È la Francia multiculturale la risposta ai 6,4 milioni di elettori di Marine Le Pen

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La campagna elettorale francese è stata violenta, cattiva e a tratti volgare. Per la prima volta in trent'anni, l'estrema destra ha conquistato quasi 6,4 milioni di voti. Ci sarebbero dunque in Francia altrettante persone che condividono le tesi razziste di questo partito pronto a sfruttare la paura e l'ignoranza per guadagnare terreno. Ma la reazione alle idee di Marine Le Pen è stata debole o inesistente. L'elezione di François Hollande con una piccola maggioranza è stata una risposta all'estrema destra. Ciò nonostante, si è aperta la via verso un avvicinamento della destra tradizionale al Front National. Il tema politico ricorrente è stato quello della sovranità della Francia: uscire dalla zona dell'euro, non dipendere più dall'Europa, prima di tutto vengono i francesi, gli stranieri vanno rimandati a casa. In breve, un ripiegamento e una chiusura di questo Paese la cui storia è contraddistinta dallo scambio e dall'apertura verso altre culture e civiltà.

Avremmo dovuto ricordare la forte affermazione di principio di Luigi Einaudi, che scriveva nel 1918: dobbiamo "distruggere e bandire per sempre il dogma della sovranità perfetta. La verità è il vincolo, non la sovranità degli Stati... La verità è l'interdipendenza dei popoli liberi, non la loro indipendenza assoluta". E rammentare anche ciò che Fernand Braudel ha detto di questo Paese: "La Francia si chiama diversità". Ma viviamo in un'epoca in cui la crisi tende a sospingere verso la regressione, la paura e la chiusura delle porte. Sono stati evocati anche i confini. Ma non nel senso in cui impediscono la costruzione di muri, bensì in quello dell'identità nazionale che spinge ciascuno ad asserragliarsi in casa propria e a respingere chiunque bussi alla porta. Il nuovo presidente avrà molto da fare per restaurare l'immagine della Francia come terra d'asilo e patria dei diritti umani.

Il grande sociologo Edgar Morin vuole andare oltre e ha chiesto a François Hollande di inserire questa frase nella Costituzione: "La Francia è una Repubblica, una e indivisibile, ma anche multiculturale" ("Le Monde", 5 maggio 2012). E ha suggerito di riconoscere la diversità che feconda le culture da integrare. Un obiettivo ambizioso. Staremo a vedere quel che verrà fatto a questo proposito.

La Francia si trova più che mai di fronte al suo destino: non è più una potenza coloniale, non ha più molta influenza culturale nel mondo, è meticcia. Il suo paesaggio umano è multicolore, la sua lingua è diffusa in diversi continenti, ma non ha saputo o voluto voltar pagina dopo la guerra d'Algeria, di cui si celebra quest'anno il cinquantesimo anniversario dell'indipendenza. La ferita rimane aperta, ancora viva, da una parte e dall'altra. È stata una guerra atroce, barbara. E la memoria non si spegne.

La Francia ha assimilato senza clamore l'immigrazione asiatica così come a suo tempo quella italiana, spagnola e portoghese prima dell'ultima guerra. Con i maghrebini invece ha problemi. L'Islam fa da blocco. La campagna contro la carne halal (macellata secondo il rito musulmano) è stata fonte di pregiudizi e di esclusione. È con l'Islam ridotto al burqa (peraltro estraneo alla sua tradizione), al fanatismo dei terroristi di Al Qaeda, a una stupida caricatura, che si incute paura ai francesi e si cerca di vincere le elezioni.

La verità è che dei giovani francesi, figli di immigrati, non sono stati riconosciuti e non hanno trovato il loro posto in questa società. E questo li induce a fare dell'Islam la loro identità, la loro bandiera e la loro battaglia. Si tratta solo di poche centinaia, che bastano però a scatenare un'islamofobia sempre più dichiarata. Gli immigrati dovrebbero reagire, far sapere che questi elementi devianti non li rappresentano e sono manipolati da agenti reclutatori provenienti dall'estero o addestrati in loco. L'Islam è la seconda religione in Francia. Ed è del tutto normale che venga praticata nel quadro del rispetto delle leggi di questo paese. Tutte le religioni hanno i loro fanatici. Ma sono soltanto i musulmani che fanno rumore e disturbano una società laica. Spetta a quelli sinceri, credenti e pacifici, il compito di ricondurli alla ragione e alla calma. Questa è la via che la Francia dovrebbe seguire fornendo all'Islam pacifico i mezzi per esprimersi e per rassicurare. L'Italia farebbe bene a studiare il caso francese e a prevenire quel che potrebbe accadere sul suo territorio.
traduzione di Mario Baccianini