Milano, ore 15:30, Largo Cairoli. A pochi passi dal palazzo della Consob e a cinquecento metri dal Duomo. Chiediamo un caffé in un bar vicino alla sede della Credit Suisse. Il barista riempie la tazzina e intasca l'euro lasciato sul tavolo. Poi inizia una lunga discussione sulle malefatte del neo sindaco Giuliano Pisapia: "Aveva promesso che non avrebbe alzato le tasse!! Comunisti di m...". E' vero, il Comune ha alzato il prezzo dei biglietti dei mezzi pubblici, perché le casse meneghine languono. "Ha ragione, ma sarà anche a causa dell'evasione fiscale se i soldi non ci sono. E intanto, lei per questo caffè non ha fatto lo scontrino".
Il bar di Largo Cairoli non è un caso isolato: nei locali milanesi non rilasciare lo scontrino al pagamento del caffè è ormai "una legge non scritta, una consuetudine" come confessa 'Filippo' un esercente meneghino che non vuole dire il suo vero nome.
Una ricognizione in un'altra dozzina di bar di zone centrali della città, da corso Indipendenza al Duomo, da piazza San Babila a piazzale Loreto dimostra che il barista ha ragione: solo cinque esercizi battono lo scontrino alla cassa.
Un esempio 'minimo' e quotidiano di ciò che i dati sull'evasione fiscale mostrano a livello macroscopico.
Altro che "capitale morale" e vittima degli illeciti fiscali del Meridione: anche a Milano l'evasione degli esercenti sulle piccole spese è una prassi consolidata. "Mediamente, su 100 persone che entrano da me – spiega 'Filippo' – solo cinque mi chiedono lo scontrino dopo aver consumato la colazione o un caffè. La maggior parte non solo non ci fa caso. Spesso è la stessa clientela a dirmi che non c'è bisogno'".
"E' sempre stato così – si giustifica ancora 'Filippo' – ma negli ultimi anni l'Iva ci uccide. Io ho un flusso medio di 400 clienti al giorno, non ho dipendenti ma solo un socio, eppure ci sto dentro a malapena a fine mese". In effetti, il sito evasori.info (dove è possibile segnalare i casi di evasione fiscale) mostra come la maglia nera degli illeciti segnalati spetti proprio ai bar (oltre 36mila). E sono proprio gli esercizi di Milano e provincia, con oltre 280mila euro evasi in base alle segnalazioni, a segnare il record nazionale di illeciti per categoria.
Anche sul sito Tassa.li (una nuovissima applicazione che permette, tramite iPhone, di segnalare in maniera anonima dove non sia stato emesso scontrino o ricevuta) gli illeciti fiscali riguardano soprattutto bar e ristoranti in provincia di Milano.
Se è vero che il dato potrebbe anche essere letto come maggiore propensione dei cittadini lombardi a segnalare, è opportuno ricordare che a luglio scorso lo Svimez – Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno – ha presentato un rapporto sull'evasione dove si confronta il reddito dichiarato con il Pil prodotto in ogni regione: il risultato è che lo scarto tra quanto guadagnato e quanto versato all'erario non si discosta molto tra Sud e Nord.
In particolare, in Lazio si dichiara mediamente il 58% di quanto guadagnato, mentre in Lombardia il 61%. "Se dovessi fare una stima partendo da me e dai colleghi che conosco – riprende il barista – direi che mediamente non viene emesso il 15% degli scontrini. Ma bisogna considerare che dal 2005 il prezzo del caffè è aumentato del 300% e anche lo zucchero costa molto di più. Noi non possiamo aumentare i prezzi di listino e così dobbiamo cercare di ridurre l'impatto dell'Iva: d'altra parte è il mio stesso commercialista che mi consiglia di battere pochi scontrini".
Vittorio Parisi, commercialista dello Studio De Canio Parisi, ritiene però che non che la responsabilità non è dei professionisti: "Sono i clienti che ci chiedono come risparmiare sulle tasse: non è il mio caso, ma è possibile che ci siano dei colleghi che, su specifica richiesta del cliente e in presenza di fatturati già significativi, suggeriscano di non emettere qualche scontrino. Spesso però succede anche il contrario: l'esercente ha emesso così pochi scontrini che alla fine dell'anno gli incassi non tornano con gli elementi da considerare ai fini degli studi di settore e così occorre battere più ricevute".
E per quanto riguarda il peso dell'Iva, il commercialista non ha dubbi: "E' una partita di giro, ovvero s'incassa per poi girarla all'erario. E' un'uscita che occorre mettere in preventivo tempo per tempo". In pratica, come il pagamento dell'affitto. Ma le tasse sembrano essere un'altra cosa, almeno agli occhi dei gestori. E su quest'aspetto i baristi italiani ragionano nella stessa maniera, da Nord a Sud.