Valentina Nappi non è una ragazza facile. Beh, sì, la pornostar italiana del momento, che ha ricevuto due nomination agli “Oscar” del porno e insieme si è esibita in un dialogo filosofico su “Micromega”, sostiene che fare sesso dovrebbe essere naturale come prendere un caffè. Ha organizzato una gang bang con i suoi fan. E teorizza che in Italia di sesso se ne fa poco e male, ed è colpa soprattutto delle donne. Però, dialetticamente, Valentina è tutt’altro che facile, è un osso durissimo.
Nelle due ore di quest’intervista, svoltasi nella sua pizzeria preferita di Napoli, interrompe l’intervistatore in continuazione, gli impone di spiegarsi meglio, gli chiede in cosa creda, se festeggia il Natale, che cosa lo spinge a versarle l’acqua nel bicchiere. Gli risparmia però quelle domande serissime sulla sua vita sessuale che ogni volta lei vede cadere nel vuoto, tra risatine d’imbarazzo. Come quando, a un austero festival filosofico, chiese alla presentatrice e al pubblico quanto si masturbassero, e davanti ai colpi di tosse di risposta sbottò: «Che filosofi siete se vi vergognate della vostra vita sessuale? Così cercate la verità?».
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Il rigore intellettuale che pretende dagli altri dev’essere lo stesso che ha imposto a se stessa, questa 23enne di Pompei che non usa nomi d’arte e crede fermissimamente nella pornografia come strumento per scardinare l’ipocrisia borghese e spostare più in là l’esperienza sensoriale. Proprio così. Tant’è che tutto cominciò davanti a un cervello di lepre cucinato dal grande chef Ferran Adrià. Lì si chiese: se il cibo può diventare un’arte, perché lo stesso non può succedere al corpo, perché non farne un tempio di sensazioni, un laboratorio di sperimentazioni, e proprio grazie alla pornografia?
Madre casalinga e padre artigiano, maturità artistica, lascia gli studi universitari di fashion design per dedicarsi alla sua passione. A 21 anni invia cioè una mail al pornodivo Rocco Siffredi, che la fa esordire in un film. Così al modello tradizionale della donna del Sud preferisce quello degli affreschi erotici della sua Pompei, giusto? «Veramente non sono mai andata agli scavi, non mi trovo con gli orari». Vabbè, sia quel che sia, in due anni colleziona più di 60 scene, girate soprattutto in America, dove era arrivata senza conoscere nessuno. Fa parlare soprattutto di sé, però, per le sue convinzioni, che qualche volta hanno risvolti politici. L’idea di base è, in sintesi, che se tutti facessimo sesso con chi ci pare, e in ogni modo, saremmo tutti più contenti. Fin qui, siamo in un libertinismo sessantottino di una ragazza orgogliosamente atea: «Oggi non c’è più una ragione razionale per ostacolare un sesso slegato dalla dimensione cosiddetta affettiva o amicale, un sesso creativo che può anche coesistere con forme moderne di individualità sociale o con strutture monogamiche dal punto di vista esistenziale. La chiusura verso quest’idea di sessualità ha anche l’effetto negativo di ostacolare la crescita qualitativa delle tecniche sessuali, e infatti oggi tutti sfruttano solo una piccola parte delle proprie potenzialità, nonostante il porno abbia aiutato a sviluppare tante nuove pratiche».
Il punto più controverso è però che per lei le principali nemiche del sesso promiscuo sono proprio le donne. «Se tu esci da questa pizzeria e chiedi a 100 ragazze di venire a letto con te, nessuna ti dirà di sì. Se lo faccio io, trovo 100 ragazzi, e non perché sono una pornoattrice». È quello che lei considera il vero “potere” femminile: «Le donne usano la vagina per avere un potere sull’uomo. E non parlo solo della segretaria che vuole fare carriera. Ma soprattutto della moglie che si inventa il mal di testa per punire il marito. O della ragazza che aspetta la decima uscita per concedersi. Mentre fare sesso dovrebbe essere un fine a sé. Per questo io non vado con chi mi vuole pagare, né con i vip; mi rifiuto di portare la mia vagina all’interno di questo circuito di potere».
