Nel 2013 i dirigenti delle grandi società quotate in Borsa hanno guadagnato più dell'anno prima. Nonostante recessione e crisi aziendali. Ecco nomi e compensi dei 100 che si spartiscono oltre 200 milioni

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Non c'è recessione che tenga. Anche nel 2013 i capi di banche e grandi aziende hanno visto aumentare i loro stipendi. I 100 dirigenti più pagati hanno guadagnato in media 2 milioni di euro ciascuno, 100 mila euro in più rispetto al 2012. Il dato emerge dalla graduatoria elaborata da “l'Espresso” sulla base dei documenti resi pubblici dalle società quotate in Borsa, obbligate per legge a render noti i compensi di amministratori e direttori generali.
Non tutti festeggiano, ovviamente. Ma nel gruppone dei primi 100 in classifica sono ben 59 i manager che nel 2013 hanno fatto un passo avanti in busta paga. Sono invece 34 quelli che hanno dovuto rassegnarsi a una retribuzione inferiore. Dato stabile per i restanti sette.

Ai primi posti della graduatoria troviamo alcuni vip del capitalismo nostrano, da Sergio Marchionne a Marco Tronchetti Provera, da Luca Cordero di Montezemolo a Paolo Scaroni, l'ex amministratore delegato dell'Eni. Tutti viaggiano tra i 4 e i 6 milioni di stipendio ma perdono il confronto con un manager poco conosciuto al grande pubblico come Valerio Battista, il numero uno di Prysmian, la grande azienda che produce cavi per telecomunicazioni.[[ge:espresso:plus:articoli:1.169356:article:https://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2014/06/13/news/grandi-manager-i-magnifici-100-1.169356]]

È lui, Battista, a guidare la classifica e buona parte del suo super compenso è frutto di un bonus legato alla performance aziendale. In pratica, un premio di 5 milioni è andato ad aggiungersi alla paga base e grazie a questo extra il capo di Prysmian è riuscito a scavalcare i suoi più noti colleghi.

Va detto che la graduatoria de “l'Espresso” è stata compilata sulla base della retribuzione fissa e di eventuali bonus. Per rendere più omogeneo il confronto tra gli stipendi sono quindi state escluse dal calcolo le componenti “una tantum” come eventuali buonuscite oppure i ricavi da stock option, cioè le azioni a prezzo scontato che molte società assegnano ai loro dirigenti.

In teoria, i premi dovrebbero essere legati all'andamento dei conti aziendali, ma l'esperienza dimostra che anche in anni di magra molti manager riescono a incassare somme importanti a titolo di compenso variabile. Nel caso di Prysmian, per esempio, i profitti del 2013 sono diminuiti rispetto ai dodici mesi precedenti, ma i bonus milionari incassati da Battista e da alcuni suoi colleghi fanno riferimento alla somma dei risultati aziendali conseguiti in un arco di tempo più lungo di un solo esercizio, per la precisione il triennio 2011-2013.

Documenti alla mano, si scopre che gli alti e bassi del conto economico hanno avuto un impatto limitato anche sui compensi della prima linea di manager Mediaset. I target aziendali, a cui sono legati i bonus, sono stati rivisti per adattarli al mercato in recessione. E allora anche un bilancio come quello del 2013, molto meno brillante rispetto a quello di qualche anno fa, è bastato per mettere in moto la giostra dei premi. Si spiega anche così l'aumento dei compensi incassati dal presidente Confalonieri, dal vicepresidente Piersilvio Berlusconi e dall'amministratore delegato Giuliano Adreani.

Un caso a parte è quello degli istituti di credito. Con una direttiva ad hoc, già nel 2012 la Banca d'Italia ha di fatto imposto un giro di vite agli stipendi dei top manager. Ecco perché Enrico Cucchiani, il primo dei banchieri in graduatoria, non è andato oltre il venticinquesimo posto.

Cucchiani ha peraltro perso il posto di amministratore delegato di Intesa a fine settembre del 2013: nove mesi al vertice gli hanno comunque garantito un compenso di oltre 2,5 milioni. Il manager ha poi ricevuto anche una buonuscita pari in totale a circa 4,5 milioni. Poche posizioni più sotto troviamo Federico Ghizzoni, il numero uno di Unicredit. Per lui 2,3 milioni di stipendio, ma bonus azzerati. Come Bankitalia comanda.

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