Prendono in affitto centinaia di ettari di alpeggi d'alta quota, in modo da aumentare la superficie utilizzata dalle proprie aziende. Così decine di agricoltori riscuotono senza diritto i premi concessi da Bruxelles. Un sistema che ci costa milioni ed è quasi impossibile da combattere

La truffa dei pascoli fantasma

I pascoli che hanno preso in affitto, in molti casi, non li hanno neppure mai visti. I soldi europei, invece, quelli sì. Una truffa vera e propria, ai danni della Ue e del suo sistema di aiuti pubblici all'agricoltura. Truffa a volte legalizzata, con manovre speculative che si giocano sul filo delle norme, ma non sempre: i Nuclei Antifrodi Carabinieri (Nac) starebbero indagando su alcune società lombarde, ma la questione finirà presto anche davanti alla Corte dei conti europea, che potrebbe chiedere a svariate aziende italiane la restituzione di ingenti somme, indebitamente incassate.

Li hanno ribattezzati "pascoli di carta": il sistema è semplice e complicato al tempo stesso. Sintetizzando, lo si potrebbe riassumere così: agricoltori di pianura, perlopiù veneti e lombardi, prendono in affitto centinaia di ettari di alpeggi d'alta quota (Trentino-Alto Adige, Piemonte, Lombardia, ma anche Abruzzo) per aumentare virtualmente la superficie agricola utilizzata dalle proprie aziende e riscuotere i premi riconosciuti da Bruxelles nell'ambito della Pac, la politica agricola comunitaria. Il fenomeno delle frodi nel settore agro-alimentare è tutt'altro che nuovo, ma il filone dei "pascoli di carta" sta assumendo dimensioni sempre più estese, provocando la rabbia degli agricoltori onesti (a giugno, per dire, si è costituita la Adialpi, Associazione difesa alpeggi Piemonte) e attirando l'attenzione della magistratura.

L'ultima denuncia in ordine di tempo viene dall'Alto Adige: dalla Val d'Ultimo all'Alta Val d'Isarco, un fiume di denaro si riversa sui contadini sudtirolesi, ben disposti ad affittare i loro terreni ai "colleghi" padani, potendo tranquillamente continuare a utilizzarli per i propri alpeggi. Agli agricoltori d'alta montagna, l'Unione europea riconosce contributi compensativi, anche come misura anti-spopolamento. Ma non tutti i "Bauer" sudtirolesi ne usufruiscono. Quei contadini che non accedono ai premi Ue possono così tranquillamente affittare ad altri. Ovvero, ad aziende agricole che possono richiedere altre forme di aiuti pubblici europei, i vecchi premi di produzione che il commissario all'agricoltura Franz Fischler modificò radicalmente, sganciandoli appunto dalla produzione per legarli invece alla superficie agricola lavorata.

Nel 2005 si stabilì che l'ammontare dei premi pagati annualmente a questi agricoltori sarebbe stato desunto da una sorta di "media ponderata" scaturita dall'analisi del triennio 2001-2003. In parole semplici: tot occupi, tot guadagni. In questo modo, l'ettaraggio (ovvero l'insieme delle superfici usate per l'attività zootecnica) è diventato l'elemento decisivo per riscuotere i contributi, teoricamente condizionati anche all'effettiva lavorazione dei terreni. Da qui, dal "premio unico storicizzato", nascono i "pascoli di carta". Con la necessità di gonfiare gli ettari effettivamente utilizzati per riscuotere i premi.

"Abbiamo avvisato il ministero ancora due anni fa e loro erano già a conoscenza del fenomeno", spiega l'assessore altoatesino all'agricoltura Hans Berger. Il suo collega di partito Herbert Dorfmann, eurodeputato della Volkspartei, parla apertamente di una "porcata" ma l'Avvocatura della Provincia di Bolzano ha chiarito di non avere strumenti per intervenire. "Io non so se sia davvero tutto legale, ma questa maniera di intascare fondi pubblici è a dir poco scandalosa: per questo sto per presentare un esposto alla Corte dei conti europea" rivela all'Espresso Pius Leitner, leader del partito dei liberalnazionali sudtirolesi.

