Nell'ambito dell'inchiesta sulla "rimborsopoli" lombarda, la Corte dei Conti condanna l'ex consigliera a restituire il denaro ottenuto dal gruppo del Pdl. Tra le spese contestate anche il famoso libro "Mignottocrazia"

Non si è vista contestare rimborsi da capogiro, come altri suoi colleghi dal Nord al Sud dell’Italia, ma rimborsi per spese che sono diventate l’emblema degli sperperi nelle Regioni e di uno Stato usato come bancomat personale dagli amministratori, a partire da quella per il libro “Mignottocrazia”. Tutto sulle spalle dei cittadini. Parliamo di Nicole Minetti, una donna dai tanti ex: ex igienista dentale, ex valletta ed ormai ex consigliera regionale.

Il giudice per l’udienza preliminare inizierà a febbraio ad esaminare le 64 richieste di giudizio, tra cui quella della Minetti, per le spese pazze al Pirellone ai tempi di Roberto Formigoni, avanzate dai pm milanesi, ma la Corte dei Conti ha giocato d’anticipo, condannando la ex appunto rappresentante del Pdl a risarcire la Regione. Una sentenza per danno erariale prima di decidere se sulle stesse vicende dovrà essere disposto un processo penale.

Dalle indagini compiute dagli inquirenti contabili e dalla sentenza emessa dalla Corte dei conti lombarda sono emersi diversi particolari sulle spese che il partito di Berlusconi rimborsò alla consigliera, eletta nel 2010 dopo essere stata inserita nel listino Formigoni.

La Minetti ha depositato scontrini e ricevute, senza mai allegare documenti utili a dimostrare che quel denaro era stato speso per “finalità istituzionali”, e sempre è stata pagata, tanto che sotto accusa è finito pure l’allora capogruppo che diede l’ok ai rimborsi, Paolo Valentini Puccitelli. Di “finalità istituzionali” gli inquirenti non ne hanno viste in quel denaro e, oltre all’ormai noto libro “Mignottocrazia”, hanno appurato che la consigliera si è fatta rimborsare anche gli 832 euro spesi in un hotel il giorno del suo compleanno, il conto di un albergo dove aveva soggiornato a Rimini, oggettistica acquistata da Ikea e pranzi con un solo coperto, quello dunque della ex igienista.

Ma c’è di più: alla Minetti, come agli altri politici del Pirellone, all’inizio della legislatura erano stati affidati computer fisso e portatile, tablet e telefonino, ma la giovane se ne è fatta rimborsare altri, acquistati direttamente, e non avrebbe restituito neppure quelli a lei dati dalla Regione. Il tutto condito da numerose corse in taxi e voli aerei, sempre senza giustificarli con qualche appuntamento legato all’attività politica.

I giudici contabili hanno ritenuto quella gestione del denaro pubblico “facile” e non solo con colpa dei protagonisti della vicenda. Visto appunto il tipo di spese rimborsate, per i magistrati c’è stato anche dolo.

Minetti e Valentini Puccitelli sono stati così condannati a risarcire 27.500 euro al Pirellone. Una condanna per danno erariale che, nel caso della ex valletta, si aggiunge a quella per favoreggiamento della prostituzione nelle cosiddette notti di Arcore, ridotta in appello a tre anni di reclusione. Un segnale più morale che sostanziale.

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