«Il 31 maggio 2013, alle 11 circa, quando ero ancora a Lipsia, sono stato informato dalla società (Avcon Jet, ndr) che avrei dovuto fare un altro volo da Roma al Kazakistan. Mi hanno detto che a bordo ci sarebbero stati quattro passeggeri». A parlare è Jorg Mayerbrock, il pilota del misterioso volo che ha portato ad Astana Alma Shalabayeva e sua figlia. Una dichiarazione, quella resa agli inquirenti austriaci e letta da “l'Espresso”, che getta ulteriori ombre sull'operazione di rimpatrio dei familiari del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov.
L'atto di convalida dell'espulsione ordinata dal Questore, secondo il verbale di udienza, è stato infatti firmato alle 11.20 dal giudice di pace Stefania Lavore. Come poteva il pilota che avrebbe dovuto riportare in Kazakistan le due donne essere a conoscenza della loro espulsione se questa non era ancora definitva, ancor prima del nulla osta che porta la firma del procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone?
Il caso Shalabayeva è finito sotto la lente dei magistrati dopo la denuncia della donna stessa. Secondo cui, quello che ha coinvolto lei e sua figlia non è stato un normale rimpatrio, ma un vero e proprio sequestro di persona, eseguito dal governo kazako con la complicità delle autorità italiane. Un'ipotesi su cui indaga la procura di Perugia, che ha già messo sotto inchiesta sette persone. E che da mesi mette in imbarazzo il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, responsabile delle forze di polizia che hanno partecipato all'operazione.
Tra questi: l'ex capo della Mobile di Roma, Renato Cortese, l'allora dirigente dell'ufficio immigrazione, Maurizio Improta, e il giudice di pace Stefania Lavore, appunto, la donna che firmato la convalida del decreto di espulsione. «Hanno pagato il mio silenzio», ha detto intercettata quest'ultima. Una frase che, unita alle dichiarazioni del pilota, alimenta i sospetti sulla legalità dell'operazione. I dubbi si spiegano in parte leggendo il resoconto degli investigatori austriaci, interessati alla vicenda perché il jet noleggiato era di proprietà della Avcon Jet, società registrata in Austria. Per gli inquirenti è « molto sospetto che un rimpatrio sia accompagnato da un console e da un suo segretario invece che dalla polizia italiana».
Sul volo infatti c'erano quattro passeggeri, tutti kazaki: oltre alla Shalabayeva e alla figlia, Alua, c'erano il console kazako in Italia, Yerzhan Yessirketov, il suo segretario, Nurlan Khassen. Il documento mette in evidenza un'altra stranezza. I rimpatri sono a carico dello Stato italiano: così avviene di norma con tutti gli stranieri senza documenti. In questo caso la vicenda è più complicata. Interrogato dagli austriaci, un manager dell'Avcon Jet, Mr Dagatsch, ha dichiarato che il volo fu commissionato dall'Air Dynamic Srl, una piccola società italiana di brokeraggio. Quindi la richiesta di affitto per un volo privato destinato ad Astana arriva prima a Roma, negli uffici della Air Dynamic. E poi questa la gira all'Avcon Jet che mette a disposizione l'aereo e il pilota. Air Dynamic è un'azienda con sede a Roma e Lugano.
I titolari sono Nicholas Evstigneev, cittadino australiano di origini russe, e Raffaella Meledandri, italiana. Nell'unico articolo che appare sul web, i due raccontano di essersi conosciuti quando entrambi lavoravano per l'Onu: lei per il World Food Programme, lui pilota di elicotteri. Si incontrano dopo l'11 settembre 2001, a Islamabad, in Pakistan. In piena guerra al terrore. Quando terminano la missione, decidono di tornare a Roma insieme. Qui si sposano e avviano la Air Dynamic.
Per noleggiare un jet destinazione Astana e ritorno a Ciampino, i costi oscillano tra i 70 mila euro e i 109, a seconda del velivolo. L'agenzia dei due ex Onu non è proprietaria dei mezzi: fa da intermediaria. Nel caso della Shalabayeva ha affidato il servizio all'austriaca Avcon Jet. Molto spesso - hanno raccontato i titolari - usa invece aerei ed elicotteri della Esperia Aviation. Una società legata alla Maire Tecnimont, un grande gruppo ingegneristico italiano con attività nel settore petrolifero e interessi anche in Kazakistan.
Uno dei punti oscuri della vicenda resta quello del pagamento del volo. Gli inquirenti austriaci, nella loro ricostruzione, scrivono che «la fattura è stata inviata all'ambasciata kazaka in Italia», poi aggiungono che «il pagamento del volo era già stato effettuato» al momento dell'invio. Proprio su questo aspetto la procura di Perugia vuole vederci chiaro. Perché scoprire chi ha davvero pagato quel trasferimento permetterebbe di capire meglio come sono andate le cose. Il sospetto è che il versamento sia stato effettuato da altri soggetti, probabilmente italiani. Secondo una fonte sentita da “l'Espresso, infatti, i kazaki avrebbero voluto pagare in contanti ma la società austriaca ha opposto un netto rifiuto. Il pagamento sarebbe dunque avvenuto con carta di credito o assegno. Tracciare quel saldo potrebbe permettere di risalire al reale autore del versamento. E capire meglio chi ha davvero voluto che Alma Shalabayeva e sua figlia tornassero in Kazakistan.