Procuratori che ingaggiano giocatori 'a strascico' e poi spariscono. Altri che tengono i loro assistiti in ostaggio per fare la cresta. Per non parlare delle false fatture. Un giovane agente del pallone racconta cosa c'è dietro il mondo dorato dei vari Raiola
L'uomo dell'estate si chiama
Carmine Raiola, al secolo Mino: nato a Nocera Inferiore 45 anni fa, è il procuratore di Zlatan Ibrahomic (trasferimento-monstre da Milano a Parigi) e di Mario Balotelli. Grazie agli enormi guadagni che fa percepire ai suoi celebri clienti, Raiola è uno degli uomini più ricchi che orbitano intorno al mondo del calcio.
Simone Bortolan Gianese invece ha 27 anni, fa la spola tra la sua Milano, la Scandinavia e i Balcani. Si sta facendo le ossa nei in campionati minori, come si dice nel gergo calcistico, e guadagna poche migliaia di euro all'anno.
Tra Bortolan e Raiola c'è un abisso, eppure anche lui appartiene alla categoria più detestata dai tifosi italiani, la più temuta da presidenti e direttori sportivi: quella dei procuratori.
Fino alla deflagrazione del
calcioscommesse, i cattivi della storia erano proprio loro, gli agenti. Uomini in giacca e cravatta e sempre con il cellulare in mano. Dipinti come professionisti senza scrupoli, pronti a tutto per spuntare l'ingaggio più alto possibile per il proprio assistito. Perché ogni agente percepisce una cifra che spesso arriva fino al 10 per cento dello stipendio lordo del calciatore seguito.
Gli agenti italiani iscritti all'albo della Fifa sono oltre 900, ma quelli che contano davvero sono solo una decina. Una piccola casta che si spartisce una torta da 58 milioni di euro. L'uomo del momento è appunto Raiola, ma sono molto potenti anche Beppe Bozzo (quello di Antonio Cassano), Andrea D'Amico (agente tra gli altri di Gattuso e Caracciolo), Federico Pastorello (che ha De Sanctis e Giuseppe Rossi), Claudio Pasqualin (procuratore di Giovinco).
Secondo i dati del Centro nazionale di studi sullo sport di Neuchatel, i nostri agenti sono secondi per fatturato solo agli inglesi che nella stagione 2010-2011 hanno messo insieme complessivamente 86 milioni di euro.
Quello delle procure è però un mondo in cui emergere è impresa quasi disperata, se è vero che solo 83 agenti (su 5800) seguono la metà dei calciatori che giocano in Europa.
«In Italia, se vuoi fare questo lavoro devi cominciare a collaborare con procuratori più conosciuti, ma io non avevo alcuna voglia di fare il galoppino di certi personaggi. Così sono andato a lavorare in Danimarca, poi in Svezia. Dopo sono venute anche Romania e Ungheria e da pochi mesi anche la Croazia», dice Simone, che ora segue alcune giovani promesse di questi paesi. Li scopre sui campi di provincia, li segue cercando di farli salire di categoria, fino all'equivalente della nostra serie A: «Un mestiere bellissimo», dice.
Ma anche pieno di
trucchi e di scorrettezze, aggiunge. Una delle più comuni è
la procura 'a strascico'. L'agente sceglie dieci, quindici giovani calciatori e convince le famiglie - staccando assegni da 10 o 15 mila euro - ad affidargli la procura. Per uno che ha successo e diventa un buon calciatore, ce ne sono altri nove che non sfondano. E che vengono abbandonati strada facendo, semplicemente perché non convengono più.
Una pratica che ha successo soprattutto nei paesi meno ricchi, dove molte famiglie non possono dire di no a una busta piena di contanti. «Se il calciatore non si rivela un talento, può succedere che il procuratore non risponda più al telefono, o che pianti in asso il giocatore in aeroporto una volta ricevuti i soldi dalla società. A un mio assistito è successo qualche anno fa: arrivato a destinazione non ha trovato il suo agente ad aspettarlo. Lui è ungherese e non conosceva una parola di italiano. Quando lo portai in prova in un club italiano, si stupiva che rimanessi lì con lui tutti i giorni».
