Una chance a Bersani è quasi doverosa. Ma se poi fallisce? Ci sono tre strade: cercare un premier 'esterno' gradito ai grillini, fare un accordo col Pdl come vorrebbe Napolitano o tornare alle urne. E la scelta è difficile

Formalmente compatti. Era questo l’obiettivo con cui il Partito Democratico si era avvicinato alla direzione nazionale odierna, e questo è stato il risultato finale. La proposta di Per Luigi Bersani, gli otto punti programmatici da presentare al Parlamento, è stata approvata da tutti i presenti, con un solo astenuto. Insomma, come molti avevano previsto il Pd esce senza grandi traumi dalla direzione nazionale. Anche perché le divergenze di linea politica tra i democratici non nascono certo sugli otto punti con cui Bersani cercherà di creare un governo di programma, anche se moltissimi nutrono dubbi sul buon esito dell’operazione.

QUIRINALE
Il primo nodo da affrontare per il segretario dem sarà quello del rapporto con Giorgio Napolitano. Il Presidente della Repubblica, che tra l’altro è negli ultimi mesi della sua presidenza e quindi, Costituzione alla mano, non può sciogliere le camere, è scettico rispetto al tentativo messo in campo da Bersani. Ma il Quirinale è deciso a far nascere un governo. Molti commentatori e molti esponenti dem, quindi, parlano di un possibile “governo del presidente”, guidato da una figura super partes, con il compito di fare alcune riforme indispensabili per il paese, e per “rassicurare” i mercati internazionali, evitando che il paese torni nel mirino della speculazione economica. 

IL GOVERNISSIMO
Una prospettiva - quella del governissimo - su cui nel Pd non c’è unanimità di giudizio. In molti al Nazareno temono che il “governo del presidente” possa trasformarsi in una sorta di riedizione del governo Monti, appoggiato, ancora una volta da Pd-Pdl e centristi. Un soccorso ai desiderata di Berlusconi e di Grillo, che secondo alcuni democratici, potrebbe trasformarsi in un abbraccio mortale per il Pd. Non è un caso che Matteo Orfini - esponente dell’ala sinistra del partito - in direzione si sia espresso contro qualsiasi governo di cui non faccia parte il MoVimento 5stelle.  

Altri, invece, soprattutto tra i big del partito, non avrebbero intenzione di sbarrare la strada ad un’eventuale iniziativa di Napolitano. Tra i corridoi del Nazareno, qualcuno, sottovoce ammette «Oggi la base non è disponibile ad accettare l’idea di un governo con il PdL, ma cosa accadrà tra un mese, con la borsa che inizierà a perdere punti su punti ogni giorno, con lo spread magari tornato sopra i 400 punti e il pressing dei giornali e delle cancellerie europee? Potremo sottrarci alla responsabilità della governabilità?»

IL RITORNO ALLE URNE
Uno scenario che in molti al Nazareno sono disposti a sottoscrivere. Anche perché l’alternativa al governissimo sarebbe il ritorno al voto, già in estate. Ma con quale leader? Il cerchio magico di Bersani, già ribattezzato “tortellino magico”, starebbe convincendo il segretario a resistere, a tenere botta, per ripresentarsi come candidato premier. Un’eventualità che però, anche dirigenti vicinissimi a Bersani, non si sentirebbero di sostenere. La paura, fondata, è che ripresentandosi senza alcuna discontinuità nel suo gruppo dirigente, il Pd possa perdere ulteriori consensi, mettendo a rischio la propria esistenza, esattamente come sta avvenendo al Pasok, il partito socialista greco, giunto a percentuali residuali. 

RENZI E Matteo Renzi? Il sindaco rottamatore anche questa volta ha deciso di non intervenire, abbandonando già in mattinata la direzione. Renzi, insomma, da una parte cerca di non “legare eccessivamente” la sua immagine a quella di un partito in piena crisi di consensi, ma dall’altra non ha intenzione di sbarrare la strada al legittimo tentativo di Bersani. Il sindaco di Firenze, questo è quanto si ribadisce dalle sua parti, non intende arrivare a Palazzo Chigi bypassando la sfida del consenso. Inoltre, anche se le tensioni delle primarie sono ad oggi archiviate, è comunque vero che alcune proposte del sindaco di Firenze - a cominciare da quella che prevede l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti - sarebbero comunque “indigeste” per una parte non trascurabile del Pd. Conseguentemente la sua strada verso la leadership non sarebbe così in discesa come sembrerebbe dai commenti di questi giorni. 

REDDE RATIONEM
Quel che è certo, comunque, è che i nodi dovranno per forza di cose venire al pettine. La sede adatta, già evocata in questa direzione, è quella del congresso. Già richiesto da Orfini, e preannunciato da Bersani, si dovrebbe - secondo lo  statuto - svolgere ad ottobre. Un congresso che si preannuncia già ad altissima tensione. Perché, oltre ad essere un confronto tra diverse linee politiche, potrebbe trasformarsi anche in uno scontro generazionale da molti spesso invocato, ma fino ad oggi mai verificatosi.