Avevano occupato i circoli contestando la dirigenza. E ora non sono scomparsi, anzi: vogliono fare una assemblea della base per influenzare il congresso. Ma non mancano le critiche e i timori di diventare un'ennesima corrente

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Hanno iniziato occupando le sedi del Partito democratico, un po' in tutta Italia. Lo hanno fatto davanti allo sfaldarsi del partito, al "tradimento dei 101", al governo con il Pdl che Pier Luigi Bersani aveva sempre escluso.

Da quel momento sono diventati la coscienza critica dei democratici, sono diventati un movimento all'interno del partito distrutto dalle correnti. 

Sono i ragazzi di "OccupyPd". Si proclamano come la "base" del Pd, quella che i dirigenti ignorano, ma che cercano solo quando c'è bisogno di volantinare, organizzare i gazebo per le primarie e per lavorare agli stand delle feste democratiche. 

In realtà, la prima sfida l'hanno persa. All'assemblea nazionale che ha incoronato Guglielmo Epifani nuovo segretario, fuori dal padiglione della nuova Fiera di Roma, i ragazzi di OccupyPd erano pochini. Neanche cinquanta. E nessuno dei delegati, anche per rappresentare le loro istanze, si è proposto in alternativa alla candidatura di Epifani.  Poi, anche grazie all'aiuto di Paola Concia, sono entrati e sono riusciti ad intervenire. «Tutti dicevano che ci avrebbero fatto entrare, ma poi non entravamo mai. Alla fine Paola Concia ha rotto gli indugi e ci ha portato dentro».

Intanto in tutta Italia, vanno avanti assemblee, incontri con i parlamentari e con i vertici del Pd. Sono ormai presenti in ogni talk show, televisivo, sul web, e si parla di loro in molti articoli. Hanno invaso i social network. A Bologna c'è stato un incontro con l'ex giornalista ora deputato Corradino Mineo, mentre domenica, a Prato, si sono autoconvocati in una sorta di assemblea. Sono arrivati in 300, da 15 regioni diverse. Si descrivono come un «lobby trasversale» felicemente disorganizzata. 

«Ieri è stato il primo momento in cui ci siamo visti fisicamente - racconta Lorenzo Rocchi, democratico di Prato, uno dei volti più noti del movimento. Ammette una certa disorganizzazione, di cui però si compiace: «Siamo volutamente scoordinati, non siamo e non vogliamo sembrare una corrente. Mi sento parte di una sorta di lobby, un movimento trasversale nel partito. Dentro ci sono "renziani", "civatiani", "bersaniani", "cuperliani"».  Rocchi nega ogni volontà di creare una corrente o una mozione in vista del congresso «Per quel che mi riguarda è impensabile andare al congresso compatti. E' una cosa spontanea e trasversale, e così deve rimanere».

Rifiutano la definizione di "grillini del Pd", anche se per partecipare alle loro riunioni o per venire a Roma all'assemblea nazionale, si sono autofinanziati: «Per carità», reagisce Rocchi. «Con Grillo c'è una differenza sostanziale, noi siamo tutto tranne che anti-politica, noi siamo la base militante. Noi siamo gente che si paga il biglietto per andare a parlare di politica». Per Rocchi, semmai, il problema è che i partiti non sono più in grado di fare i partiti: «Io penso che il problema della politica italiana è che non ci sono più i partiti, inteso nel senso buono del termine».

L'appuntamento più importante sembra essere quello del prossimo 15 giugno a Bologna, anche se fino ad allora altri incontri non mancheranno, e qualcuno di questi, a seconda della partecipazione, potrebbero diventare altrettanto importanti.

Non mancano le critiche: «Sgomitano«, dicono alcuni. «Cercano visibilità e posti al sole», commentano altri. «Ex bersaniani che cercano di riciclarsi», commenta qualcun altro facendo notare che dietro quegli striscioni c'erano i soliti noti delle sezioni diessine. 

Difficile per un movimento in divenire darsi un obiettivo, ma Rocchi pare avere le idee chiare: «Il nostro obiettivo è dare alcuni messaggi, al partito e al governo. Al partito per esempio vorremmo dire che nel 2009 abbiamo fatto prima il congresso nazionale e poi quelli locali. Invece bisogna fare il contrario, prima quelli di base e poi quello nazionale. Altrimenti non si evolve. Sarebbe paradossale e non rappresentativo fare il congresso partendo dai circoli, dove ci sono gli equilibri che derivano dalla contesa del 2009». 

E il governo delle larghe intese, il grande nemico degli Occupypd? «Deve essere solo un esecutivo di scopo», risponde Rocchi: «Fare la legge elettorale e la riforma istituzionale. I 18 mesi indicati da Letta sono la lunghezza perfetta». 

Eppure, secondo molti, tanto entusiasmo - soprattutto in vista del congresso - potrebbe essere strumentalizzato. O potrebbe accadere che qualcuno - proprio per ottenere una poltrona o un posto di prestigio, possa portare Occupypd in dono a qualche candidato: «Strutturare questa esperienza sarebbe un errore», risponde Rocchi: «E se qualcuno pensa di mettere il cappello sul nostro movimento, ci mettiamo poco a mollare tutto».