Cultura
agosto, 2012

Addio YouPorn, c'è Make Love

Un nuovo sito promette di terremotare il mercato a luci rosse sul Web. Funziona così: chi spedisce il proprio video incassa metà dei proventi, purché sia davvero amatoriale. E per vedere i filmati si paga un abbonamento

«Non ho niente contro il porno on line, anzi, ne sono io stessa una regolare consumatrice», dice. Eppure Cindy Gallop, cinquantaduenne ex pubblicitaria britannica si appresta a lanciare un sito che, se avesse successo, minerebbe alle fondamenta il modello di business di siti a luci rosse come il celebre YouPorn.

Il nome - MakeLoveNotPorn.tv - è già tutto un programma. Rispecchia la crociata della fondatrice per restituire al sesso divulgato via Internet «la naturalezza e spontaneità» impossibile da trovare nei video che girano on line, che di amatoriale hanno spesso solo il nome. Girati da professionisti che si fingono dilettanti, propongono speso un'estetica stereotipata, in cui la donna appare di solito sottomessa anziché parte gioiosamente attiva dell'amplesso, cosa che a una "femminista rampante" come si definisce la Gallop, non può certo andare a genio.

I filmati che verranno pubblicati su MakeLoveNotPorn.tv (http://talkabout.makelovenotporn.tv/post/29383253943/helloworld), per ora accessibile solo su invito, dovranno perciò essere veramente amatoriali e quindi superare una selezione a cura di Gallop e dei suoi collaboratori. Non solo: al contrario di quanto avviene comunemente, né l'invio del video, né la sua visualizzazione saranno a costo zero. È prevista una quota di cinque dollari per la partecipazione alla prima scrematura, e la stessa somma dovrà essere sborsata dai cyber voyeur per guardarsi il filmato per tre settimane.

Il ricavato del noleggio (al netto di una piccola commissione) verrà diviso a metà fra gli autori della clip (che quindi rientreranno abbondantemente della spesa iniziale, e sono così invogliati a spedire le loro performance) e ovviamente lo staff del sito: un meccanismo simile a quello delle app per iPad.

L'efficacia di un simile modello di business è ovviamente da dimostrare: come sanno i discografici, è difficile proporre un prodotto a pagamento quando se ne trovano gratis in abbondanza con una semplice ricerca su Internet. Ma il porno è un mondo a sé e comunque Gallop non è una che si scoraggia facilmente.

Lo si è visto quando ha dovuto lottare per reperire i fondi per il sito, nato come uno spin off del forum di discussione MakeLoveNotPorn.com: sono pochi gli investitori disposti a mettere il proprio nome su questo tipo di progetto e anche una volta raccolto mezzo milione di dollari da un "business angel", ci sono voluti due mesi per aprire un conto corrente. Motivo: le banche non accettavano un cliente con la dicitura "porn" nel nome.

Come se non bastasse, le carte di credito americane addebitano commissioni più alte ai siti "hot" per cui è stato necessario far ricorso ad operatori europei. E nemmeno PayPal è utilizzabile dai siti per adulti per cui, per gestire le transazioni, si è affidata al concorrente Dwolla.

Tutte difficoltà che non devono averla sorpresa più di tanto poiché, a ben vedere, confermano quanto da lei affermato più volte in pubblico: viviamo in una società puritana, dai doppi standard, «dove c'è chi crede che un programma di astinenza per teenager possa davvero funzionare». Per Gallop invece il sesso è gioia, non imbarazzo e neppure semplice ginnastica professionale: e tramite il nuovo sito vorrebbe convincerne anche i più refrattari.

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