Come sopravvivrà economicamente la moderna al Qaeda adesso che gli americani hanno fatto fuori Osama bin Laden, il suo tesoriere? Nello stesso modo in cui l'ha fatto fino a ora: autofinanziandosi con un giro d'affari miliardario la cui fonte di reddito principale è il contrabbando internazionale di droga: eroina dall'Afghanistan e cocaina dai paesi dell'America Latina. Si tratta di circa 500 miliardi di dollari, questo il fatturato globale del terrorismo, abbastanza per tenere testa all'esercito più potente al mondo e per rappresentare una minaccia costante per l'Occidente e per il resto del pianeta. Gli americani, che questa settimana hanno festeggiato la morte di bin Laden come se segnasse la fine dell'incubo, si sbagliano. Negli ultimi dieci anni i centri di potere finanziario del terrore sono finiti nelle mani dei talebani - che dovremmo ribattezzare narco-talebani - e di altri gruppi sorti dopo l'11 settembre. Una metamorfosi raccapricciante dalla quale è escluso l'ex "pericolo numero uno" americano.
Dal 2005 i talebani non si autofinanziano più soltanto con il contrabbando dei falsi al mega mercato di Quetta, dove si trova il loro quartier generale, ma attraverso joint-ventures con i narco-trafficanti di oppio e gli agricoltori afgani. Da allora i soldi per la rimonta militare non mancano. L'ex esercito di straccioni ha perfino incoraggiato la nascita di una nuova industria, quella della trasformazione dell'oppio in eroina, la cui produzione in dieci anni è triplicata. Nei territori da loro riconquistati tassano i prodotti chimici per la trasformazione e anche il prodotto finito. Lo si legge nell'ultimo rapporto delle Nazioni Uniti sul traffico di eroina di fine 2010. Il successo finanziario dei talebani giustifica l'assimilazione dei sopravvissuti della vecchia al Qaeda, riciclatisi tra le loro fila, con il beneplacito di al Zawahiri, ex luogotenente di bin Laden e probabile successore. Al Qaeda nel Maghreb, invece, non ha mai interagito con bin Laden. Il gruppo si autofinanzia grazie al prospero contrabbando di cocaina che dal 2003 transita dall'America Latina nell'Africa occidentale. Dalla Guinea Bissau, attraverso Mauritania e Marocco fino alla Spagna, i jihadisti fanno affari con i narcos.
Diversa era la situazione 20 anni fa, allo scoppio della prima guerra del Golfo, allora sì che la scomparsa di Osama avrebbe segnato la fine di al Qaeda. Trasformata negli anni Ottanta da guarnigione d'élite dei mujaheddin in un'organizzazione armata, al Qaeda era diventata un potente strumento in mano al miliardario saudita. Ed è lui che ne aveva forgiato la struttura con i soldi dei vecchi finanziatori della jihad anti-sovietica.
Il modello di finanziamento è quello classico della sponsorizzazione del terrorismo. I finanziamenti partono dai poli della finanza internazionale: New York, Londra e negli anni Novanta Dubai. Transitano su conti cifrati nei paradisi fiscali ed arrivano a destinazione grazie alla complicità delle banche sudanesi ed afgane, dove bin Laden ha conti aperti, e di una rete di organizzazioni caritatevoli infiltrate da al Qaeda. Tutto ciò avviene sotto gli occhi degli americani che non se ne curano. Perché? Perché bin Laden e i suoi accoliti sono ex alleati, sono stati loro a mettere in ginocchio i sovietici in Afghanistan. Prima in Sudan e poi in Afghanistan, il saudita gestisce campi di addestramento che sfornano jihadisti. Le reclute sono selezionate principalmente nei paesi occidentali dove forte è la presenza della diaspora musulmana: Germania, Regno Unito e Spagna. Grazie a budget generosi le reclute partono per "vacanze studio" in Afghanistan. Gli americani non ci fanno caso anche perché l'obiettivo di al Qaeda, in quella fase, non è attaccare l'America, ma penetrare zone reputate chiave dagli sponsor: i Balcani, il Caucaso, il Sud-est asiatico e il Pakistan. La situazione cambia con la prima guerra del Golfo, bin Laden, scacciato dal suo Paese per aver criticato l'arrivo delle truppe statunitensi, strumentalizza al Qaeda per attaccare Washington e lo può fare perché controlla il portamonete di questa organizzazione.