Poco più in là, nel Trentino, il fenomeno dei pascoli di carta lo conoscono da tempo. L'anno scorso, un'intera famiglia di allevatori venne assolta in appello dopo le dure condanne subìte in primo grado. L'accusa: truffa ai danni della UE per svariati milioni di euro, incassati proprio con questo sistema. Il rovesciamento della sentenza a favore degli imputati era avvenuto grazie a una serie di "nuove" testimonianze, secondo cui le bestie erano state effettivamente portate al pascolo. Molti degli alpeggi utilizzati per... mungere la vacca europea sono di proprietà dei Comuni d'alta montagna: il vero anello debole sono loro, visto che ben volentieri rinunciano agli "usi civici" - cui sarebbero legati i terreni a beneficio teorico di tutta la comunità - per incassare gli affitti delle malghe.

Un sistema apparentemente perfetto, dove tutti guadagnano qualcosa: tanto, a pagare è Pantalone, in questo caso da Bruxelles. Viene da dire: qualche controllo in più consentirebbe di smascherare il giochetto: vero solo in parte, per via di un escamotage arcinoto nel mondo zootecnico, e che soprattutto in Abruzzo ha provocato aspre polemiche: i finti affittuari concedono il diritto di pascolo ai pastori locali. Spesso a titolo gratuito, in qualche caso, addirittura pagandoli. I loro animali in alpeggio, e quell'erba brucata, sono la prova provata - ma artefatta - che quei pascoli sono stati utilizzati e che, quindi, i premi Ue sono sacrosanti.

Per il solo Comune di San Benedetto in Perillis, la Ue ha concesso - tramite l'Agea, ente pagatore - contributi per 210 mila euro su 530 ettari di alpeggi "sospetti". E in Lombardia, solo sette dei sessanta pastori transumanti risultano avere contratti regolari: gli altri pascolano gratis, involontari complici delle aziende che poi incassano le laute prebende Ue. Non solo: le aziende agricole o zootecniche che fanno incetta di ettari, anche quelle che agiscono nella piena legalità, vincono le aste dei Comuni offrendo cifre che nessun pastore potrebbe offrire: "Arrivano da fuori" racconta Danilo Merz, direttore della Coldiretti di Trento "e giocano al rialzo, quasi sempre, mettendo fuori gioco gli allevatori del posto e sfruttando la fame di soldi dei Comuni proprietari di questi terreni".

Manovre spericolate che creano molti malumori: "Dopo decenni di aggiudicazioni dei pascoli, ci si può ritrovare all'improvviso senza più terreni per le greggi. Restano le briciole, mentre queste aziende si prendono il grosso dei contributi Ue" conferma Emilio Pastore, presidente dell'Associazione transumanti del Triveneto. E poi c'è Marzia Verona, piemontese, nota blogger del mondo della pastorizia, che parla apertamente di "lupi a due gambe che si sono avventati non sulle greggi e sulle mandrie, ma sui territori delle montagne"; individui che "si aggirano per le vallate con l’intenzione di accaparrarsi quanti più ettari possibili di territori d’alpe, per beneficiare di contributi comunitari pensati per tutt’altra destinazione".

Che il fenomeno sia in crescita lo dice anche l'ultima relazione della Corte dei conti che, sulla scorta dei report del Comando politiche agricole e alimentari dei carabinieri, ha rilevato un'impennata dei finanziamenti illecitamente percepiti, passati dai 7,9 milioni del 2009 ai 17,7 milioni del 2010. Operazioni inesistenti, ma soprattutto "falsa attestazione di conduzione di superfici agricole".

Pascoli di carta, appunto.

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