Contro tutte le buone ragioni per fuggire dai Giochi estivi, una sola resiste dai tempi del barone De Coubertin: gli atleti. Anche tra loro, ormai, le distanze si misurano in anni luce. Un arciere deve vincere l'oro per incassare dalla sua federazione quello che Kobe Bryant, olimpionico di basket a Pechino 2008, guadagna in un paio di giorni dal suo club, i Los Angeles Lakers.
E il villaggio olimpico, sorta di falansterio protosocialista dove per tre settimane i ricchi e famosi dormivano fianco a fianco con i poveri e ignoti, è disertato dalle stelle dello sport. Eppure i 10 mila e passa che gareggeranno a Londra per tre settimane saranno quasi uguali, accomunati dall'utopia meritocratica.
L'unica differenza la farà la medaglia con i cinque cerchi nelle versioni oro, argento, bronzo. Dal quarto posto in giù si può fare appello allo spirito di Atene 1896: l'importante è partecipare. Ed evitare di spaccare tutto negli spogliatoi.
GLI IMBATTIBILI
A circa duecento giorni di distanza dalla cerimonia di apertura, l'elenco dei partecipanti è largamente incompleto. Per molti sport le qualificazioni ai Giochi andranno avanti fino a primavera inoltrata. Infortuni fisici e inciampi nei controlli antidoping sono altri fattori di variabilità. Registrato questo disclaimer, si può esaminare il primo gruppo di atleti. Sono quelli che, salvo catastrofi, non possono perdere.
Una puntata sicura è il basket maschile, con oro agli Stati Uniti.
I campioni uscenti di Pechino possono ricandidarsi per Londra. Questo significherebbe una squadra con Carmelo Anthony, Dwayne Wade, Dwight Howard, Chris Paul, Deron Williams, Kobe Bryant. A loro si aggiungerebbe il miglior giocatore dei Mondiali 2010, Kevin Durant, un atleta di altri tempi per quanto è tecnico e magro.
È vero che il campionato Nba è appena uscito da una serrata che ha tenuto i jet del basket a terra per mesi: l'accordo sulla spartizione dei ricavi tra proprietari e giocatori è stato siglato a dicembre. È vero anche che Kobe, l'americano cresciuto fra Reggio Calabria e Reggio Emilia, ha appena incassato un divorzio finanziariamente devastante. Ma se il Dream Team 3.0 perde bisogna andare a cercare il giro di scommesse clandestine a Singapore, come nell'inchiesta di Cremona sul calcio.
Altri vincitori predestinati sono i keniani nelle prove di atletica leggera dagli 800 metri alla maratona. Quali keniani? Uno qualunque. Per limitarsi alla maratona, i primi venti migliori tempi del 2011 appartengono ad atleti del Kenya. E 86 su 142 corridori capaci di scendere sotto il muro delle 2 ore e dieci minuti arrivano dal Kenya, con gli etiopi al secondo posto a grande distanza (28 corridori).
Come ci riescano è argomento di dibattito socio-scientifico. Vengono dagli altipiani, hanno un ematocrito naturale alto, dunque maggiore capacità di ossigenare il sangue, sono leggeri e bassini, vogliono diventare ricchi. Fatto sta che vinceranno anche a Londra.
Nella categoria "misteri del corpo umano" rientra a pieno titolo Usain Bolt. Agli ultimi Mondiali di atletica di Daegu, la scorsa estate, è stato squalificato per falsa partenza sui 100 metri. Da farsi venire il dubbio che l'abbia fatto apposta per lasciare la vittoria all'altro giamaicano Yohan Blake. A Londra starà più attento.
Resta da vedere se il più grande sprinter di tutti i tempi riuscirà ad avvicinarsi ancora ai muri dei 9'' sui 100, dei 19'' sui 200 metri e dei 10 milioni di dollari all'anno in contratti di sponsorizzazione.
Nel nuoto, il re di Pechino Mike Phelps (otto medaglie d'oro) avrà filo da torcere dall'altro statunitense Ryan Lochte, nuovo imbattibile delle vasche.
Altrettanto invincibile, anche se riscuote meno simpatie, è l'armata cinese.

In altre discipline, come l'atletica e in parte il nuoto, la Repubblica Popolare è in flessione da quando gli scandali del doping di Stato hanno suggerito maggiore prudenza ai funzionari del Partito addetti allo sport. La Cina, del resto, punta a piazzarsi in cima al medagliere delle prossime Olimpiadi, come è accaduto a Pechino (51 ori).
Al momento, però, l'Olympic medal tracker, una sorta di exit poll in aggiornamento permanente pubblicato dal sito di UsaToday, prevede che i cinesi arrivino primi come numero di medaglie (93), ma secondi dietro gli Stati Uniti come vittorie (37 a 39).
