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Cultura
gennaio, 2013

Voglio una vita vintage

Dalla serie tv "Downton Abbey" ai kolossal di Hollywood il passato non è mai stato così presente. La nostalgia contagia tutto e le lancette della storia tornano al periodo tra metà Ottocento e Grande guerra. Perché?

Sembra quasi di vederla, la Hispano Suiza di Rodolfo Valentino parcheggiata davanti all'ingresso dell'Hotel Negresco, sul lungomare di Nizza. Le dame a passeggio sulla Promenade des Anglais, il mare color turchese, la facciata bianca dell'albergo simbolo della Belle Époque. Il grande attore incontra uno studente incantato davanti alla sua auto da corsa e lo invita a salire a bordo. «Accomodati, fai come se fossi tu il re. Puoi chiedere allo chauffeur di portarti dove vuoi», gli dice. L'albergo era stato inaugurato pochi anni prima, l'8 gennaio 1913, e adesso, a distanza di un secolo, il mito rivive insieme agli ospiti illustri, da Winston Churchill a Michael Jackson, dalla famiglia Vanderbilt a Gary Cooper. Intanto, negli Stati Uniti si festeggia il centesimo compleanno della Grand Central Station di New York. La stazione ferroviaria più grande al mondo, immortalata in "Intrigo internazionale" di Alfred Hitchcock, "Carlito's Way" di Brian De Palma e altri film. Un monumento al capitalismo americano realizzato dagli industriali Vanderbilt, gli stessi che trascorrevano le vacanze proprio nello sfarzoso hotel di Nizza.

HOLLYWOOD E IL SOGNO PERDUTO. Tutto si tiene, nella geometria variabile dei ricordi. La memoria è selettiva per definizione, sfronda i dettagli superflui, esalta certi contorni a seconda dello stato d'animo o della rappresentazione che si vuole mettere in scena. Ed è uno strumento formidabile in tempi di crisi: se il futuro fa paura, meglio fare un tuffo all'indietro, aggrapparsi alle radici o vagheggiare un'età dell'oro in cui regnavano felicità e spensieratezza. Riacciuffare il sogno perduto. Ecco perché il passato non è mai stato così presente. Un'epidemia vintage, che contagia la società, il cinema, la letteratura, la tv, la tecnologia, il cibo, l'arte, la moda, il mondo dei viaggi, contamina gli stili di vita. Non è la prima volta che accade, ma le lancette della storia sembrano ora tornare soprattutto al periodo compreso tra metà Ottocento e lo scoppio della Prima guerra mondiale.

Per ritrovare slancio e ritrovarsi, l'America fa i conti con schiavismo e razzismo con due kolossal: "Django Unchained" di Quentin Tarantino, il western che riprende il personaggio creato da Sergio Corbucci nel 1965, lo schiavo di colore Django (Jamie Foxx), che nel Sud del 1860 viene acquistato da un dentista-cacciatore di taglie tedesco, King Schultz (Christoph Waltz); e "Lincoln" di Steven Spielberg, 12 candidature agli Oscar, che mette al centro la battaglia del presidente americano (Daniel Day-Lewis) per ratificare il tredicesimo emendamento della Costituzione che nel 1865 aboliva la schiavitù. È appena uscito nelle sale "Les Misérables" (otto nomination) di Tom Hooper, adattamento cinematografico del musical ispirato al celebre romanzo di Victor Hugo, a cui seguirà (dal 21 febbraio) "Anna Karenina" con Keira Knightley e Jude Law, di Joe Wright, tratto dall'omonimo romanzo di Tolstoj. Giusto il tempo di riprendere fiato, e a maggio si ricomincia con "Il grande Gatsby" diretto da Baz Luhrmann, basato sul classico di Francis Scott Fitzgerald, con un cast stellare: Leonardo DiCaprio, Carey Mulligan e Tobey Maguire.«Nel mondo del cinema il ritorno al passato è un fenomeno ciclico, che si verifica quando il presente è opaco e difficilmente decifrabile. E non riguarda soltanto Hollywood», spiega Gianni Canova, docente di Storia del cinema all'università Iulm di Milano: «Un esempio? Il cinema italiano, che negli anni Sessanta è concentrato sul presente, nel decennio successivo si volta indietro. Escono pellicole come "Una giornata particolare" e "C'eravamo tanto amati" di Ettore Scola. Oggi Hollywood attraversa una profonda crisi creativa e allora attinge alle grandi storie della tradizione tardo-ottocentesca e dei primi del Novecento, ai romanzi di Alexandre Dumas e Victor Hugo, che prendono la pancia e la testa, fanno palpitare. Non siamo più capaci di immaginare simili trame, ad eccezione della narrativa di genere alla Ken Follett. Stavolta, però, il ritorno al passato assume una dimensione epocale, senza precedenti».

SAUDADE ALL'ITALIANA. A confermare questa tendenza, in Italia, è anche l'ultimo Rapporto Censis: la parola chiave è "restance", "restanza" in italiano, un'espressione del filosofo francese Jacques Derrida che deriva da "résistance", resistenza, e descrive come sentimento diffuso per effetto della crisi, non necessariamente negativo: «La restanza del passato, sfruttando al massimo tutte le più nascoste ma solide componenti del modello pluridecennale che ha fatto l'Italia di ieri e di oggi; lo scheletro contadino del modo di pensare e vivere con sobrietà e pazienza; la funzione suppletiva delle famiglie rispetto ai buchi della copertura del welfare pubblico». Tutti elementi, sottolinea il rapporto, che spingono a guardare indietro.

