«Ho sempre puntato all’eccellenza. Ma questo mi ha portato a stare male. Soffrivo di anoressia e un giorno mi sono svegliata con la faccia piena di macchie rosse. I periodi in cui stavo fisicamente peggio erano quelli in cui performavo meglio: più digiunavo, più mi ammazzavo di palestra, più lavoravo come una matta e ottenevo risultati. Lavoravo 12 o 14 ore al giorno, con i sensi di colpa se smettevo prima». Così racconta Claudia, 28 anni, dottoranda in una delle università più prestigiose al mondo. Che dopo anni di sofferenza sia fisica sia emotiva, trascorsi puntando a costruirsi una posizione lavorativa di prestigio - «immaginavo di lavorare per le Nazioni Unite o a Harvard», spiega – ha deciso di ribaltare la sua vita, sottrarsi dalle pressioni di genitori, familiari, amici, della città in cui è cresciuta, per dedicarsi allo yoga.
«Lo scorso ottobre sono stata selezionata per fare ricerca in una delle più conosciute università del mondo, in Inghilterra. Credevo di aver raggiunto il mio obiettivo invece è stato il periodo più brutto della vita: la mattina non volevo alzarmi dal letto, non vedevo l’ora arrivasse la sera per tornare a dormire e porre fine a quelle giornate terrificanti. Mi sentivo senza obiettivi, senza uno scopo. Avevo finito anche la forza d’inerzia che mi aveva fatto andare avanti fino a quel momento. Un sabato mi sono svegliata piena di macchie rosse in faccia. Mi sono spaventata, dopo ho capito che fosse psoriasi nervosa. Mi è servito per realizzare che non potevo più proseguire in quel modo. Mi sono fatta coraggio e ho detto alla mia famiglia che avrei lasciato la ricerca per insegnare yoga».
Così Claudia spiega che non è stato facile far comprendere a chi aveva accanto di essere sempre la stessa persona. Che il suo valore non dipende dalla pozione lavorativa: «Dottoranda o insegnate di yoga, sono sempre io. Sono stata schiava di un sistema che considera eccellente chi lavora 15 ore al giorno. Chi non dorme la notte pur di tagliare traguardi. Che ti fa sentire in colpa se prendi una pausa. Sono stata questo per tutta la vita: infelice per realizzare sogni che non erano miei ma determinati dal contesto in cui sono cresciuta. Adesso che ho capito cosa voglio sto bene».
L’esperienza di Claudia è simile a quella di tanti altri giovani che, da quando c’è stata la pandemia, hanno deciso di rinunciare al posto fisso: dal 2020 il numero di under 40 che si sono licenziati è aumentato del 26 percento. Nel 2022 in Italia i lavoratori che hanno dato le dimissioni sono stati quasi 2 milioni e 200 mila. Non solo giovani ma per la maggior parte. E sebbene non siano ancora chiare le ragioni alla base del fenomeno, molti sociologi ipotizzano che si tratti di persone alla ricerca di un migliore equilibrio tra vita lavorativa e privata. Anche Claudia racconta di aver conosciuto molti coetanei che hanno deciso di uscire da un sistema lavorativo da cui si sentivano schiacciati: «Nella maggior parte dei casi con buone posizioni lavorative e ottimi stipendi, però insoddisfatti».
Come dimostra un’indagine condotta dall’osservatorio Wellfare, una piattaforma di ascolto diretto con le giovani generazioni creata dal Consiglio Nazionale dei Giovani, i lavoratori under 35 che provano malessere sul lavoro sono parecchi: ansia, stress e nervosissimo condizionano pesantemente le loro vite.
In sei su dieci dicono di aver sofferto di disagi fisici o emotivi sul lavoro nei dodici mesi appena trascorsi. Dovuti principalmente alla sindrome da burnout o alla pressione associata al carico di richieste di lavoro sui dispositivi mobili personali. Il 20 per cento dichiara di aver attraversato momenti di esaurimento emotivo da stress nell’ultimo anno. «La paura del giudizio, le aspettative, l’incertezza per il futuro, il senso di inadeguatezza sono tra le principali ragioni del malessere», spiega Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani: «La società dei record straordinari raccontati come ordinari crea una pericolosa distopia tra il reale e il percepito, che può portare a conseguenze anche per la salute mentale».