Il nord assorbe ?il 55,1 per cento della mobilità sanitaria, mentre in tutte le regioni del Sud, a eccezione del Molise, sono più i pazienti in uscita che quelli in entrata

In Calabria solo il 40 per cento dei malati di cancro si fa curare nelle strutture della propria regione: su una media di circa 1100 nuovi casi oncologici all’anno, più di 650 calabresi scelgono di migrare verso Lombardia, Lazio, Emilia Romagna.

Il nord, infatti, assorbe ?il 55,1 per cento della mobilità sanitaria, mentre in tutte le regioni del Sud, a eccezione del Molise, sono più i pazienti in uscita che quelli in entrata. Risultato: nel corso ?del 2012 sono stati oltre 770mila gli italiani ricoverati in una regione diversa da quella ?di appartenenza spostando così, prevalentemente da sud a nord, 4 miliardi di euro.

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23/9/2014
«Per esempio, nel 2011, la Calabria ha trasferito alle altre regioni circa 120 euro per ciascuno dei suoi pazienti che sono stati assistiti fuori regione, mentre la Lombardia ha avuto finanziamenti aggiuntivi per circa 400 milioni», ha spiegato Giovanni Fattore, direttore del dipartimento di Analisi delle politiche e management pubblico all’Università Bocconi di Milano: «Scegliere liberamente dove farsi curare è un diritto che non può essere disatteso. Tuttavia, quando si è introdotta questa possibilità, si voleva sia garantire ai malati la migliore assistenza possibile sia aumentare la concorrenza fra strutture, incentivando ?così il miglioramento. La realtà è che questo sistema non ha funzionato».

Lo dimostrano ancora una volta le cifre: fra il 1997 e il 2011 Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna hanno aumentato il loro tasso di attrazione, mentre Puglia, Campania, Calabria e Sardegna un aumento dei tassi di fuga. La disuguaglianza nel trattamento diventa ancora più marcata se si guarda all’identikit di chi va a farsi curare lontano: persone giovani, con patologie anche non gravi, con disponibilità finanziaria e una buona rete di contatti. I malati più gravi, anziani e con scarse risorse economiche e relazionali rimangono invece a casa, a fare i conti con un’assistenza di modesta qualità. Una situazione iniqua su cui un gruppo di dieci associazioni di pazienti, guidate da Salute Donna onlus, vogliono sollevare l’attenzione con la sottoscrizione di un Manifesto per i diritti dei pazienti oncologici.

Tra le richieste la costituzione in ogni regione di un centro oncologico specialistico di riferimento e di un registro tumori, l’istituzione di un’autorità che controlli l’omogeneità dell’offerta sanitaria sul territorio.