Le persone che nessuno immagina possano far qualcosa sono le sole che possono far qualcosa che nessuno immagina. Così dice Christopher Morcom (Jack Bannon) al suo amico Alan (Alex Lawther). Siamo nel 1927, in Inghilterra. A 16 e 15 anni, i due non rientrano negli standard della loro scuola nel Dorset, né in quelli dei gusti erotici né in quelli degli interessi intellettuali. Entrambi genialmente portati alla matematica, si dedicano con passione ai cruciverba più complessi. Dodici anni più tardi, Alan (Benedict Cumberbatch) è a Bletchley Park, a 75 chilometri da Londra. Lì c’è la Code and Cypher School, dove i britannici tentano di venire a capo del raffinatissimo sistema crittografico della Germania nazista. L’impresa sembra disperata, ma il giovane matematico è convinto di riuscirci. Questo racconta “The Imitation Game” (Gran Bretagna e Usa, 2014, 114’).
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Tratto dalla biografia di Alan Turing scritta da Andrew Hodges - in Italia la pubblica Bollati Boringhieri - il film di Morten Tyldum e dello sceneggiatore Graham Moore è percorso dal tema della anormalità e della sua capacità di vincere i limiti dell’ovvio. Alan non è solo un grande matematico, né solo un uomo la cui sessualità nell’Inghilterra del tempo vale come crimine. È ancor prima e ancor più un uomo libero dallo stile di pensiero dominante.
Se si vuole, è un vagabondo, attento non ai confini ma al loro superamento. L’esatto opposto è Alastair Denniston (Charles Dance), il comandante di Bletchley Park. Per Denniston, bloccato e rigido nella sua uniforme, si può far solo quello che già è stato fatto. E poi, come si permette di tenergli testa, quel giovanotto eccentrico? Stesse in lui, lo caccerebbe. Ma Winston Churchill è di altro avviso.
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Per anni, con pochi compagni non tutti leali, Alan studia la crittografia nazista perfezionando la sua macchina - conosciuta appunto come macchina di Turing - precorritrice dei programmi informatici. Dopo un successo tenuto segreto per ragioni militari e politiche, nel 1945 Alan torna ai suoi studi accademici. Condannato nel 1952 per omosessualità, e sottoposto a una cura ormonale, nel 1954 si uccide addentando una mela al cianuro. Nel 2013 sua maestà britannica lo riabilita con una grazia ipocrita, riconoscendo non l’inciviltà dell’accusa, ma il suo contributo alla vittoria contro i tedeschi.
Come forse direbbe Christopher, solo persone che immaginano di poter fare qualunque cosa possono far cose che nessuno dovrebbe nemmeno immaginare.