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Ecco perché ci piace Bollywood

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L'industria cinematografica batte Hollywood sul suo stesso terreno: la capacità di conquistare cuori e menti del pubblico. Ecco perché, nel mondo, almeno un miliardo di persone guardano i film indiani

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Chiedere a un indiano perché ama i film di Bollywood è come chiedere a qualsiasi essere umano perché ama sua madre: non è possibile altrimenti. Siamo stati generati da lei. Malgrado talvolta siano kitsch e incoerenti, questi film che spesso sfidano il comune buon senso mi hanno reso ciò che sono. Avevo quattordici anni quando la mia famiglia si trasferì da Bombay nel Queens, a New York, e affrontai l'immensa nostalgia che mi colpì viaggiando nello spazio a suon di musica, la compagnia aerea più economica che esista. Vagabondavo per le strade cantando canzoni di Bollywood con altri amici indiani.

È significativo il fatto che a eccezione di Satyajit Ray non vi sia una cinematografia artistica indiana nota a livello internazionale. L'ombra di Bollywood è troppo lunga. Insieme alle sue cugine dell'industria cinematografica dell'India meridionale, Bollywood ha sconfitto Hollywood al suo stesso gioco: equiparare il successo ai botteghini con il successo nella battaglia per conquistare i cuori e le menti del pubblico. In tutto il mondo guardano i film indiani almeno un miliardo di spettatori in più rispetto a quelli che seguono i film americani. E non si tratta soltanto di indiani. L'industria cinematografica indiana è riuscita a penetrare in ampie zone del pianeta, alcune impensabili. Un film hindi di successo di solito è doppiato o sottotitolato in una dozzina di lingue straniere, ed è esportato in una settantina di paesi.

A New York ogni volta che vado a tagliarmi i capelli sono fiducioso di poter ottenere uno sconto se il barbiere è dell'ex Unione Sovietica, dove a cominciare dagli anni Cinquanta i film indiani divennero assai popolari. Anche gli israeliani li guardano. E così pure i palestinesi. Li guardano gli indiani e i pachistani. I dominicani e gli haitiani. Li guardano gli iracheni. Li guardano gli iraniani. In un edificio pieno di immigrati nel Queens, un signore uzbeko un giorno mi tirò in disparte, in un angolino buio sulle scale. Ero già stato rapinato una volta e così ho pensato: "Oh no, ci risiamo!". Mi sovrastava. Invece ha iniziato a cantare: "Ichak dana bichak dana", una canzone tipica di Bollywood negli anni Cinquanta. E ho capito che non avrei corso rischi.

Tutti questi popoli diversi guardano film di Bollywood perché le vicende che narrano non hanno nulla del cinismo ormai dilagante. Bollywood crede nella maternità, nel patriottismo, nel vero amore. Per i loro gusti, Hollywood è troppo ambigua sulla famiglia. Uno scrittore marocchino cresciuto nei Paesi Bassi mi ha spiegato perché i marocchini guardano i film hindi in questi termini: "Ci piace che alla fine tutti si inchinano ai piedi della madre". Un tassista egiziano di New York, invece, una volta mi ha raccontato di ammirare moltissimo la superstar Amitabh Bacchan e di aver visto al Cairo tutti i film da lui interpretati.

Gli ho chiesto perché gli piacessero i film indiani, e mi ha risposto che "sono film puliti, che può vedere tutta la famiglia senza imbarazzo alcuno". La maggior parte delle famiglie impegnate nell'industria cinematografica di Bollywood è originaria del Pakistan: i profughi sindhi e punjabi emigrati dal Pakistan, arrivati a Bombay dopo la Spartizione, hanno fortemente influenzato e plasmato Bollywood. In un certo senso furono costretti a entrare nel mondo allora alquanto deprecabile del cinema perché non trovavano lavoro e non avevano accesso ad altri settori produttivi, un po' come accadde agli ebrei a Hollywood. I film hindi quasi sempre parlano di famiglie allargate che all'inizio del film si separano per poi riunirsi verso il finale, in una sorta di metafora della riunificazione del subcontinente. Il forte desiderio di una madre patria unita e non più divisa dei registi e dei cineasti hindi influenza le pellicole che girano.

L'India è uno dei pochi paesi in cui Hollywood è stata incapace di avere maggior presa, tanto che le sue pellicole rappresentano a stento il 5 per cento del mercato locale. Prima di Hollywood le industrie cinematografiche degli altri paesi avevano già fallito nella medesima impresa. L'India ha conosciuto il cinema di Hollywood alla maniera hindi: lo ha accolto favorevolmente, lo ha ingoiato tutto intero e poi lo ha rigurgitato. Ciò che è stato ingerito si è mescolato con tutto ciò che preesisteva, e ne è emerso con decine di teste diverse.

La maggior parte dei registi hindi non ama il termine "Bollywood" perché ritiene che l'industria cinematografica di Bombay sia nata ben prima che a Los Angeles (anche se in verità era nata prima in America e solo successivamente in India, ma sulla East Coast). Il termine "Bollywood" indica qualcosa di appariscente, di pacchiano. La critica tipica dell'Occidente nei confronti dei film di Bollywood è che sono melodrammatici, ma per chi lo ama il sentimentalismo non toglie nulla allo spettacolo. Che cos'è un indiano? È colui che guarda film hindi. Colui che si sente ricolmo di gioia quando ha modo di ascoltare "Mere Sapnon ki Rani" oppure "Kuch Kuch Hota Hai". Noi indiani ci portiamo dentro questi film, che da un paese all'altro formano il nostro dizionario dell'amore. Questa è la nostra lingua nazionale. Questa la nostra canzone comune.
traduzione di Anna Bissanti

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