Roberto Formigoni e Alberto Perego, il potente ciellino. Fotografati insieme in uno dei tanti week-end sul panfilo di Daccò
Sembra una variante del "Gioco delle coppie". Ricordate? Un corteggiato e tre pretendenti, che gareggiano per individuare il prescelto. Solo che questa versione intreccia affari, amicizia, politica e persino religione lungo l'arco di oltre vent'anni. Al centro lui,
Roberto Formigoni. E intorno i tre protagonisti del grande scandalo lombardo:
Piero Daccò, Antonio Simone e
Alberto Perego. Solo che adesso la competizione pare essersi trasformata nel Gioco della Torre: i primi due sono già in carcere e ora bisogna capire chi sarà il prossimo a cadere giù. Di sicuro, Perego è sempre stato il più vicino al celeste governatore: vivono nella stessa comune ciellina, hanno condiviso i rischi delle vecchie indagini e le gioie delle vacanze a spese altrui. Eccoli per la prima volta fotografati insieme sul panfilo gentilmente concesso da Daccò per le lunghe escursioni nel Tirreno, tra Costa Smeralda e Portofino. La barca è un 24 metri, veramente lussuoso: c'è persino un ponte levatoio che si trasforma in trampolino, per passare di slancio dalle camere con interni in radica ai tuffi nel blu. Un vero spasso per la coppia in bermuda, rigato alla Obelix per Roberto mentre Alberto preferisce i fenicotteri rosa, che lasciano tracimare un fisico sovrappeso e impiegatizio.
Ai comuni mortali noleggiare per una settimana questa suite d'alto bordo costa dai 30 mila euro in su, ma per loro non era un problema: ogni estate scafo ed equipaggio venivano messi a disposizione senza bisogno di sborsare un quattrino.
Le immagini esclusive de "l'Espresso" li ritraggono sullo yacht
Ad Maiora nel luglio 2009, una splendida annata chiusa brindando alle Antille, sempre senza mettere mano al portafoglio. Uno dei doni pregiati concessi dal munifico Daccò. Ma di tante attenzioni ce n'è una più preziosa delle altre, che adesso rischia di trascinare il duo Formigoni-Perego verso il fondo.
In queste ore infatti la procura di Milano sta decidendo se alzare o meno il tiro nei confronti del presidente lombardo. E più delle parziali ammissioni di Daccò, che nell'ultimo interrogatorio dalla cella ha demolito la storia delle "vacanze di gruppo dove ognuno poi contribuiva con la sua quota" sbandierata da Formigoni, molto dipenderà da una meravigliosa villa sarda. Si affaccia sul golfo del Pevero, l'angolo più chic di
Porto Cervo: un soggiorno da nababbi e goleador, che poco si addice al voto di povertà dei Memores Domini. Conta cinque camere, altrettanti bagni, quattro verande, salone da pranzo, terrazza panoramica, patio, giardino, piscina e un paio di garage. L'ha venduta una società del solito Daccò a Perego. Il prezzo è rilevante: 3 milioni di euro. Ma sono in molti a sostenere che il valore immobiliare, in quel territorio pregiatissimo dove da tempo non si costruisce più, sia parecchio più alto. La procura adesso sta cercando di capire se il prezzo è giusto o meno. E vuole farsi un'idea anche sul proprietario effettivo della dimora.
Perego infatti avrebbe tirato fuori circa 400 mila euro, accollandosi un mutuo da un milione e mezzo. La differenza l'avrebbe messa Formigoni, con ben un milione e 100 mila euro. Pronta la precisazione del governatore: "In questi decenni ho potuto accumulare risparmi per un milione di euro, che ho prestato a un amico per acquistare una casetta, non una villa faraonica. Un amico caro e con problemi di salute". Più che amici. I due vivono in quella che Daccò, confermando le prime rivelazioni de "l'Espresso", ha indicato come "una casa di Ligresti". Insieme a loro - secondo la stessa fonte - abitano altri tre Memores: un cardiologo brianzolo, un professore dell'università di Milano Bicocca e - cosa forse più sorprendente - un dirigente di livello del ministero del Tesoro. In queste piccole comunità cielline vige anche una regola chiara: gli stipendi vengono consegnati all'economo del gruppo, che restituisce ai singoli solo la cifra indispensabile per la propria attività.