Ma le libertine non sono poi additate dalla società? «E allora? Se le donne vogliono la parità devono fregarsene, devono prendersi la responsabilità del proprio piacere, anche perché hanno molta più voglia degli uomini. Sogno una Miss Italia che non dica di non voler fare sesso senza amore, ma che si sia scopata cento uomini diversi solo per piacere».
Altri frammenti del Nappi-pensiero: non si sente una femminista, perché non si occupa solo di donne e si sente emarginata dalle femministe e dalle donne in generale; i genitori dovrebbero parlare con i figli di tecniche sessuali; Rocco Siffredi sbaglia quando dice che YouPorn ha ammazzato il desiderio, perché ha semplicemente divulgato il sesso e di conseguenza lo ha un po’ volgarizzato, come “Amici” con la danza o “MasterChef” con l’alta cucina.
Sul suo blog tratta l’omofobia, l’aborto, il sesso dei disabili, il razzismo. Ha polemizzato con il leghista Matteo Salvini dedicandogli un’immagine con un gruppo di pornoattori neri, e su Facebook ha scritto: «Ai provini accetto tutti, ma non i grillini». Ora spiega: «Casapound, leghisti e grillini sono reazionari, parlano alla pancia della gente e non alle loro teste. Io sono per la razionalità. Sono di sinistra, ma il mondo stesso del porno dovrebbe essere costitutivamente di sinistra, anche se chi lo gestisce è di destra. Chi vedo bene in un film? Magari Renato Brunetta, un bel personaggio, un esempio di come la bellezza non è solo Michelangelo ma anche, che so, l’espressionismo tedesco».
Oggi quest’industria si è ridotta del 90 per cento in sette anni, non tanto a causa di siti come YouPorn quanto della pirateria. «In Italia si girano soltanto video di bassa qualità, e anche in America ormai i budget sono di soli 5mila dollari. Chi crede davvero in questo lavoro non ci campa, io ho 600 euro sul conto in banca. Con un film di 3 o 4 scene - ciascuna delle quali richiede una giornata di lavoro anche dalle nove alle nove - fai 1.700 euro lordi, la stessa cifra che tante mie colleghe tirano su con una serata nel privé dei locali, cosa che io considero squallida e che assolutamente non faccio».
L’intervista è finita. «Apparirò anche stavolta come la solita stronza antipatica?», domanda Valentina, prima di telefonare al suo fidanzato, un ragazzo con la faccia da buono con cui sta insieme dai tempi della scuola: «Amo’? Dove sei?». Il pizzaiolo filippino le chiede timidamente di posare per un selfie. Valentina sorride e alla fine gli stampa un bel bacio sulla guancia. È alta un metro e 64. Indossa un vestitino blu, scarponcini, occhialoni neri senza lenti: una lontana parente della bomba sexy dei suoi film.
In America tornerà presto, spera per tre anni. In Italia ha cominciato a fare anche la regista dei suoi film, mentre ha rifiutato di fare l’attrice per dei video musicali: «Non è il mio lavoro, potrei fare un’eccezione solo per Caparezza».
Intanto continua a non parlare a sua madre, che prova invano a contattarla su WhatsApp: «Mio padre è morto quando avevo 15 anni, forse alla fine avrebbe capito il mio percorso. Mia madre no. Per lungo tempo ho ricevuto minacce di morte dai miei compaesani, che ora al massimo lo fanno via mail, perché sono un po’ più rispettata da quando sono famosa. Ricomincerò a parlare a mia madre quando avrà capito l’importanza di quello che faccio. Tante ragazze mi scrivono e mi dicono che grazie a me sentono di vivere la loro sessualità in un modo più sincero, più libero. Ecco, io sento di fare qualcosa di fondamentale per la libertà delle donne. Sento di poter essere anche un modello, un modello di donna postborghese».