Fiabe da toccare. Giochi interattivi. E grandi classici rivisitati in digitale, da Cenerentola a Pinocchio. Si moltiplicano le applicazioni pensate per i bambini. Anche piccolissimi

Non poteva che essere l'eroina di Lewis Carroll a condurci nel mondo nuovo e stupefacente delle app per bambini. Quando nel marzo 2010 uscì "Alice for the iPad", rivisitazione interattiva di "Alice nel Paese delle Meraviglie" realizzata dai londinesi di Atomic Antelope, il "New York Times" gridò allo scandalo: ucciderà la lettura in culla. Oggi quel libro speciale è presente su mezzo milione di tablet Apple. Ma soprattutto ha fatto da apripista a una nuova categoria di prodotti, difficili da incasellare: fiabe tradizionali, illustrazioni, animazioni, giochi, video, manipolazioni tattili si mescolano in un'esperienza cognitiva e sensoriale inedita. E a fare da beta tester sono i bambini, spesso piccolissimi.

A spingere gli italiani a tuffarsi in questa avventura digitale è stato il burattino di Collodi. Pinocchio, l'app della web agency milanese Elastico presentata alcuni mesi fa, è stata un salto di qualità e a sua volta fonte d'ispirazione per altri. Rivolta a bambini fra i 4 e gli 8 anni, accompagna la lettura della storia con interazioni semplici ed efficaci. Il tronco di legno citato nel testo è anche un'immagine che si sposta col dito per tutta la pagina, il Grillo Parlante è pure una cavalletta che si fa saltare, e così via, in una delicata simbiosi di parola, visione e interazione.

Le fiabe sono state tra i primi contenuti per bambini a essere riversati su schermi touch e apparecchi mobili, e all'inizio i risultati non erano confortanti. Ancora adesso si trovano favole-app che rappresentano solo una copia imperfetta e sgargiante delle originarie pagine di carta. Poi qualcuno ha iniziato a osare: a fare da truppe d'assalto sono stati i Tre Porcellini, coi quali si sono cimentati un po' tutti. Notevoli quelli della casa editrice inglese Nosy Crow, che ha anche vinto numerosi premi con la sua Cinderella (Cenerentola). In questo caso il racconto ha uno sviluppo lineare ma nel contempo se si tocca lo schermo accadono delle cose. E si può interagire anche muovendo il tablet o sfruttando il suo microfono. "Girare la pagina, con uno schermo touch, non è abbastanza. Bisogna poter toccare i personaggi e farli muovere e parlare", racconta a "l'Espresso" l'ad di Nosy Crow, Kate Wilson, un passato nell'editoria per ragazzi. "Nelle nostre app se si soffia si buttano giù le case dei porcellini; e se si tocca la fata si cambia il vestito di Cenerentola". Creare un prodotto di questo tipo richiede una squadra di autori, illustratori, animatori, esperti di audio recording e di composizione, oltre che naturalmente sviluppatori. "Nel caso della musica", prosegue la Wilson, "ci siamo appoggiati a un compositore che aveva lavorato anche su videogame, e che è stato capace di valorizzare esperienze prive di una cornice temporale prefissata: perché non sai mai quanto tempo un bambino passerà su una specifica parte della app".

Anche nei Tre Porcellini dell'italiana JekoLab, fondata un anno fa da Fargo Films e AppyMob, ogni scena è interattiva: i cieli scorrono, le mele si possono far cadere, il lupo nel pentolone gira a 360 gradi insieme al tablet. "Volevamo sfruttare al meglio il valore aggiunto di questi dispositivi, senza però realizzare delle app-parcheggio, buone solo a distrarre i bambini", racconta la responsabile creativa di JekoLab Silvia Carbotti, un dottorato in tecnologie per l'istruzione: "Anche per questo la facoltà di Scienze della Formazione di Torino supervisiona ogni passaggio". Perché per fare una app per bambini di 3-8 anni, o anche più piccoli, non basta conoscere il codice. E non ci sono risposte preconfezionate: prendiamo l'interattività: fin dove spingersi e quando fermarsi? "Nelle nostre app", dice Carbotti, "l'abbiamo introdotta progressivamente: ci sono limiti di costi, ma anche di funzionalità. Non deve trasformarsi in un sovraccarico cognitivo".

