Il potente deputato del Pdl, presidente della provincia di Napoli, sarebbe stato in rapporti di affari molto stretti con le aziende di un clan. Che avrebbe anche fatto campagna elettorale per lui. Lo ha rivelato un collaboratore di giustizia

Cesaro inguaiato da un pentito

Non ha fortuna il Pdl nella scelta dei suoi vertici in Campania. Archiviato da poche settimane il caso di Nicola Cosentino, costretto a lasciare la carica di coordinatore regionale sotto l'onda degli scandali giudiziari e delle richieste di arresto per sospette collusioni con il clan dei Casalesi, ecco che a meno di ventiquattr'oredai congressi provinciali, un'ordinanza di custodia cautelare della Direzione antimafia partenopea tira in ballo altre amicizie pericolose, questa volta del neoeletto coordinatore del partito a Napoli, il presidente della Provincia e deputato Luigi Cesaro, conosciuto con il folcloristico nomignolo di "Giggino 'a purpetta".

Un pentito della camorra dell'area Nord, Tommaso Froncillo, sostiene che Cesaro e la sua famiglia sono stati in affari con personaggi legati a doppio filo ai potentissimi clan Mallardo e Nuvoletta, egemoni rispettivamente in quel di Giugliano e di Marano.

Non solo: Cesaro avrebbe anche favorito assunzioni su segnalazioni mirate di un 'colletto bianco' del clan, dal quale avrebbe poi ricevuto appoggio nella campagna elettorale che lo ha portato, nel 2009, al vertice della Provincia di Napoli. E che avrebbe favorito la famiglia Cesaro nell'acquisto di un immobile da persone legate ai boss.

Accuse che, in misura minore, lambiscono anche un altro politico del Popolo della Libertà, anche lui appena nominato nel direttivo provinciale del partito: Michele Schiano, ex sindaco di Qualiano, oggi consigliere regionale e presidente della Commisisone Sanità, già indagato nell'inchiesta sulla Soresa, la società regionale che cura la ristrutturazione del disastroso debito sanitario della Regione Campania.

Un tesoro da 71 milioni
Nulla di penalmente rilevante, a quanto sembra, se è vero che la Procura di Napoli non ha ritenuto di iscrivere né il deputato né il consigliere regionale del Pdl nel registro degli indagati per quest'ultima inchiesta di camorra. Tuttavia i loro nomi compaiono in molte delle 1.180 pagine della monumentale ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Buccino Grimaldi su richiesta dei pm della Dda Giovanni Conzo e Maria Cristina Ribera.

Destinatari dell'ordine di arresto sono due nomi importanti dell'economia dell'hinterland napoletano: il commercialista Alfredo Aprovitola e suo padre Domenico, detto 'o collocatore' per il suo passato di impiegato molto influente nell'ufficio di collocamento provinciale.

Per i magistrati antimafia sono due 'facce pulite' del clan Mallardo, con addentellati ed entrature importanti anche nei vertici del clan Nuvoletta, tanto da essere di casa nella famigerata tenuta di Angelo Nuvoletta a Poggio Vallesana. Per conto dei Mallardo i due Aprovitola, padre e figlio, quest'ultimo definito dalla Dda il "commercialista del clan", riciclavano i proventi delle attività criminose in aziende apparentemente legali, anche attraverso numerosi prestanome. Un giro di affari da capogiro, se si considera che contestualmente agli arresti gli uomini del Gico della Guardia di Finanza di Napoli hanno sottoposto a sequestro beni mobili ed immobili per un valore di 71 milioni di euro.

Il cemento per la Nato
Tra queste aziende, da ritenersi direttamente riconducibili ai Mallardo, c'è anche la ditta di calcestruzzi Tecnocem. Ed è proprio con la Tecnocem che Luigi Cesaro ed i suoi familiari, attraverso imprese a loro riconducibili, avrebbero fatto affari, sempre secondo quanto rivelato dal collaboratore di giustizia Tommaso Froncillo, anche per la realizzazione della nuova base Nato.

