La corte federale di Karlsruhe ha riaperto il processo sull'eccidio delle SS. Rompendo un silenzio "costruito dalle opportunità politiche". Parla Franco Giustolisi, il giornalista dell'Espresso che fece luce sui dossier della strage

“Si, è una vittoria, una vittoria tardiva ma una vittoria. Una vittoria della giustizia sull’oblio costruito dalle opportunità politiche”. Franco Giustolisi commenta così la sentenza della corte federale di Karlsruhe che, in Germania, ha sostanzialmente riaperto il processo per la strage di Sant’Anna di Stazzema del 12 agosto 1944. Da quasi vent’anni Giustolisi si batte perché sia fatta giustizia per quella che definisce “la più grande tragedia del popolo italiano”. I 15-20 mila morti della guerra dei nazifascisti contro la popolazione civile italiana, le stragi che insanguinarono la penisola dal 1943 fino alla fine della guerra. Donne, bambini e anziani trucidati, famiglie annientate, interi paesi dati alle fiamme.

Su quelle stragi gli americani e gli inglesi, insieme ai carabinieri italiani, prepararono voluminosi dossier in cui i responsabili venivano indicati con nome, cognome e grado, i singoli atti criminali ricostruiti nei dettagli. Ma celebrati i processi per due stragi-simbolo (Marzabotto e Fosse Ardeatine) tutto cadde nel silenzio.

Un silenzio durato fino a metà degli anni Novanta, quando fu proprio Giustolisi, insieme ad Alessandro De Feo, a denunciare sull’Espresso il ritrovamento di tutti quei fascicoli riempiti cinquant’anni prima. Era quello che lo stesso Giustolisi definì l’Armadio della vergogna: 695 fascicoli “archiviati provvisoriamente” nel 1960 in seguito a un tacito accordo tra l’Italia e la Germania federale e chiusi in un armadio della procura generale militare.

“Una vergogna assoluta”, dice Giustolisi, “chiudendo quei fascicoli nell’armadio è come si fosse voluto negare un pezzo di storia drammatica del nostro paese, cancellare una serie infinita di crimini di guerra”.

Da allora, grazie anche al continuo, incessante lavoro di Giustolisi, di strada ne è stata fatta. La magistratura militare, e soprattutto l’attuale procuratore di Roma Marco De Paolis, ha istruito molti processi per i quali c’erano ancora imputati in vita. Molti sono andati in dibattimento e a sentenza. I tribunali e le corti di appello militari hanno assolto e condannato: più di quaranta ergastoli comminati ad altrettanti ex militari delle forze armate tedesche, ufficiali e sottufficiali.

“Di tutte queste condanne”, dice Giustolisi, “nessuna, dico nessuna, è stata però eseguita. Nessuno è andato a bussare alla porta di questi criminali di guerra per dirgli che da quel momento erano agli arresti domiciliari. Colpa dell’Italia, colpa della Germania, colpa di tutti quelli che pensano che la giustizia non sia il bene più prezioso, un bene da difendere a tutti i costi e contro tutti. Un’ingiustizia nell’ingiustizia”. Adesso la sentenza di Karlsruhe.

A Sant’Anna di Stazzema le SS della 16^ divisione, la stessa di Walter Reder, il maggiore condannato all’ergastolo per la strage di Marzabotto, uccisero 560 persone.  Ma è un numero approssimativo perché non è mai stato possibile contarle con esattezza. Guidate dai fascisti locali, le SS andarono per i borghi di Sant’Anna uccidendo e bruciando. Sulla piazzetta della chiesa vennero accatastati almeno cento corpi, il prete ucciso, tutto dato alle fiamme.
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I tribunali italiani avevano comminato, per quella strage, dieci ergastoli. C’è anche Gerhard Sommer tra gli “ergastolani italiani”, lo stesso SS contro il quale adesso può procedere la magistratura tedesca. “Probabilmente”, dice adesso Giustolisi, “non sono cadute nel vuoto le parole pronunciate dal presidente della Repubblica tedesca e dal ministro della Difesa di Berlino. Il primo, proprio a Sant’Anna di Stazzema, nel 2013, disse, insieme a Giorgio Napolitano, che i tribunali non avevano fatto il loro dovere. Il secondo, il 29 giugno di quest’anno, ha presenziato, insieme al nostro ministro degli Esteri Federica Mogherini, alla celebrazioni per i 70 anni di un’altra terribile strage, quella di Civitella in val di Chiana, compiuta da reparti dell’aviazione tedesca. E ha detto di vergognarsi. 'Mi inchino - ha detto -  di fronte a questi morti'. La nostra ministra, invece, è stata zitta… Ecco, in Germania qualcosa si sta muovendo, in Italia è il silenzio assoluto”.

“Spesso”, conclude Giustolisi, “mi chiedono perché mi batto per cose di 70 anni fa, che senso ha chiedere che ultranovantenni vengano condannati. Io rispondo prendendo in prestito le parole del diritto, l’azione penale in Italia è obbligatoria, e seguendo la straordinaria indicazione del presidente della repubblica di Germania: quando i tribunali non fanno il loro dovere è il popolo che deve andare avanti. Ecco io sono il popolo, e vado avanti. Anche se ho 89 anni e qualche acciacco. Vorrei che il popolo italiano raccogliesse questa triste eredità. E andasse comunque avanti nella ricerca della verità che, come diceva Gramsci, è rivoluzionaria”.