Economia
agosto, 2014

Marcel Fratzscher: "La Germania non può restare isolata"

Marcel Fratzscher
Marcel Fratzscher

Il direttore del prestigioso istituto di ricerca Diw di Berlino analizza i problemi di fondo dell’economia tedesca e gli sbagli del governo

Marcel Fratzscher
L’attuale crisi ha un aspetto positivo: «Evidenzia quanto l’economia tedesca sia legata alle esportazioni e quindi all’Europa». Parola di Marcel Fratzscher, direttore del prestigioso istituto di ricerca Diw di Berlino. Che in questa intervista analizza i problemi di fondo dell’economia tedesca, e gli sbagli del governo di Berlino.

Nel suo ultimo rapporto la Bundesbank parla di stagnazione. È entrata in crisi la locomotiva tedesca?
«Nel secondo trimestre del 2014 abbiamo registrato segni di debolezza nell’edilizia e nella produzione industriale. Anche altri indicatori sono negativi, ma i consumi reggono e il mercato del lavoro è forte. Per questo prevediamo che il Pil quest’anno crescerà dell’1,8 per cento. L’attuale stagnazione però mette in risalto il fattore essenziale della nostra economia».

Quale?
«L’economia è basata sulle esportazioni, che fanno il 40 per cento del Pil. Oggi il 37 per cento del “made in Germany” va nell’Eurozona, il 60 per cento nell’Unione Europea. Se l’economia in Europa non tira, ne risentiamo anche noi».

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Che cos’è che vi frena?
«Il tallone d’Achille è la bassa quota di investimenti nelle infrastrutture pubbliche, nelle imprese e nell’istruzione. Un problema accumulatosi in 20 anni, ma che il governo con le sue riforme di salari, pensioni e affitti non sta certo affrontando».

Può dare qualche esempio?
«La quota degli investimenti pubblici e privati si aggira oggi in Germania sul 17 per cento del Pil, rispetto al 23 degli anni Novanta. Se consideriamo che nei Paesi Ocse la media è del 20, per colmare il gap bisognerebbe investire 100 miliardi. E poi continuare con altri 10 l’anno».

Il governo vuole investire in infrastrutture 5 miliardi l’anno, fino al 2017.
«Ripeto, avremmo bisogno di 10 miliardi l’anno solo per rimettere in sesto strade e ponti. Anche nell’istruzione siamo al di sotto della media Ocse: negli asili ad esempio mancano 120 mila insegnanti. A lungo andare questo governo mette a repentaglio non solo i posti di lavoro in Germania, ma anche il futuro dell’Europa».

Non le pare di esagerare?
«La nostra è un’economia basata su qualità tecnologica e innovazione. Anche per questo il nostro Paese non può isolarsi dal resto d’Europa».

La Bundesbank consiglia ora salari più alti. Può servire a rilanciare l’economia?
«Per quest’anno prevediamo aumenti salariali sul 3 per cento. Una domanda più forte può essere di stimolo alla crescita in Germania, e antidoto al rischio deflazione, vista un’inflazione ora ferma allo 0,9 per cento».

Insomma, che voto dà al terzo governo Merkel?
«Al massimo un 6. Sul fronte investimenti e crescita deve migliorare, e in fretta».

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