare unicamente il bene del mondo cattolico e, di conseguenza, del mondo. Dentro al conclave, prima di inserire la scheda nell’urna posta sotto il severo “Giudizio universale” dipinto da Michelangelo, deve pronunciare una formula solenne ed estremamente impegnativa: «Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto».
E allora vediamo chi sono, allo stato attuale, i “papabili” di questo conclave. Nomi da leggere ricordando che Karol Wojtyla venne eletto a sorpresa, Ratzinger rimase in bilico fino all’ultimo e di Bergoglio, dopo l’elezione a suo successore, Benedetto XVI disse: «Non mi aspettavo la sua elezione, pensavo che la sua occasione si fosse esaurita nel Conclave precedente».
La pattuglia italiana
L’Italia è la nazione che ha il più alto numero di cardinali, ben 19. E ha molti candidati validi. Pietro Parolin, 70 anni, segretario di Stato vaticano. È stato il principale collaboratore di papa Francesco, che lo aveva conosciuto e apprezzato quando Parolin era nunzio in America Latina; è ben noto a tutti i cardinali del mondo. Ha grandi doti diplomatiche, prudente e capace. Ecclesialmente le sue posizioni piacciono anche all’ala più moderata della Chiesa e può essere considerato un candidato di mediazione.

Matteo Maria Zuppi, 69 anni, è presidente della Cei e cardinale di Bologna; educato alla fede nella comunità di Sant’Egidio, ha in quel movimento imparato l’attenzione verso i poveri e l’interesse geopolitico, mediando addirittura la pace in Mozambico. Francesco gli ha dato un incarico delicatissimo, quello di tenere rapporti con Russia, Ucraina e Cina nel tentativo di aprire canali di dialogo nella guerra scoppiata in Europa. Un modo anche per farlo conoscere a tutti i cardinali, forse la persona che Bergoglio si augurava come successore.

Pierbattista Pizzaballa ha compiuto 60 anni il giorno della morte di papa Francesco. Patriarca latino di Gerusalemme, grande personalità, in quella situazione incandescente è capace di parole nettissime, ma insieme mostra doti di forte equilibrio. Francescano, dotato di grande carisma, i suoi discorsi suscitano emozione ed è molto stimato sia da chi ha una visione moderata sia da chi spera in una continuità con il fascino umano di Bergoglio.

In Europa
Peter Erdo, 73 anni, cardinale ungherese, è un capofila dei conservatori. Raffinato teologo e canonista, molto legato a Benedetto XVI, ha una visione della Chiesa per la quale non ci si oppone apertamente al Papa e per questo non si è mai espresso con forza contro le decisioni di Francesco, ma non ha condiviso molte delle sue scelte. In Svezia c’è Anders Arborelius, 75 anni, cardinale di Stoccolma. Ha ospitato Francesco per le celebrazioni luterane, dice di «non essere papabile», ma le sue posizioni moderate, unite alla sua conoscenza della modernità e al confronto con terre della Riforma, lo mettono in una posizione interessante. Jean-Marc Avelline, 66 anni, è il vescovo di Marsiglia che ha ospitato in uno dei suoi ultimi viaggi Francesco. Esperto di Islam e di dialogo interreligioso, è nato ad Algeri e gode di grande considerazione tra i confratelli francesi, che lo hanno recentemente eletto a capo della loro conferenza episcopale.

Potenza Nordamericana
Quella americana, a parte alcune eccezioni, è una Chiesa su posizioni generali fortemente progressiste. Sono tanti gli uomini che sarebbero capaci di guidare il Cattolicesimo da Roma, come il cardinale Blase Cupich di Chigago o quello di New York, Timothy Dolan, più moderato. In Curia a Roma c’è Robert Francis Prevost, prefetto del dicastero per i vescovi. Ma ognuno rischierebbe di far identificare, e non solo nella propaganda terrorista islamica, la Chiesa con la superpotenza mondiale Usa. Un rischio che difficilmente i confratelli che voteranno nella Cappella Sistina vorranno affrontare. Ma la numerosa e combattiva compagine nordamericana avrà una forte influenza nella fase di scelta del futuro Pontefice.

Asia e Sud America
Bergoglio è stato il primo Papa dal Sud America, il continente che è una speranza per il futuro del Cattolicesimo. Mentre i cattolici in Europa diminuiscono progressivamente, lì aumentano. Il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, 67 anni, è a capo di Propaganda Fide, l’organismo vaticano che si occupa delle terre di Missione, uno dei posti chiave della gestione della Chiesa. Grande esperto del Concilio Vaticano II, sarebbe in continuità con Bergoglio, ma senza troppi balzi in avanti. Grande risalto ha anche il cardinale di San Paolo, Odilo Scherer, 75 anni, che ha lavorato in Curia ed era già tra i papabili del Conclave precedente. Nella grande città del Brasile, insidiata dalle sette, ha fatto aumentare il numero dei cattolici: potrebbe rimanere in continuità con lo stile Bergoglio, moderato dagli anni trascorsi in Curia vaticana.

Dall'Africa
Il cardinale Robert Sarah, 79 anni, è il candidato ideale degli anti-bergogliani. Arcivescovo della Guinea e per tanti anni a capo della Congregazione dei vescovi, si è espresso con decisione contro molte scelte di Francesco. Le sue posizioni così nette non otterranno voti decisivi nel Conclave, ma sarà un punto di riferimento per chi vuole un orientamento di cambiamento. Più possibilità ha il vescovo del Congo, Fridolin Ambongo Besungu, 65 anni, cappuccino. Ha capeggiato la rivolta contro la benedizione delle coppie omosessuali, protesta condivisa dalla maggioranza dei vescovi africani.

Il grande escluso
C’è un uomo in Curia che è possiede doti straordinarie. A lui Bergoglio ha affidato incarichi delicatissimi. Profondissima fede e grandissima cultura, intelligenza vivace e sguardo attento sull’attualità, è autore di dozzine di libri, è stato rettore di Università pontificie, vescovo ausiliare di Roma, cappellano della Camera dei deputati, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e attualmente, per nomina di Francesco, pro-prefetto del dicastero dell’Evangelizzazione. A lui Bergoglio ha affidato l’enorme organizzazione di due Giubilei, quello della Misericordia e quello in corso. Rino Fisichella (all’anagrafe Salvatore) è stato, però, il grande escluso dai vari concistori nei quali Francesco ha creato cardinali. Una scelta che sembra cozzare con l’enorme fiducia mostrata dal Papa verso di lui. Il motivo? Semplice: non voleva che entrasse in Conclave, dove avrebbe potuto ottenere tanti consensi e avrebbe fatto ombra ai suoi candidati preferiti. Ma in lui il futuro Pontefice, a qualsiasi orientamento apparterrà, troverà un uomo totalmente leale e fedele. Come fino all’ultimo lo è stato, nonostante la mancata nomina, con papa Francesco.