Ancora un sequestro milionario contro i clan emiliani. Le società continuavano a lavorare nonostante gli arresti dell'operazione Aemilia del gennaio scorso. Così la 'ndrangheta attraverso nuovi prestanome si ricicla

A due giorni di distanza dall'inizio del maxiprocesso contro la 'ndrangheta emiliana, arriva un altro duro colpo al patrimonio del clan. Il sequestro effettuato dal Ros dei carabinieri insieme ai comandi provinciali di Reggio Emilia e Parma fotografa ancora una volta l'immenso tesoro accumulato dal clan Grande Aracri nella pianura padana.

Nel mirino degli investigatori sono finite soprattutto società di costruzioni e immobili. Imprese che hanno continuato a lavorare nonostante la grande retata Aemilia che ha portato in carcere 117 persone. Lavoravano in subappalto nei cantieri privati della città e della provincia. Come se non fosse successo nulla. Come se l'indagine che ha portato a processo oltre 200 persone fosse solo un incidente di percorso. Segno della facilità con cui la cosca della via Emilia riesca a rigenerarsi e a riciclarsi.
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E infatti i detective seguono con attenzione i movimenti sul territorio. La rapidità con cui le famiglie mafiose sostituiscono i proprio uomini è impressionante. Oltretutto, dalla retata sono rimasti fuori una serie di personaggi con storie criminali ingombranti. Adatti a ricoprire ruoli di vertice sostituendo i colleghi in carcere. Occhi puntati dunque su Brescello, che è il cuore pulsante di questa organizzazione dalla pelle emiliana.

Senza tralasciare i livelli di complicità istituzionale ancora rimasti nell'ombra. Insospettabili che hanno difeso e protetto società e imprese infiltrate dagli emissari dei padrini che hanno continuato a lavorare negli appalti pubblici nonostante i mille sospetti.