Di pellicole italiane se ne fanno sempre meno. E la Film commission cerca di attirare clienti dall’estero. Così l'industria indiana del cinema ha scoperto la Lombardia: in 18 mesi sono arrivate 14 produzioni. Che valgono oltre 11 milioni di euro

Ciak numero uno. Il coreografo del film “Majnu” spiega i passi del balletto vicino alla Galleria Vittorio Emanuele a Milano. Scena numero due. Le moto Ducati sgommano e impennano intorno ai due protagonisti dell’action movie “Irumbu Kudurai” all’interno del Parco di San Rossore in Toscana (il backstage nel video qui sotto). Benvenuti a Bollywood Italia, dove le produzioni indiane arrivano per girare le scene più esotiche.

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L’esotismo (al contrario) sono i nostri centri storici, i paesaggi montani, i grattacieli e le piazze ultramoderne e soprattutto il set da cartolina del Taj Mahal in salsa italiana: il Duomo e la sua Madonnina. Nessuna produzione di Bollywood, Tollywood e Kollywood (le tre declinazioni regionali del cinema in lingua hindi, telugu e tamil) che si rispetti vuole rinunciare a un balletto con la celebre chiesa in stile gotico come sfondo.

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Per aggirare il periodo dei monsoni e continuare a girare, da giugno a settembre troupe e attori si trasferiscono a migliaia di chilometri di distanza. Location ideali per i balletti che fanno sognare un pubblico che nel 2012 ha comprato 4 miliardi e 200 milioni di biglietti sono il lago di Como con i suoi scorci, il centro di Vigevano e poi il grattacielo della Regione Lombardia con la sua sfavillante piazza e l’avveniristica Fiera di Milano ideata dall’archistar Massimiliano Fuksas.

Due set scelti lo scorso agosto dal regista del kolossal “Rangbaaz” per le danze dei protagonisti Dev e Koel Mallick insieme a 40 ballerini. Il film in lingua telugu o bengalese appena uscito in India è il più atteso dell’anno: il suo successo al botteghino sta trainando l’immagine dell’Italia e della città dell’Expo. Oltre al ritorno economico di quattro giorni intensi di riprese con più di 150 mila euro spesi per affitto delle attrezzature, ingaggi delle comparse, vitto e alloggio.

Alberto Contri, alla guida della fondazione Lombardia film commission, spiega come è riuscito a portare in regione 14 produzioni made in India in 18 mesi con un indotto locale che supera 11 milioni di euro: «Il principio è quello del marketing territoriale veicolato dal cinema. Un’idea particolarmente vincente per il mercato indiano dove la sequenza causa-effetto tra la visione e il viaggio per scoprire le scene più romantiche girate dalle loro star è immediata. Per anni hanno visto film e sono andati in Australia e Nuova Zelanda, così, mentre le produzioni italiane languono, ho deciso di puntare tutto su questo mercato in rapida ascesa».

Forte di questa convinzione la Film commission ha stretto un accordo con un’agenzia specializzata (Occhi di Ulisse di Lucca) che offre direttamente ai produttori indiani location, suggestioni, supporto logistico e personale specializzato grazie ai quasi mille professionisti in Lombardia tra attori, comparse, registi, doppiatori, tecnici del suono e della fotografia. A loro la scelta di copioni, registi e attori a noi l’offerta di tecnici, stuntman e manovalanza tutta italiana.

Le film commission nate per attirare le produzioni (350 nel mondo, 30 solo in Italia) e promuovere intere regioni sgomitano per portare anche un giorno di riprese per cinema e televisioni disposte a spendere fino a 30 mila euro per 12 ore di riprese. Quella lombarda fa fatto bingo grazie a un data-base composto da 25 mila immagini: case moderne, vecchie fabbriche abbandonate, palazzi antichi, dimore tutelate dai beni architettonici con tanto di particolari come pavimenti, maniglie, affreschi, scorci e paesaggi incantevoli che attirano gli esigenti occhi dei registi emergenti.

