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Attualità
settembre, 2011

Silvio, sex and appalti

Dalle intercettazioni di Bari emerge lo scambio tra prostitute (per Berlusconi) e appalti pubblici (per Tarantini). Avvenuto tra il 2009 e il 2010 attraverso la Protezione Civile (Bertolaso) e Finmeccanica, la holding delle armi

La chiusura del cerchio: sesso in cambio di appalti, assegnati dai grandi elemosinieri del governo su indicazione del premier. Le orge di villa Certosa e i contratti del sottobosco di Finmeccanica, i party di Palazzo Grazioli e le commesse fuori controllo della Protezione civile: una pacchia senza limiti, nei festini come negli affari. Le intercettazioni baresi di Gianpy e Silvio, rimaste chiuse nei cassetti grazie a un'inchiesta ferma per oltre due anni, mostrano quanto fosse dolce la vita all'esordio dell'esecutivo berlusconiano.

Tra la fine del 2009 e gli inizi del 2010, la crisi pareva questione lontana e anzi l'indebolimento della banche aumentava la forza del Cavaliere, ancora convinto di essere un leader internazionale. Nelle serate con Patrizia D'Addario si vantava di avere bloccato leggi europee, mostrando le foto dei suoi incontri con George W. Bush per poi terminare con il finale nel lettone donato da Putin. Oggi il premier deve mendicare un'udienza di pochi minuti al parlamento di Strasburgo per evitare l'interrogatorio dei pm di Napoli sui rapporti con Valter Lavitola e Gianpaolo Tarantini, il suo fornitore di ragazze in quella stagione d'oro poi stipendiato con migliaia di euro proprio - stando alle ultime intercettazioni - per comprare il silenzio sui retroscena delle serate a casa Berlusconi.

Nelle intercettazioni di Bari c'è un linguaggio da caserma, in cui spesso si commentano le prestazioni delle amiche che Gianpy accompagnava alla corte di Papi. Prostitute a tempo pieno, entreneuse part time o anche, come sostiene Tarantini, signore della Bari-bene felici di gettarsi tra le braccia del Cavaliere.

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Per ore i nastri riportano conversazioni tra compagni di bagordi, senza nulla che riguardi il codice penale. Poi però le voci passano dal sesso agli affari. Tarantini chiede; il presidente del Consiglio prende nota. E diversi favori si concretizzano, permettendo al manager venuto dalla Puglia di trasformarsi nel lobbista più corteggiato della capitale: quello che - almeno in un caso - si è fatto pagare 300 mila euro per le entrature procacciate grazie alla benevolenza del Cavaliere. Sono queste le intercettazioni che potrebbero addirittura configurare il reato di corruzione: lo scambio tra le fanciulle pagate da Gianpy e il sostegno di Berlusconi alle sue iniziative imprenditoriali. Con una manciata di prostitute, Tarantini si era velocemente imposto nell'empireo dei faccendieri.

Le telefonate che la procura di Bari si prepara a depositare, dopo che l'indagine parallela e convergente dei pm napoletani ha riaperto la questione, mostrano come l'esordiente lobbista avesse le idee chiare. Domanda a Silvio interventi mirati su quelle che le ultime istruttorie hanno indicato come le migliori mangiatoie: la Protezione civile e Finmeccanica. E lo fa elencando nomi e società da presentare, così come lui presentava al premier le animatrici delle notti più allegre. Che Tarantini si fosse infilato negli uffici della struttura di Guido Bertolaso e in quella del colosso degli armamenti non è una novità. Era emerso negli interrogatori dell'estate 2009, quando l'inchiesta barese era ancora condotta dal pm Giuseppe Scelsi. Poi il fascicolo è passato nelle mani del procuratore Antonio Laudati ed è rimasto in cassaforte. Mentre quelle intercettazioni potrebbero contenere la prova dell'origine delle entrature di Gianpy.

Due anni fa si disse che Tarantini aveva conosciuto Bertolaso durante un ricevimento a casa del premier. Lo scandalo delle opere manovrate dalla Cricca non era ancora esploso e la ragnatela di corruzione alimentata dai contratti facili della Protezione civile era ignota. Tutti però in quei giorni bramavano di mettere le mani sugli appalti del G8, che dovevano trasformare la Maddalena in un'isola dei sogni: una torta a cui puntavano anche i soci del reclutatore di Patrizia D'Addario, Terry De Niccolò o "l'Angelina Jolie" barese Graziana Capone.

L'altro Eldorado dei raccomandati è Finmeccanica, la holding statale degli armamenti che con oltre 18 miliardi di fatturato permette di elargire commesse secondo criteri privatistici: proprio in quel periodo l'azienda stava realizzando un nuovo polo produttivo in Puglia. Oltre Bertolaso, Tarantini sarebbe stato in grado di arrivare a Marina Grossi, amministratore delegato della Selex, e moglie di Pierfrancesco Guarguaglini, numero uno di Finmeccanica che controlla anche Selex. Ma finora la ricostruzione di questi contatti è stata affidata alle testimonianze dei clienti che si erano rivolti a Tarantini per farsi largo a Roma. Primo fra tutti Enrico Intini, imprenditore pugliese che gli aveva dato consulenze per 300 mila euro. L'industriale sperava così di avere trovato un "cavallo di Troia" per fare breccia nell'esecutivo di centrodestra: da sempre infatti è considerato vicino al Pd e a Massimo D'Alema. Ed è anche tra i finanziatori delle campagne elettorali di Filippo Penati. Quasi un paradosso, perché alla fine chi tentava di sfruttare la benevolenza del premier era uno sponsor dei suoi avversari politici. Una relazione molto trasversale, non l'unica che sarebbe citata nelle conversazioni tra Papi e Gianpy.

Ad esempio gli investigatori oggi cercano di capire chi sia intervenuto per trovare lavoro alla signora Nicla Tarantini. Alla fine del 2009 venne assunta da un'azienda di Angelo Capriotti. L'imprenditore è stato coinvolto e poi scagionato nelle indagini sul piano carceri del ministro leghista Roberto Castelli: doveva fornire allo Stato le sue celle prefabbricate, un contratto da centinaia di milioni di euro. Infine sette mesi fa è stato arrestato a Roma dalla Finanza per una frode fiscale da 35 milioni. Alla signora Nicla Tarantini, avvocato trentenne senza nessuna esperienza, versava duemila euro per essere presente in ufficio dodici ore a settimana. "Non so dire chi me l'ha presentata, non l'ho scelta io", dichiara Capriotti ai pm romani. E aggiunge: "Faccio lavori per Alenia (Finmeccanica) dal 1992. Dal 2001 il mio referente in Alenia, l'ingegner Prudente, mi disse di parlare solo con Bernardo Barra, sostenendo che la decisione veniva dall'alto, da Guarguaglini e Borgogni. Barra mi raccontò che era socio di Lorenzo Cola". Ossia del consulente al centro dell'istruttoria sui fondi neri di Finmeccanica. Alla fine, si torna sempre negli stessi palazzi.

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