Riccardo Caniparoli è un geologo che da vent'anni si batte contro gli scavi della metropolitana ad Arco Mirelli. Adesso che un palazzo si è afflosciato dice: 'Fermate tutto'

Tragedia sfiorata ma tutt'altro che imprevedibile. Né morti né feriti, solo tanta paura per il crollo del palazzo alla Riviera di Chiaia, il civico 80 all'Arco Mirelli, Napoli. Sulle cause ancora non ci sono certezze. Tra le ipotesi più accreditate dai vigili del fuoco, un'infiltrazione  proveniente da una falda acquifera naturale. L'acqua avrebbe creato un vuoto sotto l'ala dell'edificio provocandone il cedimento. Un torrente sotterraneo fatto di acqua e fango sarebbe confluito in un ampio scavo a circa 25 metri dal sottosuolo realizzato nel cantiere della metropolitana di piazza della Repubblica. Non ha dubbi il geologo Riccardo Caniparoli che da vent'anni denuncia le conseguenze alle quali la città sarebbe andata incontro scavando in quella zona.

Dottor Caniparoli, un disastro annunciato?
«No, strannunciato. Detto, scritto, riscritto e filmato anche. Sul sito Internet dell'Assise di Palazzo Marigliano ci sono addirittura tre video risalenti a due anni fa in cui spiego cosa sarebbe successo con quei cantieri».

Per lei quindi qual è la causa?
«Senza dubbio i lavori della metropolitana. E' dagli anni Novanta che cerco di mettere in guardia gli enti locali sulle conseguenze di quegli scavi».

Non l'hanno mai incontrata?
«Solo una volta. Venne istituita una commissione consiliare in Comune sulle problematiche relative alla tratta Torretta - piazza Plebiscito della linea tranviaria rapida, così si chiamava allora l'attuale linea 6. Fui convocato, mi ricordo ancora la data era il 15 aprile del 1994. Esposi la mia relazione, rimase lettera morta. Dopo non si tennero più riunioni».

Cosa disse all'epoca sull'argomento?
«Le stesse identiche cose che dico ancora oggi. Ovvero che non si può assolutamente scavare in un'area come la Riviera di Chiaia perchè in quel punto si incontrano ben tre falde: una freatica collegata alle colline, una detta di intrusione marina ed una di acqua termominerale profonda. Il flusso costituito dall’acqua piovana discende dalle colline, penetra nel terreno e scorre fino al mare. Il secondo flusso è quello dell’acqua salata d’intrusione marina, che scorre, in direzione contraria, al di sotto del flusso d’acqua dolce. E il terzo delle acque di Napoli, cioè quello delle acque artesiane, che salgono dal basso con forte pressione».

Cosa succede se si scava?
«Si sfondano i terreni impermeabili e si rompe l'equilibrio idrogeologico. Grazie al quale l’acqua dolce arriva anche in prossimità della Villa Comunale di Napoli consentendo alle radici di alberi e piante di abbeverarsi. Il tratto già realizzato della linea 6 ha permesso  all’acqua salata di penetrare nella costa: la conseguenza è che gli alberi secolari della Villa, che avevano radici molto profonde, si sono trovati a 'bere' improvvisamente acqua salata e sono morti. Inoltre, cementificando la zona circostante le gallerie, si rendono impermeabili i terreni, contribuendo ulteriormente al sollevamento della falda, che a questo punto talvolta 'rigurgita' dal suolo. Ma non finisce qui: i lavori per il tunnel posto a 37 metri sotto il livello del mare hanno intaccato anche le acque artesiane. In diversi punti della via riviera di Chiaia dal sottosuolo risale l’acqua suffregna, ricca di anidride carbonica e carbonato di ferro e con una temperatura di 20°C, una fonte preziosa per le sue proprietà termominerali, che viene tranquillamente scaricata in fogna o a mare nonostante la legge lo vieti esplicitamente. Accanto a quel palazzo crollato c'era anche una vasca apposita per raccogliere l'acqua».

Quindi lei non addebita il crollo alla piscina costruita sul tetto dell'edificio o al traffico confluito su un'unica arteria per la chiusura del lungomare?
«L'impattto del traffico è minimo, la piscina non c'entra affatto: infatti il crollo è avvenuto dal basso e non dall'alto».

In seguito alle sue denunce già c'erano stati dei segnali?
«Gli alberi morti in Villa, gli allagamenti dei negozi e degli scantinati della Riviera di Chiaia e le crepe nei palazzi erano tutte prove della mia tesi ovvero che i lavori hanno interrotto il flusso delle acque sotterranee che dalle colline si scaricano in mare».

Perché nessuno le ha dato ascolto, secondo lei?
«Perchè gli interessi economici sono grandi e sono più forti di tutto il resto purtroppo. Bastano due dati: la metropolitana di Napoli costa 300 milioni a chilometro, mentre il tunnel sotto la Manica è costato cento milioni, tre volte in meno; lo studio di impatto ambientale per la linea 6 è stato rubato e dopo il furto è arrivato il decreto di via per i lavori».

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