Monti ha deciso, Roma non sarà candidata ai Giochi del 2020. E meno male: sarebbe stata una spesa scriteriata, a fronte dei sacrifici chiesti al Paese. Non a caso Londra, che li farà quest'estate, si è già pentita. E i giochi di Atene del 2004 sono stati all'origine dell'attuale crisi della Grecia
Tralasciamo gli altisonanti appelli dei grandi sportivi e dei personaggi pubblici mobilitati per l'occasione, e guardiamo in faccia alla realtà delle Olimpiadi richieste per Roma 2020 che sarebbero un pessimo affare per lo Stato e un bidone per i romani.
Si tratta infatti di un investimento scriteriato a fronte dei sacrifici chiesti al Paese. Londra, che ha investito oltre 30 miliardi di euro per le attuali Olimpiadi, si è amaramente pentita; ed i giochi di Atene 2004 sono stati all'origine della crisi della Grecia d'oggi.
Per la capitale, il rapporto tra costi e benefici dell'operazione olimpica sarebbe disastroso: lo Stato pagherebbe quel che l'Italia non può permettersi, mentre risulterebbero del tutto aleatori i vantaggi per la città. Le cifre del comitato promotore - 9,8 miliardi di euro di cui solo 4,7 a carico dello Stato - alla prova dei fatti risulterebbero fasulle. Per non parlare delle cricche che sono solite speculare sui "grandi eventi", come con Italia '90, con il Giubileo e gli affari vaticani, e con i Mondiali di nuoto del 2009. Le Olimpiadi di Roma 1960 furono un'altra cosa: occorreva restaurare l'immagine di un Paese disastrato dalla guerra, e le opere pubbliche restarono alla città.
L'altro buon motivo per dire no alle Olimpiadi riguarda la civiltà della bellissima capitale. Roma è nota nel mondo per la sua quotidiana bellezza che attira milioni di turisti interessati a godere dell'ambiente storico e artistico, del tutto inadatto agli eventi di massa.
Cosa porterebbero di più e di meglio le centinaia di migliaia di persone che affluirebbero a Roma nel giro di alcune settimane estive? Nulla: aggiungerebbero a una città pessimamente servita solo disagi e rischi per il patrimonio artistico, mentre i vantaggi andrebbero a quei gruppi sempre pronti a pubblicizzare le perdite ed a privatizzare i profitti.
Roma è attraente così com'è, e non è adatta a spettacoli incalzanti come le Olimpiadi. La televisione, poi, per quanto condita da luci fantasmagoriche, non aggiungerebbe nulla all'antico fascino romano.
Non è un caso che i grandi eventi abbiano sempre portato guai ai cittadini romani. Roma ha un'amministrazione comunale indegna di una capitale europea come la vicenda della neve ha reso evidente. Il traffico è proibitivo; i mezzi di trasporto pubblico sono da Terzo mondo primitivo; le strade somigliano a percorsi di guerra; la segnaletica pubblica (si veda la metropolitana) è opera di analfabeti della comunicazione grafica; i rifiuti urbani invadano strade e piazze; la linea C della metropolitana è ferma da un quarto di secolo e sui costi si addensa il solito scandalo; camioncini degni di fiere paesane deturpano i siti archeologici; abusivi d'ogni genere controllano snodi essenziali come stazioni e aeroporto; dai tassisti il Comune non sa pretendere un minimo di standard professionale; le clientele di parentopoli regnano sulle strutture di servizio; gli "invalidi" fasulli si moltiplicano mentre quelli veri vivono una vita urbana disperata; la malavita tiene in pugno molti quartieri; i commerci e il turismo facenti capo al Vaticano sottraggono alle finanze pubbliche rilevanti prelievi fiscali senza che alcuna autorità osi alzare un dito.
In questo disastro amministrativo, perché mai si vogliono buttare miliardi che non solo costerebbero cifre indisponibili allo Stato ma non lascerebbero alcuna traccia sulla qualità della vita dei romani? L'inchiesta "Sprechi olimpici" pubblicata dall'"Espresso" è più che mai eloquente di quel che è successo in passato, preannuncio di quel che accadrebbe con le Olimpiadi agognate dal sindaco Alemanno. Ancora una volta si tratta di scegliere tra la buona amministrazione e la retorica, tra la soluzione dei problemi di tutti e la tutela degli affari, spesso opachi, di pochi. Il motivo per dire no alle Olimpiadi di Roma non nasce dall'immobilismo: è la consapevolezza che per un decente futuro della città occorre anteporre i problemi civili della comunità, magari poco appariscenti, all'effervescenza dei "grandi eventi" che lasciano sempre un profondo amaro.