Il paradosso è che spesso si tratta di accordi puramente verbali. Perché prima dei 18 anni la procura può durare al massimo120 giorni: se entro questo periodo l'agente non ha trovato una squadra al suo assistito, il rapporto si interrompe», spiega Simone. Poi ci sono i calciatori 'ostaggio' del loro agente: «Alcuni procuratori chiedono alla società una cifra extra per chiudere l'accordo. Soldi che finiscono dritti nelle loro tasche. Succede a tutti i livelli. Se la società rifiuta di pagare questa cifra, l'affare non si chiude. E il calciatore perde un'occasione per la sua carriera». Quello delle 'commissioni' è un fenomeno molto comune soprattutto nel mercato dei parametri zero, cioè i giocatori che si trasferiscono a contratto scaduto. Chi compra non sborsa un euro per il cartellino, ed è su questo che fa leva l'agente.
C'è anche chi truffa sui compensi. Volendo, infatti, le società possono pagare gli agenti al posto dei calciatori. Queste cifre, però, devono essere scalate dall'ingaggio degli atleti. Non possono essere un'uscita in più del bilancio societario.
Un'inchiesta della procura di Piacenza ha indagato 21 agenti italiani (molti famosi come Tullio Tinti, Alessandro Moggi e lo stesso Pasqualin) per un'evasione fiscale da centinaia di migliaia di euro. Perché mentre la società apriva il portafoglio gli agenti - secondo l'ipotesi della procura - emettevano fatture per prestazioni inesistenti.
Ma qualche favola bella c'è ancora. Stefano Napoleoni, 26 anni, è il centravanti del Levadiakos, prima divisione greca. Scoperto da Zibì Boniek, ex campione di Roma e Juventus degli anni Ottanta, Napoleoni ha giocato tre anni in Polonia nel Widzew Lodz. Poi la Grecia, dove in due stagioni ha segnato 16 reti. Adesso è nel mirino dell'Olympiacos, pluri-titolato club del Pireo. Due anni fa Napoleoni ha lasciato il suo ex procuratore Dario Canovi, uno dei più famosi in Italia, per affidarsi a Riccardo Albanesi, suo amico ed ex compagno di squadra nel Tor di Quinto. «Insieme abbiamo vinto lo scudetto juniores, quando giocavo», racconta Albanesi, 25 anni, «poi io ho intrapreso la carriera di procuratore cominciando nello studio Canovi, dove portai 'in dote' anche Stefano». Quindi il grande salto: Albanesi decide di mettersi in proprio insieme al collega-amico Valerio Curti Gialdino. Napoleoni lo segue, accettando il rischio di lasciare un agente importante. Oggi è un attaccante molto ambito sul calciomercato e anche qualche club italiano ci sta facendo un pensiero.
Lavorare in proprio per un giovane procuratore però è dura, in Italia. «I dirigenti delle grandi squadre non ci ascoltano», spiegano Albanesi e Curti Gialdino: «Se abbiamo un giocatore da proporre a un top club, dobbiamo farci presentare da qualche nostro collega più famoso». Un'intermediazione dell'intermediazione, insomma. Nelle serie minori inoltre di denaro ne circola poco: «In alcuni casi le società pagano con molti mesi di ritardo, se non anni. Per chi ha un giro d'affari di poche migliaia di euro, come noi, questi sono guai. Se la società fallisce, poi, quei soldi possiamo scordarceli definitivamente».
A volte, nei campionati minori, alcuni trasferimenti sono addirittura a guadagno zero: la cifra che spetterebbe loro sarebbe di poche centinaia di euro e gli agenti non se la sentono di andare a chiederli al giocatore: «Crediamo nei ragazzi che seguiamo: siamo certi che nei prossimi anni andremo a trattare ingaggi più alti e così magari i guadagni arriveranno», spiegano.
Raiola è molto lontano.