Oltre 16.000 utenti lo scorso anno. Ma se il Nord corre, il Sud resta indietro. A ICAR 2025, presentati anche dati allarmanti sull’aumento delle infezioni sessualmente trasmissibili tra chi assume PrEP e sul crescente fenomeno del chemsex

HIV, +43 per cento della profilassi pre-esposizione (PrEP) nel 2024. Restano forti disuguaglianze territoriali e nuove sfide

L’uso della profilassi pre-esposizione PrEP per prevenire il contagio da Hiv in Italia cresce rapidamente, ma non ovunque allo stesso ritmo. A due anni dal via libera al rimborso da parte dell’Agenzia italiana del farmaco, il numero di persone che utilizza questa profilassi è aumentato in modo significativo: nel 2024 sono stati 16.220 gli utenti, con un balzo del 43,2% rispetto all’anno precedente. È il dato più rilevante emerso dalla 17ª edizione dell’Italian Conference on Aids and Antiviral Research (Icar) tenutasi a Padova negli scorsi giorni. Dietro la crescita complessiva, però, si nasconde una geografia della prevenzione ancora molto disomogenea, con forti squilibri tra Nord e Sud e nuove criticità legate a comportamenti a rischio e infezioni sessualmente trasmissibili in aumento.

Che cos’è la PrEP

PrEP, è l’acronimo di profilassi pre-esposizione e consiste nell’assunzione di due farmaci antiretrovirali: emtricitabia e tenofovir disoproxil. Questi medicinali agiscono prevenendo la replicazione del virus dell’Hiv ed evitando di contrarre l’infezione.  Si tratta di una profilassi consigliata alle persone che sono Hiv-negative e che hanno comportamenti sessuali ad alto rischio di infezione da Hiv. Se la PrEP viene seguita in modo preciso, è possibile prevenire la quasi totalità delle infezioni da Hiv, il visrus responsabile dell’Aids.

Il Sud resta indietro

Secondo il report congiunto del network Icona e dell’Istituto superiore di sanità, la diffusione della PrEP è tutt’altro che omogenea. Se regioni come il Friuli-Venezia Giulia (+65,4%) e l’Emilia-Romagna (+54,7%) registrano aumenti significativi, al Sud i numeri restano bassi: +10% in Campania, crescita nulla in Puglia. Il problema principale è la distribuzione dei servizi, ancora concentrati nei centri ospedalieri e quindi poco accessibili per molte fasce della popolazione.

Modelli alternativi: la PrEP funziona anche fuori dagli ospedali

Lo studio scientifico PrIDE, condotto in diverse città italiane, ha messo in luce l’efficacia di offrire la PrEP anche in ambulatori territoriali e spazi gestiti da associazioni. Questi modelli community-based si sono dimostrati capaci di raggiungere un’utenza più diversificata – in particolare persone transgender e non binarie – e di garantire maggiore partecipazione ai percorsi di monitoraggio, oltre a un livello di soddisfazione più alto rispetto ai centri tradizionali. Un segnale chiaro sull’importanza di ampliare l’offerta di questa profilassi al di fuori dell’ospedale.

Infezioni sessualmente trasmesse in aumento

L’uso della PrEP protegge dall’Hiv, ma non da altre infezioni sessualmente trasmissibili (Ist), che risultano in aumento tra gli utenti della profilassi. Secondo due studi scientifici, circa un quarto delle persone in PrEP ha contratto almeno una Ist. Gli esperti propongono di superare il modello dei controlli standard ogni tre mesi, puntando invece su screening personalizzati basati sulle abitudini sessuali e sull’uso del preservativo.
 

Chemsex: una pratica sempre più diffusa tra gli utenti PrEP

Preoccupano anche i dati legati al chemsex – l’uso di sostanze per prolungare o intensificare i rapporti sessuali – emersi da uno studio condotto a Milano tra il 2024 e il 2025. La percentuale di utenti PrEP che ha dichiarato di praticarlo è salita dal 14% al 22%. Le sostanze più utilizzate includono mephedrone (38%),  e le cosiddette “droghe del sesso” Ghb/GblL (Gamma-idrossibutirrato e gamma-butirrolattone) (22%) e Mdpv (Metilenediossipirovalerone) (13%). Un trend in crescita che richiede l’integrazione di servizi di supporto psicologico e programmi di riduzione del danno nei percorsi di prevenzione.

Puntare a un approccio integrato e flessibile

“I dati mostrano che offrire la PrEP anche in contesti diversi dagli ospedali può fare la differenza, soprattutto per le persone più difficili da raggiungere”, ha spiegato la professoressa Annamaria Cattelan, copresidente di Icar. “È fondamentale anche formare il personale sanitario su temi come il chemsex e il counseling motivazionale, per intercettare e gestire in modo tempestivo i comportamenti a rischio”.

Un richiamo alla prevenzione più ampia arriva anche dal professor Saverio Parisi, anch’egli copresidente della conferenza: “Le Ist sono in crescita, e resta centrale il ruolo del preservativo. Dobbiamo inoltre promuovere la vaccinazione contro l’HpvV, in particolare tra le persone con Hiv, per prevenire lesioni e tumori correlati”.


 

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