Naturalmente, con in primo piano John Elkann (anno di nascita: 1976), l'erede designato dall'Avvocato. Perché la scissione tra le attività automobilistiche del gruppo Fiat e quelle delle macchine movimento terra e dei veicoli industriali, radunate sotto la bandiera di Fiat Industrial, paiono destinate ad allontanare l'auto dagli interessi della real casa sabauda. Il motivo? Lo riassume la battuta che alcuni soci storici ripetono quando si chiede loro perché il binomio Agnelli-automobili si farà sempre meno stretto. "Cosa penserebbe lei di un business che, in meno di dieci anni, le ha fatto perdere oltre 10 miliardi di euro?". Per questo il divorzio tra macchine e trattori, in famiglia è considerato una svolta epocale. Una scelta condivisa perché, per portarsi a casa lo stesso margine operativo, l'auto ha bisogno di mezzi finanziari pari a quattro volte quelli richiesti dagli affari governati da Fiat Industrial. Come dire: camion e trattori è probabile che ce li terremo stretti, per l'auto si vedrà. Le strade per alleggerire il peso della famiglia potrebbero essere diverse: un'alleanza, l'ingresso di nuovi partner nel capitale ma anche, perché no, l'uscita di scena della famiglia, o almeno di una parte. Però queste sono le variabili del piano A, lo scenario più gradito. Il piano B potrebbe invece ribaltare la situazione e consisterebbe addirittura nella vendita di Fiat Industrial a un gigante straniero (Daimler?)
A ben vedere, comunque, già oggi gli esponenti del pianeta Agnelli direttamente impegnati nel gruppo non sono molti. C'è una schiera di senatori, per età o per considerazione, che presidia i consigli di amministrazione, da Tiberto Brandolini d'Adda (anno di nascita: 1948) a Pio Teodorani Fabbri (1924), da Oddone Camerana (1937) a Lupo Rattazzi (1954). Tra i più giovani, però, nelle aziende è attivo solo un poker di trenta-quarantenni. L'asso pigliatutto è ovviamente John, presidente della Fiat (e in quanto tale neoconsigliere del gruppo Rcs, editore del "Corriere della sera"), della holding Exor e della cassaforte di famiglia, la Giovanni Agnelli & C. Vale a dire la società in accomandita che custodisce il controllo del gruppo e di cui l'Avvocato ("È un nome d'arte", diceva lui per sdrammatizzare) aveva lasciato a John la guida.
Alle sue spalle si piazza Andrea Agnelli (1975), figlio di Umberto, da maggio alla testa della Juventus, la squadra con più tifosi in Italia e che da anni sogna il riscatto dopo gli anni bui di Calciopoli. Un tempo Gianni e il fratello Umberto erano legatissimi fra loro ma cavalcavano idee diverse su come gestire la Fiat. Oggi qualcosa di quella rivalità è rimasto, pur nello sforzo di non spaccare la famiglia. Così Andrea, descritto come un tipo serio, molto attento a non fare il passo più lungo della gamba, ogni tanto rilascia un'intervista dove mette i puntini sulle "i". Ad esempio sul fatto che fu suo papà a puntare su Sergio Marchionne, il manager-mattatore della Fiat di oggi. E che fu lui stesso, Andrea, a indicare John come "la persona più idonea" a rappresentare la famiglia al vertice Fiat. Proposta che, però, arrivò al termine del "dibattito" interno.
Se il presidente della Fiat e quello della Juventus sono sotto i riflettori, più defilati ci sono Alessandro Nasi (1974), vicepresidente di Case New Holland, uno dei leader mondiali del trattore. Dopo un'esperienza alla Powertrain, la società dei motori, è passato alla Cnh, dove è responsabile dello sviluppo delle alleanze (la carica è vice-president business and network development). "Si fa un mazzo così", dice chi lavora con lui, e pure tra gli anziani di casa viene considerato uno dei giovani più promettenti. Negli ultimi mesi ha girato il mondo con Marchionne a firmare accordi come quello in Russia: una joint venture con la Kamaz per produrre 4 mila mezzi l'anno, compresi dei mietitrebbia da 300 cavalli.
