Capitale del sud

La grande occasione di Napoli: lo scudetto può diventare la leva di rilancio della città

di Anna Dichiarante   5 maggio 2023

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Il titolo di campione d’Italia, il boom turistico. Gli occhi di tutto il mondo ora sono puntati sul capoluogo campano. Un momento storico da sfruttare anche grazie ai fondi Pnrr in arrivo. Per far rinascere davvero una città abituata a salvarsi da sola

Il fiato sospeso, il triplice fischio dell’arbitro che chiude la partita. Napoli è matematicamente campione d’Italia. L’entusiasmo per lo scudetto numero tre, covato per settimane, esplode e fa vibrare la città fin nelle fondamenta di tufo. Dipinge di bianco e azzurro – i colori del club – vicoli, scalinate e balconi dai decumani del centro antico ai viali del Vomero. Impossibile contenerlo e incanalarlo nella festa ufficiale organizzata da Comune e società per il prossimo 4 giugno, ultima domenica di campionato. Perché il successo nel calcio è un mezzo per riscattarsi, per dimostrare che la terza metropoli del Paese cambia davvero.

 

La lezione del pallone insegna a non aspettare l’avvento di uomini della provvidenza. Gli scudetti vinti nel 1987 e nel 1990 grazie a Diego Armando Maradona diventarono leggenda, ma incombevano le sregolatezze del pibe de oro. Così, negli anni Novanta, il rinascimento del sindaco Antonio Bassolino fu travolto da cumuli di ecoballe; mentre la rivoluzione arancione, sperata con l’insediamento di Luigi de Magistris a Palazzo san Giacomo nel 2011, finì per liberare il lungomare dal traffico. La salvezza, piuttosto, arriva dalla squadra intera. Da tutti i cittadini che giorno per giorno si rimboccano le maniche.

 

Capace d’incantare e d’ironizzare sugli stereotipi, Napoli offre agli occhi del mondo esattamente lo spettacolo che cercano: il tifo appassionato come espressione dell’appartenenza a questa terra. Ma che cosa rimarrà in termini di sviluppo dopo la sbornia calcistica? «Ora la sfida è trasformare il sogno realizzato in una leva di rilancio a livello internazionale», ammonisce l’attuale sindaco Gaetano Manfredi, «sport e turismo devono diventare, assieme alle potenzialità culturali, degli elementi distintivi. Dal canto suo, l’amministrazione investe nella ristrutturazione dello stadio, candida la città a capitale dello sport 2026 e, in generale, a capitale europea».

 

In effetti, con oltre dodici milioni di visitatori accolti nel 2022, i flussi turistici si sono riallineati alle cifre registrate prima della pandemia. Una tendenza intensificata dalla corsa a prenotare una stanza negli ultimi fine settimana, per centrare la vittoria dello scudetto, con il quasi tutto esaurito e l’aumento delle tariffe. «Ma dilagano le esperienze di tipo escursionistico che poco portano al territorio», spiega Agostino Ingenito, presidente dell’Associazione b&b e affittacamere della Campania. Il timore è che la bolla scoppi: «Rispetto ad altre mete, Napoli è ancora più economica e attira un turismo cheap. Per reggere, però, occorre diversificare l’offerta. Mentre aprono nuovi hotel di lusso, molte zone si sono gentrificate tra cibo di strada, grandi catene di negozi e movida».

 

Così il centro storico, ma anche aree più periferiche e alcuni paesi dell’hinterland pullulano di case vacanza. La disoccupazione, i salari da fame o la prospettiva di guadagno facile spingono numerosi proprietari a mettere i loro appartamenti sul mercato delle locazioni brevi per garantirsi una rendita. «Nel nostro comparto si annida un 25-30 per cento di abusivismo», continua Ingenito, «regole fiscali e controlli troppo blandi, nel quadro di una normativa regionale carente, prestano il fianco all’illegalità. Che dev’essere contrastata con strumenti legislativi nazionali». E basta camminare per i Quartieri spagnoli – in passato impenetrabili per i turisti, oggi emblema del fascino folcloristico di Napoli – per constatare che pure i «bassi» sono stati riadattati per ospitare chi si trova temporaneamente in città. Un fenomeno che cozza con l’emergenza abitativa incarnata dagli oltre diecimila sfratti notificati nei mesi scorsi.