L'Italia è accreditata di un ottavo posto dietro il Giappone, con 10 ori e 36 medaglie complessive. Molto meglio degli 8 ori e 27 medaglie totali di Pechino 2008.
Tra gli invincibili italiani, non molti, ci sono due donne. Federica Pellegrini avvicenda allenatori e fidanzati ma il risultato non cambia. La nuotatrice veneta batte le avversarie e se ne frega di essere simpatica, come quando ha scansato l'onore di portabandiera alla cerimonia di apertura con una scusa da matrona sessantenne: a stare troppo in piedi le fanno male le gambe.Non ha avuto remore a restare in piedi quando ha inaugurato, a ridosso di Natale, il suo nuovo locale "Tacco 11" nella natia Spinea. Ma quello è business.
Fra le possibili sbandieratrici ha così preso quota la candidatura di Valentina Vezzali, mostro di bravura, agonismo e longevità atletica, tornata alle gare dopo la maternità. In alternativa, ci sono la windsurfer Alessandra Sensini, la pallavolista Leo (Eleonora) Lo Bianco. Oppure Josepha Idem, nata a Goch (Germania) e italiana per matrimonio. Rema su un kayak nella gara dei 500 metri. Difficile che prenda una medaglia ma, a quasi 48 anni, lei sì ha già vinto.
GLI SFIDANTI
L'agonismo è rivincita. A Londra saranno in tanti con il dente avvelenato, se un'espressione del genere può adattarsi - e non può - al re dei gentlemen, il tennista svizzero Roger Federer. Il "genero ideale" era dato per finito. Poi ha vinto il Masters di New York e sembra più in salute del campione uscente, l'inquietante maiorchino Rafa Nadal. Anche per lui i Giochi possono essere una rivincita contro Novak Djokovic, che con il suo talento comico poteva accontentarsi di essere il Jerry Lewis serbo e invece è diventato il numero uno mondiale al posto del collega spagnolo.
Un altro resuscitato è lo schermidore livornese Aldo Montano. Lo si dava per smarrito nella giungla dei format televisivi più infamanti. Da beniamino dei paparazzi è tornato re della pedana con la vittoria ai Mondiali 2011 nella gara individuale di sciabola.
Molto più triste, per ora, la rentrée del nuotatore Ian Thorpe. Lo squalo australiano fatica parecchio a ritrovare l'onda, un po' come Filippo Magnini che sembra entrato nella categoria, sportivamente poco redditizia, di "fidanzato di Fede" (Pellegrini).
Nell'atletica, chi mal sopporta la dittatura keniota nelle corse di fondo può sperare nel ritorno del fuoriclasse etiope Kenenisa Bekele, dopo un sabbatico concluso da poco. Nella boxe si spera nella vittoria di Clemente Russo, il pugile casertano che a Pechino si è fermato a un passo dall'oro.
Nel calcio non ci sarà la rivincita della nazionale italiana. Gli azzurri sono così abituati alle brutte figure olimpiche che stavolta hanno evitato di qualificarsi. Dopo la Nigeria battuta in finale dall'Argentina di Leo Messi nel 2008 e dopo la sorpresa Ghana ai Mondiali del 2010, potrebbe essere arrivato il momento di una rivincita africana con medaglia d'oro.
BELLEZZA E SPONSOR
L'occhio vuole la sua parte e l'avrà. L'atleta è il simbolo della bellezza fin dai Giochi originali, quelli di Olimpia, dove si gareggiava nudi o quasi. Ma gli antichi greci non avevano le telecamere e non conoscevano discipline come il beach volley, concepite per mostrare bulli e pupe in costume da bagno. Nel marketing olimpico l'estetica ha un peso crescente e forse non è un caso se, rispetto a Pechino, sono stati eliminati dai Giochi baseball e softball, due discipline sexy come l'avviso ai naviganti.

Lo stesso vale per nuoto e pallanuoto con l'inconveniente che le gare si svolgono sott'acqua. Da quest'anno per la prima volta ci sarà il torneo di boxe femminile che alcuni considerano l'aberrazione finale della "noble art". Ma nessuna Million dollar baby può eguagliare le bellezze dell'atletica.
Ai mondiali di Daegu alcuni concorsi, soprattutto le gare di lancio e di salto, sono diventati sfilate. In particolare, si sono segnalati martello (il giapponese-rumeno Koji Murofushi) e giavellotto (il norvegese Andreas Thorkildsen) per gli uomini. Per le donne, le astiste Elena Isinbayeva (Russia) e Silke Spiegelburg (Germania), la sprinter statunitense Allison Felix e la lunghista Daria Klishina sulla quale è superfluo ogni commento. Forse non vincerà medaglie ma a 21 anni è già una delle donne più sponsorizzate di Russia con contratti, fra l'altro, da Nike e Red Bull.