Viaggia parecchio, ma con compiti del tutto differenti, anche l'altro vice-president di Cnh: Eduardo Teodorani Fabbri (1965). Grande e grosso, sempre elegantissimo in gessato blu, pronto alla battuta: "Tira fuori a raffica aneddoti gustosi, è un ambasciatore perfetto quando si fanno presentazioni di prodotti, incontri conviviali. Non ha il dono della puntualità: a Basildon, nello stabilimento vicino a Londra dove ha l'ufficio, i suoi ritardi alle riunioni sono leggenda", racconta un ex collega.
Può sembrare curioso che, in una famiglia tanto numerosa, quelli che lavorano nel gruppo di proprietà siano così pochi. Per capire quello che significa oggi essere un Agnelli, bisogna però guardare dentro la cassaforte Giovanni Agnelli & C. Il potere è tutto lì, perché l'accomandita controlla il 59 per cento della Exor e, da lì, il 30,4 per cento di Fiat e della nascitura Fiat Industrial.

Può sembrare strano, ma anche qui, tuttavia, esiste il gregge dei piccoli azionisti. Gli Agnelli minori sono quelli che non hanno abbastanza quote per contare davvero o per aspirare a poltrone nei consigli di amministrazione delle controllate, con relativi stipendi. E per molti di loro, ultime foglie dell'infinito albero genealogico (sul totale di 220 gli azionisti diretti sono 79) la cedola che piove dall'accomandita si traduce in una rendita di poche migliaia di euro.
Restano i vantaggi collaterali di far parte della maggiore dinastia industriale d'Italia: le frequentazioni eccellenti, le relazioni internazionali, i matrimoni di rango. Il biglietto da visita giusto, insomma, per aprire tantissime porte. Da qui a viverci, però, ne passa. Come scrive Marco Ferrante nel libro "Casa Agnelli", più la famiglia cresce, più tende a imborghesirsi. E il dividendo dell'accomandita equivale, per i soci più piccoli, all'affitto di una proprietà immobiliare. Fare esempi precisi può essere rischioso, perché ci sono quote della cassaforte custodite da fiduciarie che ne mascherano il vero titolare.
Un caso emblematico è quello di Ilaria Ferrero di Ventimiglia (1965), nipote della quasi centenaria Clara Nasi, a sua volta nipote per parte di mamma del fondatore della Fiat (Giovanni senior ebbe due figli, Edoardo e Aniceta, sposata con Carlo Nasi). Ilaria è assistente medica - specializzazione in chirurgia cranio-facciale - al Chelsea &Westminster Hospital di Londra, ha un marito medico e due figli. Il ramo dei Ferrero ancora oggi può contare su un pacchetto del 6,5 per cento dell'accomandita, da suddividere però fra i 23 componenti della famiglia. Inevitabile che agli Agnelli del futuro toccherà sempre più spesso lavorare.
A guardare quel che già fanno oggi, la creatività non manca: dal produttore vinicolo al fotografo di provincia, dal ristoratore al pentatleta olimpico. In Italia, i più noti degli Agnelli "diversi" sono tre. Pietro Sermonti (1971), nipote di Susanna Agnelli, è stato protagonista in tivù di due stagioni della serie "Un medico in famiglia".
Giovanni Bussei (1972), nipote di Giovanni Nasi, è un artista delle curve: corre da molti anni in moto a livello professionistico nel mondiale Superbike. Andrea Camerana (1970), nipote di Laura Nasi, lavora nel marketing con lo zio - per parte di mamma - Giorgio Armani e ha sposato la cantante Alexia.
Anche all'estero non manca chi si è affermato. Fra i discendenti di Cristiana Agnelli (1927) c'è Leonello Brandolini d'Adda (1950), che a Parigi è presidente della casa editrice Robert Laffont. Mentre tra quelli di un'altra delle sorelle dell'Avvocato (Clara, 1920), spicca Alex von Fürstenberg (1970), che da Malibu gestisce un hedge fund da 450 milioni di dollari, l'Arrow Capital Management. Persone che, difficilmente, si fanno tormentare dagli interrogativi sul futuro dell'auto. O del trattore.