Del resto, residenti e visitatori si scontrano con gli stessi problemi. «Trasporti, raccolta dei rifiuti, sicurezza, decoro sono questioni irrisolte», elenca Ingenito, «l’amministrazione comunale dovrebbe garantire servizi e infrastrutture permanenti per il turismo, destinando in via esclusiva al settore gli introiti della tassa di soggiorno. Il 70 per cento di questi, invece, sostiene la spesa corrente. E la tassa salirà di 50 centesimi prima dell’estate: nelle strutture extralberghiere ogni persona pagherà tre euro a notte, senza contare la pesante addizionale d’imbarco applicata a chi fa rotta sull’aeroporto di Capodichino».

 

Dall’aria all’acqua. Alla Stazione marittima, affollato scalo per i collegamenti nel golfo e le crociere, il transito dei passeggeri è complicato dai cantieri stradali che si snodano tra piazza Municipio e via Marina. E mentre si convive da lustri con i lavori per l’ampliamento della metropolitana, si attendono quelli finanziati dal Pnrr. Nel complesso, il Comune ha ottenuto quasi un miliardo e 54 milioni di euro. La maggior parte arriva direttamente dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (circa 710 milioni per 82 progetti); si aggiungono, poi, i fondi dei programmi complementari e della Città metropolitana. Istruzione, ricerca, digitalizzazione, transizione ecologica, ma anche cultura, turismo e inclusione sono le missioni principali.

 

Da Palazzo san Giacomo assicurano che i progetti procedono nel rispetto delle scadenze. I cantieri dovrebbero aprire entro il prossimo novembre, per arrivare alla consegna delle opere collaudate nel 2026. Più accidentato appare l’iter del concorso bandito per assumere oltre 1.300 figure tecniche e amministrative, tra cui quelle da impiegare per il Pnrr: si fatica a coprire i posti e a formare le graduatorie per scarsità di idonei.

 

Intanto, parecchi dossier reclamano risposte. La rigenerazione di quartieri piagati dall’emarginazione, per esempio. A Scampia andranno 70 milioni di euro per abbattere le ultime due Vele e riqualificare l’unica superstite; serviranno poi alloggi per gli abitanti dei palazzi demoliti, senza che si replichi quel modello fallimentare e ghettizzante di edilizia popolare. Lo stesso modello di Taverna del Ferro, a San Giovanni a Teduccio, dove confluiranno 52 milioni con i medesimi obiettivi. Qui, nella periferia orientale, le ferite della deindustrializzazione stentano a rimarginarsi. Il polo tecnologico dell’Università Federico II negli spazi ex Cirio richiama startup e aziende come Apple, ma è una cattedrale nel deserto. Guardando a Ovest, i siti ex Italsider ed ex Eternit di Bagnoli soffocano tra veleni e degrado: la bonifica dell’amianto è terminata, gli altri interventi sono appesi a bandi e gare. Nell’ex base Nato, invece, la Regione Campania vuole realizzare un distretto del cinema: Napoli è un set gettonato, ma le produzioni sono in prevalenza esterne.

 

Ed è sull’offerta artistica e culturale che il governatore Vincenzo De Luca attacca il sindaco Manfredi. Mandando segnali al partito di entrambi, il Pd, che frena sull’ipotesi di un suo terzo mandato, ha lanciato stoccate sulle somme che la Regione potrebbe versare sia per la festa del 4 giugno sia per iniziative che coinvolgono il Museo archeologico nazionale e quello di Capodimonte. Non solo. Palazzo santa Lucia ha messo in dubbio il finanziamento ordinario di cinque milioni di euro e ha sospeso ulteriori stanziamenti a favore del Teatro san Carlo. Mentre ha tagliato più di due milioni al Teatro Stabile Mercadante, costretto ad annullare la rassegna estiva a Pompei: «Ci sono cafoni che prima stilano programmi a piacere e poi ricattano le istituzioni per avere i soldi», ha sibilato il governatore.

 

Eppure, la congiuntura di scudetto e Pnrr è un’occasione d’oro. «Abbiamo imparato che soltanto creando un sistema virtuoso si vince», dice Paolo Siani, direttore della Pediatria dell’Ospedale Santobono e coordinatore del Tavolo comunale per l’infanzia. E fratello di Giancarlo, giornalista del Mattino ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985. «Partiamo dai più piccoli. Nell’area metropolitana di Napoli la dispersione scolastica sfiora il 23 per cento, un record in Italia. La soluzione sta fuori dalla scuola, visto che i ragazzi non ci vanno e che spesso i genitori hanno a loro volta abbandonato le aule. Il nodo è intervenire dalla nascita, seguire l’intero percorso di crescita e individuare subito il disagio. Occorre, quindi, che tutti i bambini frequentino l’asilo nido». Un’impresa che richiede tempi lunghi: «Distribuiamo i fondi dove ce n’è più bisogno. È inutile costruire asili, se il Comune non può retribuire le maestre o se le mamme non ci portano i figli, meglio metterli in condizioni di aprire e funzionare davvero».