NOSTALGIA SPA . Le aziende, a corto di soldi, cavalcano lo spirito dei tempi. E mettono a punto tecniche di marketing basate sul recupero della memoria, per ridurre i rischi. L'industria della nostalgia, infatti, in alcuni casi ha costi inferiori rispetto alle altre. «Per inventare un nuovo prodotto servono intelligenza e investimenti: su 100 prodotti nuovi, solo tre o quattro sopravvivono dopo due o tre anni. Gli altri muoiono, e nel frattempo sono costati una montagna di denaro. Ecco perché è più semplice ed economico saccheggiare il passato», sintetizza Carlo Meo, docente al Poli.design-Politecnico di Milano e autore di "Vintage marketing" (Il Sole 24 Ore Libri). L'esperto porta diversi esempi, dalle auto - la nuova Cinquecento, il Maggiolino - al cibo, con il nuovo paradigma di Eataly, che esalta i prodotti di una certa artigianalità italiana dal profumo d'altri tempi, come ad esempio le bibite - Spuma, Chinotto e Gazzosa - un tempo considerate popolari che adesso tornano in auge rivolgendosi a un pubblico del tutto diverso e a un prezzo sensibilmente più alto. «Il vintage marketing si basa sulla cultura del remix, che consiste nel prendere qualcosa di buono del passato, fonderlo con il meglio del presente per avere come risultato qualcosa di superiore: 1+1=3. Il risultato non è uguale al punto di partenza ma qualcosa di diverso, dove però è possibile rinoscere l'elemento iniziale», conlude Meo.

LA FAVOLA DI DOWNTON ABBEY. Una regola elementare, che vale per i prodotti semplici ma anche per le opere complesse come "Downton Abbey", lo sceneggiato pluripremiato di ITV, la stessa società che ha prodotto anche "Mr Selfridge", nuova serie incentrata sulla storia dell'imprenditore americano che nel 1909 fondò e diede il nome ai grandi magazzini in Oxford Street, a Londra. "Downton Abbey", trasmesso in decine di paesi e in Italia da Retequattro, è un affresco avvincente della aristocrazia nell'Inghilterra dell'età edoardiana dei primi del Novecento, ambientato nel castello di Highclere, nello Yorkshire. Dopo tre stagioni di enorme successo - in Italia la terza andrà in onda nei prossimi mesi - la saga della famiglia Crawley e della servitù, ispirata in parte al romanzo "Ai piani bassi" di Margaret Powell (Einaudi Stile libero, traduzione di Carla Palmieri e Anna Maria Martini), tiene ancora incollate allo schermo decine di milioni di persone. «Sebbene sia ambientato nel passato, "Downton Abbey" ha una struttura moderna. Questa, secondo me, è una delle ragioni del suo successo. A differenza degli sceneggiati di una volta, la trama è fatta di tante storie che si sviluppano in parallelo e lo spettatore deve mantenere sempre alta l'attenzione», ha spiegato lo sceneggiatore Julian Fellowes. I fan della soap british si appassionano a scoprire i dietro le quinte della serie tv nel libro "Il mondo di Downton Abbey" (Rizzoli) e si spingono fino al castello in stile vittoriano di Highclere, residenza di campagna dei conti di Carnavon dal 1679, aperto al pubblico durante le vacanze di Pasqua e in estate.

SULLE ORME DI BLOOMSBURY . Sì, perché anche chi viaggia è sensibile alle sirene della nostalgia. In Italia, ad esempio, esiste un circuito di dimore storiche di alto livello, creato da Residenze d'epoca (residenzedepoca.it), che comprende alcune decine di ville, tenute e castelli trasformate in hotel di charme e luoghi esclusivi per cerimonie ed eventi. Come Villa Cimbrone, a Ravello, che agli inizi del Novecento diventò il punto di incontro tra gli inglesi della Costiera amalfitana e gli artisti del circolo londinese di Bloomsbury. Nel corso degli anni, la villa è stata luogo di passioni e celebri avventure, come la fuga d'amore di Greta Garbo con Leopold Stokoswky. A Roma invece c'è Palazzo Brancaccio, costruito nel 1880 su progetto dell'architetto Gaetano Koch in un parco naturale, dove una volta la principessa Mary Elisabeth Field organizzava nei saloni sontuose feste da ballo, oggi adibito a cerimonie, eventi e gala dinner. E a Città della Pieve, vicino a Perugia, si può soggiornare nel relais Castelluccio Palusse, un tempo rifugio d'amore di Vittoria Guerrieri, figlia illegittima di Vittorio Emanuele II e la Bela Rosin.

IL RITORNO DELLA MANTELLA NERA. La nostalgia per i tempi andati alimenta anche l'industria della moda. Il fenomeno "Downton Abbey", ad esempio, sconfina nello stile: Dan Stevens, l'attore che nella serie interpreta l'erede Matthew Crawley, è stato premiato da "GQ" come l'uomo britannico meglio vestito dell'anno, sul set e fuori. Ma già nella sfilata Prada uomo autunno-inverno 2012 Willem Dafoe indossava i classici dell'abbigliamento ottocentesco, grandi revers e cappotti stretti, come fa notare Maria Luisa Frisa, direttore del corso di laurea in design della moda all'Università Iuav, a Venezia. «Le nuove collezioni Ferragamo, Dolce&Gabbana, Valentino e Gucci, così come l'ultima edizione di Pitti Uomo a Firenze, segnano il ritorno della mantella nera. È un indumento sia maschile che femminile che ci riporta all'Ottocento, fino agli anni '30 del Novecento. È il simbolo di un passato rassicurante, di un'eleganza perduta, così come i cappelli per uomo e donna, oggi tornati di grandissima attualità. La moda è l'unico sistema circolare, in cui il passato alimenta continuamente il presente».

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