
È così? Questo è diventato la Libia?
«Esiste un gigantesco problema ai confini, reso più acuto da un effetto “spillover” delle altre operazioni, nel senso che molti jihadisti, ricacciati da Paesi vicini come il Mali, trovano oggi più sicuro rifugiarsi in Libia», risponde nel suo ufficio Marco Minniti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti: «Qui domani potrebbero essere attirati anche i “foreign fighter” che torneranno dalla Siria, un problema gravissimo che dovrà affrontare in futuro l’intelligence mondiale».
Quanto la preoccupa la situazione libica?
«Molto, perché, nel contesto di uno scacco drammatico della primavera araba, in Libia assistiamo a una crisi economica provocata dal sostanziale fermo dell’industria energetica, a un rischio di collasso finanziario in un Paese che era abituato a uno Stato fortemente interventista nel sociale, e a una crisi istituzionale e politica sotto gli occhi di tutti. È una lotta contro il tempo, non possiamo permetterci una nuova Somalia, un enorme buco nero nel cuore del Mediterraneo».
La Libia per noi vuol dire anche immigrazione clandestina.
«Sogno che un giorno, ristabilita una cornice di sicurezza, siano le stesse agenzie Onu ad occuparsi in loco della prima accoglienza dei profughi. La realtà di oggi, però, è che il 93 per cento degli immigrati illegali che arrivano da noi parte proprio dalla Libia. Il governo italiano crede fermamente in “Mare Nostrum”, l’operazione militare e umanitaria che ci ha permesso di salvare tante vite umane e di arrestare oltre 200 scafisti.
Ma dobbiamo puntare a fare in modo che essa diventi sempre più a responsabilità continentale, che batta bandiera europea, anche perché quei migranti sono diretti spesso verso altri Paesi dell’Ue. D’altronde l’Italia non partecipa anche a operazioni antipirateria lontane dalle proprie coste, come nell’Oceano Indiano? È un tema per cui ci batteremo già al Consiglio europeo di giugno e nel nostro semestre di presidenza».
Come sui salvataggi economici, si ripropone una diversa sensibilità tra Nord e Sud dell’Europa?
«I Paesi del Nord e dell’Est sono oggi, giustamente, più attenti alla questione ucraina. Ma per me anche la Libia è nel cuore dell’Europa, è anzi il suo specchio, nel bene e nel male. Il mare è una frontiera mobile, ed è in Africa che nei prossimi 30 anni si giocherà la partita dell’Europa. Non solo in termini di guerre e terrorismo, ma anche di opportunità legate a immigrazione, energia, e crescita economica»