Raffreddare e normalizzare il 25 aprile: così la destra al potere cerca di sorvegliare le idee e i corpi

Si dice che Michel Foucault consigliasse un celebre libro cinquecentesco di Alvise Cornaro, “Trattato de la vita sobria”: non un vademecum ministeriale, ma consigli per invecchiare bene, che però gli esponenti del governo attuale dovrebbero leggere non tanto per raggiungere una venerabile età individuale, ma per evitare di rilasciare dichiarazioni che sembrano firmate dai Monty Python. Ci siamo, infatti, lasciati da poco alle spalle l’invito del ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, a un 25 aprile sobrio causa lutto nazionale e, al di là della prevedibile (e giusta) polemica che ne è seguita, vale la pena di fare un paio di riflessioni.

 

La prima è ovvia e riguarda la corsa dei compiacenti: l’Archivio di Stato di Ancona ha annullato un convegno sulle donne partigiane, seguito da altri Archivi (Cosenza e Genova fra gli altri). La motivazione è risibile, dal momento che non si prevedeva l’allestimento nelle piazze di “Rocky Horror Picture Show”, ma convegni fatti da seri studiosi seduti dietro a un serissimo e sobrio tavolo su sedie sobriamente scomode. La decisione non fa ridere affatto, invece: perché ripropone la vecchia consuetudine a obbedire prima che venga l’ordine.

 

La seconda è più interessante ed è il motivo per cui viene chiamato in causa Foucault, che di sobrietà si è occupato più volte. Per esempio, in “Sorvegliare e punire” parlò di «sobrietà punitiva» a proposito della scomparsa del grande spettacolo della punizione fisica: dal castigo, diceva, si esclude l’esposizione della sofferenza come avveniva nelle esecuzioni capitali. E con il trasferimento del castigo nel carcere, diceva ancora, si costruisce la società della sorveglianza e del controllo dei corpi. Ora, non so se Musumeci legga Foucault, ma l’idea del controllo dei corpi non è affatto estranea a questa destra e a quelle che prendono potere in molta parte del mondo, e che, guarda caso, nei primi atti si occupano proprio di definire quali sono i corpi legittimi e di nascondere (vedi l’Ungheria) quelli che non sono ritenuti tali. Nonché di espellere e fermare o, appunto, incarcerare quelli che vengono da fuori, gli altri, i migranti.

 

Per una volta ho fatto anch’io due chiacchiere con ChatGpt, ma, invece di chiederle di rappresentarmi in stile Studio Ghibli, ho chiesto cosa direbbe Foucault se tenesse la sua lezione inaugurale al Collège de France, “L’ordine del discorso”, oggi invece che nel 1970. Avrebbe detto questo, dice l’Ia: «Quando un governo invita alla sobrietà il 25 aprile, sta producendo una forma sofisticata di censura simbolica. Non vieta la memoria, ma la raffredda. Non nega la Resistenza, ma la normalizza, la rende compatibile con l’ordine attuale, la svuota di ogni tensione. Così il 25 aprile, che una volta era un giorno di sovversione, può diventare un giorno neutro, gestito, addomesticato. E la sobrietà diventa una maschera: la maschera di uno Stato che vuole esercitare il potere senza doverlo più giustificare».

 

Ovviamente non saremo noi a mettere in bocca a Foucault parole che non ha detto: così, e per restituire una storia ai corpi nascosti, la cosa preziosa di oggi è “Tre isole” di William Atkins, tradotto da Luca Fusari per Iperborea. Racconta le vite di tre esiliati: Louise Michel, anarchica a capo della Comune di Parigi; Dinuzulu, figlio dell’ultimo re zulu riconosciuto dai coloni britannici; Lev Sternberg, antizarista ed etnografo. Il sentimento comune è uno: «Mi pare che una parte venga strappata via dal corpo». Lo scrive Ovidio, nume tutelare di questo libro. E nostro, probabilmente.

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