Dopo le Torri Gemelle, americani e forze di coalizione invadono l'Afganistan, distruggono i campi di addestramento, ma anche la rete finanziaria della vecchia al Qaeda. In fuga sulle montagne al confine tra Pakistan ed Afganistan o dispersa in Iran, quest'organizzazione non si ricostituirà mai più, né bin Laden tornerà mai a esserne il tesoriere. Così a cavallo tra il 2001 ed il 2002, l'Occidente arriva vicinissimo ad annientare al Qaeda. Ma né Bush né gli alleati se ne accorgono. D'altronde l'obiettivo della guerra contro il terrorismo non è questo, ma il cambiamento di regime in Iraq. Nessuno infatti prende seriamente la lotta contro il finanziamento del terrorismo e nel mese che passa tra l'11 settembre e l'invasione dell'Afghanistan conti cifrati vengono chiusi, holding liquidate, portafogli convertiti in lingotti d'oro, documenti distrutti, tutte le tracce finanziarie di al Qaeda scompaiono.
Dall'Afghanistan partono aerei carichi d'oro che finiscono seppelliti nei caveau delle banche di Dubai senza che nessuno cerchi di impedirlo. Da allora sono stati congelati soltanto 125 milioni di dollari, briciole, molti sono restituiti quando le indagini hanno provato l'innocenza dei proprietari. Rapide ed efficienti, le metamorfosi finanziarie di al Qaeda, dunque, iniziano all'indomani dell'11 settembre, ma questa volta a gestire i soldi non è bin Laden. Gli sponsor tradizionali corteggiano un nuovo super terrorista, al Zarqawi. Così nel 2005 al Zawahiri in una lettera storica gli chiede aiuto finanziario per i sopravvissuti di al Qaeda in Afganistan. Le modalità di finanziamento sono però diverse. Niente più banche internazionali, conti cifrati, né circuiti bancari alternativi come l'hawala, si ricorre ai corrieri. L'introduzione del Patriot Act negli Stati Uniti ha reso infatti il sistema bancario troppo pericoloso.
La dipendenza economica dell'insurrezione irachena dagli sponsor del Golfo dura poco, già nel 2005 l'eversione è in grado di autofinanziarsi grazie alla fiorente economia di guerra; dal contrabbando di petrolio e di armi alla prostituzione, l'orizzonte del crimine è immenso. Così quando muore al Zarqawi la lotta continua senza alcun problema. Dove la scomparsa della rete finanziaria gestita da al Qaeda fiacca il jihadismo è in Europa perché i soldi degli sponsor non arrivano facilmente. Reclutatori, simpatizzanti e i network delle moschee radicalizzate ci mettono un paio d'anni ad autofinanziarsi e lo fanno localmente con denaro pulito o con i proventi della piccola criminalità, come la clonazione delle carte di credito. C'è chi si addestra nei boschi e chi usufruisce dei manuali disponibili sul Web, d'altronde lo scopo è non più produrre terroristi, ma bombe suicide da spedire come pacchi postali in Iraq. Il costo finanziario è molto più basso di quello sostenuto da al Qaeda per addestrare i dirottatori dell'11 settembre. Perché? Perché è sceso il costo unitario dell'attività terroristica. Proliferano gruppi di terroristi fai-da-te, piccole cellule dai due ai cinque membri che si autofinanziano con stipendi, risparmi e aiuti raccolti tra amici e familiari. Nel 2004 le bombe suicide di Madrid e l'anno dopo quelle di Londra utilizzano il marchio al Qaeda per i loro attacchi. L'attentato ad Atocha costa poco più di 20 mila euro (contro il mezzo milione di dollari per le Torri Gemelle) e quello di Londra costa ancora meno: 1.500 euro.
Mentre tutto ciò avveniva bin Laden faceva il pensionato in una fortezza a 70 chilometri dalla capitale pachistana, priva di telefono e Internet, in una zona residenziale frequentata da ex gerarchi militari, l'ex tesoriere di al Qaeda usava i milioni che gli erano rimasti per proteggersi dagli americani che lo braccavano. La sua morte non avrà nessun impatto sulle finanze della multinazionale del terrore da lui creata: al Qaeda.
Loretta Napoleoni ha scritto, tra l'altro, "Terrorismo Spa", "I numeri del terrore" (Saggiatore) e "Al Zarqawi" (Tropea)