 

La strada è in salita anche per chi dalla scuola è uscito. Per Caritas, nell’ultimo decennio 170 mila giovani (molti laureati) sono emigrati dal capoluogo campano. «Serve affiancare lo studio con altre attività formative e ricreative. Come lo sport. Ci sono privati pronti a ristrutturare i campetti di calcio dismessi nei vari quartieri; l’amministrazione non può permettersi tale spesa, ma indichi almeno da quali iniziare. In seconda battuta, serve il lavoro. Prepariamo i ragazzi in modo che trovino opportunità, sottraiamoli a un destino che credono ineluttabile: scelgono la criminalità se non hanno alternative. Convinciamoli che non conviene, svuotiamo questo enorme bacino di arruolamento per la camorra».

 

I clan spolpano Napoli per alimentare il loro potere e la loro ricchezza, riciclano e investono, soprattutto altrove, puntando su imprenditori o esperti di finanza compiacenti. E sfruttano schiere di adolescenti, che talvolta sfoggiano cognomi noti, nipoti dei nipoti di boss morti o detenuti. «La città vive una fase di pax camorristica tra i principali cartelli, impegnati nell’infiltrazione dell’economia legale su fronti più ampi e delle classi dirigenti nelle realtà locali», spiega Luciano Brancaccio, professore ordinario di Sociologia dei fenomeni mafiosi alla Federico II, «il numero di omicidi oscilla tra i 30 e i 50 l’anno, una quota fisiologica. È esplosa, semmai, una violenza feroce tra giovani sbandati, reclutati per lo spaccio di stupefacenti e pronti a regolare i conti armi in pugno, in un pulviscolo di labili alleanze. I clan sopportano, perché in questa instabilità nessun gruppo prevale, a patto che il livello dello scontro non si alzi troppo e non faccia scattare la repressione».

 

Carne da macello, insomma. «Quando il danno è fatto, rimediare è difficile», riprende Siani, «per fortuna c’è un esercito di volontari che capillarmente aiuta i giovani, ma gli sforzi dei singoli cittadini devono avere una regia pubblica». E a nome di questo esercito parla Geppino Fiorenza, anima di mille iniziative per la legalità e l’inclusione. Nel 1973 fu tra i fondatori della Mensa dei bambini proletari, oggi fa la spola tra la miriade di associazioni sparse in ogni rione di Napoli. Parte da Forcella, dove un ex cinema ridotto a immondezzaio e a poligono di tiro della camorra è diventato sede della biblioteca “Annalisa Durante”. Lei fu uccisa lì, il 27 marzo 2004, innocente in mezzo a un agguato. Aveva 14 anni. Suo padre Giannino ha pungolato Regione e Comune perché a Forcella ci fosse un posto per i libri: «Il mio scopo – racconta – è tenere madri e figli impegnati qui dentro il più possibile, è avvicinare i ragazzi “malamente” e far capire loro che si è più felici lavorando onestamente».

 

Fiorenza conclude il giro a Ponticelli, nel centro polifunzionale dei Maestri di strada. Ha contribuito ad avviare, all’interno, una cucina dove lavorano le donne del quartiere: “Cucinapoli”. Per il pranzo arriva Cesare Moreno, presidente della onlus. Da una vita si occupa di povertà educativa e, con una cinquantina di operatori professionisti, offre a circa 250 bambini e ragazzi ben più del classico doposcuola. Musica, teatro, palestra, laboratori. Per chi in classe non ci va o è seguito dai servizi sociali. «Qui c’era un istituto comprensivo, ma è stato chiuso perché l’edificio è fatiscente. Abbiamo chiesto al Comune di affittarlo e, dopo varie traversie, l’abbiamo ottenuto nel 2019», ricorda Moreno: «Ora aspettiamo d’iniziare la ristrutturazione con il Superbonus, rischiamo di perdere i fondi perché la burocrazia si è inceppata. La politica è miope, gioca con il futuro di questa città». Perché l’oro di Napoli brilli, occorre che qualcuno lo lucidi.