Sono già 700 in tutta Italia i negozi dove si vendono gli 'inalatori di vapore' che sostituiscono le sigarette. E ora nel settore si vogliono buttare anche i big del tabacco
Una risposta definitiva sui suoi effetti per la salute non è ancora stata data. L'Istituto superiore di Sanità, sollecitato dal ministro Renato Balduzzi, ha ribadito che non è dimostrata l'efficacia della sigaretta elettronica come metodo per smettere di fumare, sottolineando che, se viene usata con la nicotina, «non si può affermare che sia del tutto innocua». Mentre i rivenditori affermano: il fatto che non venga prodotta una combustione e «che non siano presenti sostanze cancerogene permette comunque di ridurre alla base l'effetto nocivo della sigaretta tradizionale».
È sufficiente passeggiare per le strade delle città italiane per accorgersi che il fenomeno è in pieno boom. Tanto che presto sarà ora di aggiornare i dizionari e aggiungere la voce del verbo "svapare". Ovvero inspirare ed espirare vapore, al posto del fumo. È il neologismo che sempre più italiani stanno sostituendo al rituale della bionda di tabacco. A spingere l'impennata delle vendite di sigarette elettroniche, dapprima circoscritte alle farmacie e agli shop online, da un paio di anni ci stanno pensando i negozi specializzati. Che spuntano un po' dappertutto e dal Nord-Ovest invadono l'intera Penisola. Dati ufficiali non sono disponibili, perché un codice di attività specifico non è ancora stato introdotto nella classificazione Istat. Ma secondo le stime della Oakplus Ltd, il principale importatore europeo di sigarette elettroniche, oggi sono quasi 700 i punti vendita che offrono tutto il necessario per gli amanti della e-sigaretta, più 40 per cento solo negli ultimi due mesi. L'andamento è confermato anche dalle attività commerciali iscritte al portale
Svapo.it, uno dei principali riferimenti del settore sul Web. «Sono in forte crescita, ogni giorno ricevo quattro o cinque nuove richieste di iscrizione», aggiunge Filippo Tinnirello, webmaster del sito.
Tutto ha avuto inizio nel capoluogo piemontese, come racconta Filippo Riccio, uno dei fondatori della Smooke. «Il nostro primo negozio è nato a Torino a ottobre del 2010, il primo shop fisico di sigarette elettroniche in tutta Europa. L'idea è stata quella di investire sin dall'inizio sulla qualità, creando un punto in cui le persone potessero essere informate e scegliere direttamente il prodotto più adatto alle loro esigenze. E si sta rivelando vincente: presto supereremo i 170 negozi in franchising in tutta Italia e stiamo aprendo anche in Gran Bretagna, Francia, Spagna e Slovenia». Quello della Smooke è tra i casi più eclatanti di questa nuova svapo-mania. L'azienda, fondata con un mutuo di 70 mila euro da tre ex agenti immobiliari (tutti under 35), oggi conta 54 dipendenti e prevede di chiudere il 2012 con un fatturato di oltre sei milioni di euro.
Un mercato in grande fermento, quello italiano, che, stando alle proiezioni di Oakplus, nell'ultimo anno ha generato un giro d'affari di oltre 80 milioni di euro. E che sempre più operatori si stanno contendendo. Dai marchi storici, come l'italiana T-Fumo, venduta in farmacia, a quelli più recenti: Nebula, Io fumo, Ekomsmoke, Puff, Duenote e la nuovissima Sikar. Una battaglia combattuta anche a colpi di ribassi: negli ultimi mesi, infatti, il prezzo delle bionde digitali è sceso di quasi il 30 per cento e oggi è possibile acquistare un kit per e-fumatori principianti a poco più di 30 euro.
«La sigaretta elettronica per ora è considerata dalla legge alla stregua di un normale apparecchio tecnologico e non le viene applicata alcuna accisa», tiene a precisare Riccio di Smooke, «ma siamo noi stessi a chiedere che venga introdotta una regolamentazione specifica. Solo in questo modo infatti possiamo rendere il nostro mercato il più trasparente possibile e garantire tranquillità alle persone». Quando, a inizio dicembre, la commissione Industria del Senato ha provato a introdurre un emendamento (poi subito ritirato) al decreto sviluppo per equiparare le sigarette elettroniche alle classiche bionde, gli imprenditori non hanno tardato a farsi sentire.
«Il commercio, la comunicazione e la diffusione delle sigarette elettroniche vanno regolamentati con il contributo di chi questo settore lo ha creato e sviluppato», dice Riccardo Ascione, alla guida del gruppo Ovale Europe, che, con circa 300 negozi su strada, dà lavoro a più di mille persone: «Se fosse passato l'emendamento, sarebbe stato un colpo mortale a un settore che in pochi anni ha creato, solo in Italia, migliaia di posti di lavoro e che è tra i pochi in crescita. Per questo motivo abbiamo chiesto l'istituzione di un tavolo di concertazione per la regolamentazione del prodotto».
Anche i grandi signori del tabacco guardano, non senza timori, all'andamento del fenomeno svapo. Negli Stati Uniti, infatti, fioccano le cause su brevetti e licenze e le principali compagnie, secondo indiscrezioni, sarebbero già in possesso di modelli di sigaretta elettronica anche molto avanzati. Che esiterebbero però a mettere in commercio per non favorire il trend a scapito della bionda tradizionale. Il 90 per cento delle e-sigarette arriva oggi in Italia dal sud della Cina, in particolare dalla provincia di Guangdong, dove hanno sede un centinaio di aziende manifatturiere specializzate. Il 95 per cento dei liquidi e degli aromi in commercio sono invece completamente made in Italy.
Nel resto d'Europa e negli Stati Uniti (dove si concentra il 70 per cento del mercato mondiale) i modelli che vanno per la maggiore sono quelli con il filtro o l'intera sigaretta "usa e getta". In Italia invece la tipologia più diffusa è quella con la ricarica del liquido aromatizzato.
Nel frattempo, c'è già chi sull'onda della sigaretta elettronica ha digitalizzato anche il consumo "ricreativo" di altri tipi di sostanze, realizzando i primi e-joint ed e-cilum. La moda arriva dagli Stati Uniti, dal Colorado per l'esattezza. Il primo Stato, oltre a quello di Washington, ad aver legalizzato l'uso della marijuana non solo per scopi terapeutici. Attraverso negozi online neanche troppo nascosti (pochi italiani, in maggioranza americani, inglesi e tedeschi) è possibile acquistare vaporizer e inalatori di ogni genere. Quelli di ultima generazione hanno dimensioni più contenute e consentono di controllare e regolare la temperatura del vapore. Tutti possono essere usati non solo con i liquidi, ma anche con l'erba appositamente triturata. A scoraggiare dall'acquisto ci pensa però il costo: per uno con prestazioni soddisfacenti è necessario spendere tra gli 80 e i 200 euro.