Il resto lo ha fatto la crescita impetuosa di Nuova Delhi che mette sul mercato 50 milioni di nuovi borghesi disposti ad arrivare in Europa per turismo. «Il made in Italy che hanno in testa è quello della moda, del fashion, della gastronomia, più in generale del nostro stile di vita», continua Contri, «per questo scelgono la città della moda per antonomasia, la nuova piazza Gae Aulenti (sotto il grattacielo della banca Unicredit) e le bellezze del lago di Como: sono perfetti set a cielo aperto».

Milano è l’epicentro del nuovo cinema indiano ma non mancano piccole e grandi produzioni a Venezia, Roma, Firenze e poi dalle montagne della Val d’Aosta fino alle spiagge della Sicilia. Le foto pubblicate in queste pagine sono i set seguiti e raccontati da “l’Espresso” attraverso il back stage di due film.

Gli storyboard bollywoodiani si assomigliano molto tra di loro e anche il film in lingua bengalese “Majnu” non si sottrae: una storia d’amore tra Avik e Meghna che però era già promessa a un altro sposo. L’happy ending è quasi scontato. Come da copione: il bene trionfa e tutto si risolve nella scena finale quando i due protagonisti svelano alle famiglie la loro passione. «La cinematografica indiana è iniziata cento anni fa», spiega Sabrina Ciolfi, ricercatrice di indologia dell’Università Statale di Milano e consulente per il set, «ma negli ultimi vent’anni è virata decisamente verso il romanticismo: per questo la location è importante non tanto per il legame con la storia ma per la suggestione, la cornice ideale per il balletto. Perfino i gangster movie hanno sempre una scena d’amore».

Se all’inizio del secolo queste immagini si giravano in Kashmir, negli anni Ottanta l’esotico più ricercato era la Svizzera e a partire dal 2010 si è superato il confine con l’Italia e le sue bellezze: in pochi chilometri monti, città d’arte, laghi, mare e paesaggi da urlo. La troupe è volata fino a qui con tanto di coreografo per girare la scena clou del balletto.

Una scelta tecnica del regista per aumentare l’audience e il picco d’attenzione del pubblico, grazie a una canzone che diventa anche la chiave promozionale della pellicola. Se il motivo scritto apposta per il copione è orecchiabile e diventa un tormentone il successo del film è assicurato. E i protagonisti diventano delle autentiche divinità sulla terra. Anche in piazza Duomo i fan riconoscono le star indiane e approfittano delle pause delle riprese per scattare foto-ricordo. «Faccio film per distrarre il mio pubblico per tre ore», è il mantra che ripete anche il regista Rajib Biswas: «È puro intrattenimento perché gli indiani amano svagarsi e noi fabbrichiamo sogni con i quali ci si può facilmente identificare. Questa piazza per voi sarà normale, ma per noi è la rappresentazione del sogno».

Lo scorso anno il cinema di Bombay e sorelle regionali ha prodotto 1.180 lungometraggi, l’America con Hollywood ha segnato il passo con la metà: appena 630. Le produzioni hanno budget e attori importanti e possono permettersi quasi tutto. Per il film “Irumbu Kudurai” (in italiano suona come “Cavallo d’acciaio”) protagonista assoluta delle scene d’inseguimento è la moto. Per girarle sono sbarcati in 30: oltre alla troupe classica, un assistente personale per la star Johnny Tri Nguyen, un coordinatore degli stuntman, il coreografo dei balletti. «I marchi italiani di moto sono i migliori del mondo. Vogliamo sette Ducati e buoni piloti», spiega il regista Yuvaraj Bose, 34 anni, alla prima pellicola importante.«Da noi sarebbe stato impossibile girarlo: non ci sono spazi così ampi né tanto meno buoni piloti per le scene d’azione».

Così grazie a un budget di 1 milione e 200 mila euro e oltre 300 mila euro per girare all’estero le scene più pericolose, hanno scelto Lucca e Pisa, preferendole alla concorrenza delle location thailandesi. «Per venire qui ci hanno imposto alcune condizioni: strade sterrate, un aeroporto e una cava per le acrobazie in moto, il paesaggio delle colline e centri storici ben conservati», dice il responsabile del set Filippo Rossi: «Sembrava la descrizione esatta della nostra Toscana».

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