Interrogato sui rapporti tra Aprovitola e Cesaro, Froncillo mette a verbale: «Si trattava di rapporti economici in quanto Luigi Cesaro aveva in corso la realizzazione di insediamenti edilizi e si era accordato con Domenico Aprovitola affinchè gli fornisse il calcestruzzo della Tecnocem. Effettivamente così è stato in quanto poi lo stesso Rino il ragioniere (Gennaro Esposito, factotum dei due arrestati e a sua volta indagato) mi ha confermato che era in corso la fornitura del calcestruzzo per Cesaro. Era il periodo delle elezioni del 2009 e ricordo questa vicenda perchè Rino il ragioniere, come anche e soprattutto Domenico Aprovitola, il collocatore, si vantava di questa sua amicizia con il presidente della Provincia, Luigi Cesaro, come d'altronde di quella che aveva con Lorenzo Nuvoletta e con Raffaele Fontanella. Domenico Aprovitola mi specificò che tra i vari investimenti immobiliari effettuati dal presidente della Provincia Cesaro vi era anche quello relativo alla realizzazione di un complesso edilizio della nuova base Nato; egli non specificò la zona ma ne parlò precisando che la Tecnocem avrebbe fornito il calcestruzzo necessario alle edificazioni».

Il calcestruzzo di favore
Ma i rapporti tra Aprovitola e famiglia Cesaro, attraverso la Tecnocem, secondo quanto scrive il gip nell'ordinanza, risultano comprovati anche dalle risultanze investigative e, in particolare, da una serie di intercettazioni tra Domenico Aprovitola e Raffaele Cesaro, fratello del presidente della Provincia.

A questi rapporti, in cui si parla di forniture di calcestruzzo ed è evidente il rapporto di rispetto e di favore, se non di soggezione, tra Aprovitola e la famiglia Cesaro, è dedicato un intero capitolo dell'ordinanza di custodia cautelare. Sul punto il pentito però non ha saputo fornire elementi più precisi: «Non conosco in particolare i nomi delle società controllate da Cesaro Luigi, e dalla sua famiglia, anche indirettamente, pure perché non li ho mai incontrati. Quello che so è che Aprovitola Domenico ribadiva di essere in amicizia con loro e di fare affari con i predetti».

Un'amicizia riscontrata anche dal tenore delle conversazioni telefoniche intercettate. E che sarebbe servita all'Aprovitola anche ad altri scopi. In particolare a procurare posti di lavoro, veri o fittizi, alle persone che lui segnalava (in cambio di denaro o perché personaggi legati al clan Mallardo).

Posti di lavoro in cambio di soldi

È sempre Froncillo a ricostruire la vicenda in questi termini: «Domenico Aprovitola vendeva posti di lavoro, nel senso che, quando usciva un bando per un certo numero di posti per qualche ufficio del Comune di Giugliano, le persone si rivolgevano a lui per essere assunte». In cambio gli versavano somme di denaro. «Si trattava di assunzioni pubbliche presso il Comune di Giugliano in diversi settori. Fu proprio lui a specificarmi che riusciva ad ottenere buoni risultati nelle assunzioni proprio per i buoni rapporti che aveva con i sindaci che si erano, nel tempo, succeduti alla guida del Comune di Giugliano. Egli si vantava di avere lo stesso tipo di rapporti anche con il sindaco del Comune di Qualiano, Michele Schiano (oggi consigliere regionale Pdl, ndr), cognato dell'imprenditore Tiberio Di Francia, nonchè, ultimamente, con l'attuale presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro».

L'appoggio in campagna elettorale
Di certo c'è che il "colletto bianco" del clan Mallardo si adoperò nel 2009 per la campagna elettorale di Luigi Cesaro in Provincia. Lo ricorda senza dubbi il collaboratore di giustizia: «Aprovitola portava il materiale elettorale nel mio bar sistemandolo sui tavolini e vicino alla cassa». Aprovitola si impegnò in prima persona nella campagna elettorale specificando che «votando Luigi Cesaro avrebbero poi ottenuto una mano per risolvere i propri problemi». E del suo ruolo attivo nel promuovere la candidatura di Luigi Cesaro si trovano anche numerose tracce nelle conversazioni al telefono col fratello del presidente della Provincia, nel febbraio 2012, in piena campagna elettorale.

Il terreno dei misteri
Un ultimo spunto che emerge dall'ordinanza di custodia riguarda poi l'interessamento degli Aprovitola per favorire l'acquisto di un immobile da parte della famiglia Cesaro. Si trattava di un terreno sul quale era stato appena approvato un importante progetto da parte del Comune di Villaricca. Affare al quale erano interessati a partecipare gli stessi Aprovitola, attraverso dei prestanome. Immobile che apparteneva ai fratelli Epaminonda e Concetta Giuliani, figli di Francesco Giuliani e cugini di Raffaele Giuliani, indicati da pentiti come Domenico Bidognetti e Gaetano Vassallo come organicamente inseriti nel clan Mallardo.

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