Dietro le singole eccellenze, c'è un mercato in ebollizione. Il 72 per cento delle app di tipo educativo presenti sull'App Store sono rivolte a bambini dalle elementari in giù, inclusi gli infanti, riferisce un rapporto del Joan Ganz Cooney Center, specializzato su questi temi. E i genitori le scaricano: americani e inglesi comprano una media di 27,2 app l'anno per i figli, spendendo circa 80 euro, secondo i dati della società di ricerca Kids Industries.

D'altra parte, l'interfaccia al tocco e dispositivi come l'iPad sembrano fatti apposta per le capacità intuitive di un utente di 2 anni. Con tutti i dubbi che ne conseguono. L'associazione americana dei pediatri consiglia di tenere lontani da qualsiasi tipo di schermo i bambini sotto questa età, e di limitare comunque l'esposizione per i più grandicelli. Resta il fatto che tablet e soci hanno spiazzato tutti, anche i medici. E così, a esplorare le ricadute di queste tecnologie sui più piccoli sono soprattutto i genitori. Tanto che, su siti come SmartAppsforKids.com o Momswithapps.com, oltre alle recensioni delle migliori applicazioni per l'infanzia, si trovano anche i racconti di chi usa già alcuni di questi strumenti, quali ConversationBuilder - app che simula conversazioni - come aiuto nella terapia dell'autismo. Sperimentazioni e prove non supportate finora da evidenze scientifiche, e diffuse col passaparola.

"È la frontiera, in crescita, dell'edutainment. L'obiettivo è sfruttare al massimo le peculiarità di questi mezzi", commenta Marta Valsecchi dell'Osservatorio Mobile Internet, content & apps del Politecnico di Milano, che alla scorsa edizione dello Smau ha premiato le migliori app italiane. E forse non è un caso che a vincere la categoria Giochi e intrattenimento sia stata proprio una applicazione per utenti tra i 3 e gli 8 anni: Cuccioli. Il codice di Marco Polo, che mescola, in uno sfoggio virtuosistico, gli spezzoni di video 3D presi dall'omonimo film animato a tutto il repertorio di azioni rese possibili con l'iPad: si agisce soffiando, battendo le mani, registrando la propria voce, mentre si alternano giochi di memoria, quelli che richiedono di colorare con le dita o di unire i puntini, karaoke, microanimazioni, manipolazioni del tablet (come inclinarlo per mescolare una pozione) e così via. "Per chi progetta giochi per bambini l'iPad è il massimo dell'espressione", ammette Lara Oliveti, ad di Melazeta, la new media agency che ha realizzato Cuccioli: "Ma funzionano molto bene anche app semplici, che utilizzano lo stesso tipo di interazione, perché ai bambini piace la ripetitività". È un mercato molto promettente, che sta offrendo nuove possibilità agli editori tradizionali e alle aziende dotate di competenze specifiche sull'infanzia. Ne sa qualcosa Massimo Santoli, presidente dell'agenzia Zero Computing, che insieme alla De Agostini sta sviluppando delle app scientifico-educative, ed altre per bambini da zero a due anni. "Sono considerate più facili da fare rispetto a complessi giochi per adulti; non richiedono localizzazione linguistica e possono contare su una forte propensione all'acquisto da parte dei genitori".

Siamo insomma di fronte al business del futuro? Intanto la Disney ha rilanciato introducendo negli Stati Uniti le appmates, una linea di giocattoli fisici da usare sull'iPad, insieme all'apposito software. I primi sono stati delle macchinine da muovere sullo schermo, su cui si compongono in tempo reale strade e scenari mobili. "L'interazione tra oggetti e tavolette/smartphone è una frontiera in cui crediamo molto", conferma la Oliveti.

In un simile scenario non poteva mancare il tablet per bambini: si chiama LeapPad, lo ha appena commercializzato negli Usa l'azienda LeapFrog, e non gli manca niente: schermo touch, fotocamera, sensore di movimento, porta Usb, 2 Gb di memoria, guscio a prova di monello, oltre a un centinaio di giochi più o meno educativi. Per bambini dai 4 ai 9 anni. Sempre che vogliano davvero rinunciare all'iPad di mamma.

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