NON FATE GIOCARE I BAMBINI
Tra gli spettacoli che ci si risparmierebbe volentieri ci sono le liti di Pechino sugli atleti bambini. Il limite di età nella partecipazione ai Giochi varia da sport a sport. I minimi sono nei tuffi (14 anni) e nella ginnastica (16 anni). Alle Olimpiadi di quattro anni fa ci furono polemiche sulla partecipazione del tuffatore britannico Tom Daley, nato nel 1994. Ma il peggio si è visto nella ginnastica femminile, dove la Cina ha presentato atlete (He Kexin, Yang Yilin, Jiang Yuyuan, Deng Linlin) che, a ridosso delle Olimpiadi, si sono viste retrodatare di due anni la data di nascita sul passaporto, come hanno denunciato gli allenatori della squadra statunitense.
Al di fuori dei Giochi, il problema si aggrava con la pressione economico-politica della vittoria a ogni costo. E l'età scende sempre di più. Nel 2011 la campionessa Chen Ruolin sarebbe stata sconfitta in una gara nazionale dall'emergente Si Dajie, nata nel 1998.
Fino a Mosca 1980 hanno gareggiato ginnasti di 14 anni. La più famosa di loro è la romena Nadia Comaneci, prima ad ottenere il voto 10 in un esercizio ai Giochi di Montréal nel 1976.
In seguito, i limiti sono stati alzati per evidenti motivi legati allo sviluppo psicofisico degli atleti e ai danni prodotti dallo sport al massimo livello agonistico su individui poco formati.
La casistica include orrori come il doping forzato nei regimi dittatoriali o, per parlare di democrazie, la morte per anoressia della ginnasta Usa Christy Henrich (1994) e della connazionale Julissa Gomez, tetraplegica a 15 anni dopo un incidente al volteggio e scomparsa a 18 anni nel 1991.
PRONOSTICI AZZURRI VERSO ROMA 2020
Prevedere le sorprese delle Olimpiadi sette mesi prima dell'inaugurazione è impossibile. Per tifo nazionalista ci si augura di rivedere la sorpresa dei mondiali cinesi di nuoto dello scorso anno, quando il Settebello ha vinto l'oro della pallanuoto battendo avversari più grossi e più forti con la strategia del torero: farli muovere fino a stancarli.
Lotterà per l'oro anche la squadra di pallavolo femminile che ha vinto la World cup due mesi fa.
In altre discipline di squadra siamo competitivi ma bisogna ancora qualificarsi. Il Setterosa della pallanuoto deve aspettare il torneo pre-olimpico di Trieste, in aprile. Il volley maschile ha ancora una chance dopo avere mancato di poco l'obiettivo nella World league giocata in Giappone a novembre. In attesa di una qualificazione che non dovrebbe mancare è anche il giovane ciclista veronese Elia Viviani, astro nascente delle gare in pista oltre che buon corridore su strada.
Si spera nei judoka convocati dal commissario tecnico Pino Maddaloni, oro olimpico a Sydney 2000 e titolare di una palestra nel quartiere napoletano di Scampia. I Mondiali di Parigi sono andati male ma si punta sulla conferma di Giulia Quintavalle, vincitrice a Pechino. Nella lotta greco-romana cerca la qualificazione Andrea Minguzzi, numero uno ai Giochi cinesi nella categoria 84 chili, mentre è già qualificato un altro oro di Pechino, il pugile Roberto Cammarelle. In genere non deludono i tiratori, che a Pechino hanno portato due primi posti con Giovanni Pellielo e Chiara Cainero.
Il tennis, come per la verità la maggior parte dello sport italiano, può portare piazzamenti solo dal lato femminile, con la coppia di gemelle diverse Flavia Pennetta e Francesca Schiavone, capaci di dare il meglio quando giocano per la nazionale, come in Federation Cup, la Davis delle donne vinta tre volte.
Il boss dello sport italiano, cioè il presidente del Coni Gianni Petrucci, non ha voluto fare proiezioni sul numero di successi a Londra 2012, prudente e scaramantico come non mai. Per lui è l'ultima Olimpiade da numero uno del comitato olimpico italiano. Un buon risultato sportivo rafforzerebbe la sua influenza nella nomina di un successore gradito, come l'attuale segretario Raffaele Pagnozzi. Ma soprattutto allungherebbe la carriera dello stesso Petrucci, che guida il comitato per Roma 2020. Molte medaglie aiuterebbero la candidatura alla trentaduesima Olimpiade più di quanto possano fare le nostre capacità disorganizzative e inefficienze infrastrutturali.