In un libro intervista del 1988 Formigoni disse: "Di fatto non posseggo nulla. Tutto ciò che ho e utilizzo, mi viene dato per lo svolgimento della mia vita, del mio lavoro, dei miei compiti, ma non è mio... In altre parole, io non ho nulla; non possiedo neanche i vestiti che metto. Possedere non mi interessa, mi interessa usare tutto ciò che mi è dato per costruire qualcosa di significativo". E aggiunse: "Ringrazio il Signore perché questa povertà fa crescere e sviluppare una grande esperienza di libertà". Forse le consuetudini sono cambiate, perché questa storia della villa a Porto Cervo incenerisce qualunque voto di povertà. E i due Memores sembrano avere dimenticato di devolvere una fetta consistente dei loro introiti: il milione e rotti di risparmi equivale a dieci anni della paga del celeste governatore.
Pure Perego - che si è accollato un mutuo da oltre 5 mila euro al mese - ha macinato buoni affari, grazie anche alla
Regione guidata dal suo convivente. È azionista e presidente del board della
Soges Spa, che vende consulenze alla pubblica amministrazione. Il primo contratto con il Pirellone risale al 1996, un anno dopo l'insediamento del Celeste coinquilino: 105 milioni di lire per fornire assistenza nelle nuove concessioni del trasporto pubblico. Ossia per aiutare l'assessorato dei Trasporti a svolgere la sua missione base. Nel 2004 scoppia lo scandalo Oil for Food, una partita internazionale di petrolio a prezzo di favore concesso da Saddam Hussein ai politici considerati vicini. Stando ai dossier dell'Onu, un fiume di greggio è stato riservato a Formigoni, tramutato in denaro finito in società estere. Tra i beneficiari finali c'è un conto svizzero intestato a Perego, che però nega davanti ai pm e si becca una condanna in primo grado per falsa testimonianza mentre il governatore non viene colpito da accuse.
In quello stesso 2004 - come "l'Espresso" può rivelare - il Pirellone affida alla società di Perego il compito di scrivere il codice etico delle aziende sanitarie lombarde: un manuale di trasparenza, con le procedure per la buona amministrazione e soprattutto per tenere lontana la corruzione. Il "Codice Perego" viene consigliato a tutti i 45 tra ospedali e Asl lombardi, che lo adottano in massa. Si stima che ciascuno paghi alla Soges tra i 15 e i 20 mila euro: uno scudo anti-illeciti che frutta circa un milione di euro al compagno di casa e di vacanze del governatore.
Per carità, grazie alle mediazioni tra Pirellone e sanità privata la coppia Daccò & Simone ha incassato cifre molto più ricche: almeno 90 milioni di euro. Entrambi però si facevano saldare dai privati. E anche in cella hanno ribadito di non avere mai chiesto l'intercessione del Celeste. Per trent'anni Antonio Simone oltre che nella militanza ciellina è stato un mentore politico di Formigoni: assessore prima di lui, si dimise per le accuse di corruzione ai tempi di Mani Pulite, uscendone con due assoluzioni e una prescrizione. È stato arrestato lo scorso aprile e la moglie non ha risparmiato critiche a Formigoni descrivendo proprio le gite sulla barca di Daccò in compagnia di belle figliole e "i locali à la page sardi dove era possibilissimo ammirare il nostro governatore seguire Daccò come un cagnolino al guinzaglio". Tutto questo "mentre il suo migliore amico deve discutere su chi avrà il diritto di allungare le gambe all'interno di una cella che ospita altri cinque detenuti".
Daccò invece è finito nel penitenziario di Opera a metà novembre. Dopo due mesi, dalla cella ha scritto proprio a Perego, lamentando le condizioni della sua famiglia che ha "grossi problemi con la gestione del quotidiano, perché non abbiamo il denaro per fare fronte agli impegni che ci sono, in quanto hanno posto sotto sequestro tutto quello che abbiamo". E concludendo: "Ti prego di salutarmi tutti gli amici, in particolare Roby. Voglio dirti che prego sempre il Gius (il fondatore di Cl don Giussani, ndr.), questo mi aiuta a sopportare qualsiasi cosa".
Il superconsulente è ancora in carcere. Mentre Roby Formigoni prende sempre più le distanze da lui. E Daccò ricambia, anche perché incastrato dalle fatture scoperte dai pm, e rischia di far finire nei guai tutta la comitiva. Ammette che i contratti di affitto della barca, intestati pure a Simone, erano falsi: servivano solo a coprire gli "utilizzatori finali" Formigoni e Perego. Dice di avergli pagato tutti i soggiorni. Salvo i biglietti aerei, che il Celeste faceva però rimborsare dal convivente. Come se fossero una sola persone, tutto in comune. Anche i soldi impegnati in quella villa delle meraviglie. Su cui adesso si concentra l'attenzione degli inquirenti. E che rischia di far materializzare il convitato di pietra evocato negli interrogatori dall'avvocato Giampiero Biancolella, difensore di Daccò: l'accusa di corruzione.